Martedì 29 maggio 2012 ricorre il trentennale della morte di Simonetta Lamberti, la piccola uccisa dalla camorra a Cava de’ Tirreni alla tenera età di 11 anni.
In sua memoria, lunedì 28 maggio, presso la scuola media Socrate di Marano, alle ore 9.30, si svolgerà un incontro promosso dai familiari della vittima con studenti, autorità ed esponenti della società civile, al quale prenderanno parte il Commissario prefettizio del Comune di Marano Gabriella Tramonti, il Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale Diego Bouchè, Salvatore Borsellino, il Procuratore capo della DDA di Napoli Federico Cafiero de Rafo, il Procuratore aggiunto della DDA di Napoli Rosario Cantelmo, il Procuratore della Repubblica di Salerno Franco Roberti, il consigliere della Suprema Corte di Cassazione Raffaele Cantone, il giornalista de “Il Mattino” Giuseppe Crimaldi, il Presidente della Corte arbitrale della Camera di Commercio di Napoli Giandomenico Lepore, la mamma di Simonetta Angela Procaccini e il Presidente nazionale di Libera don Luigi Ciotti.
Il convegno sarà moderato da Aldo Pecora, giornalista di Rai Educational e presidente di “Ammazzateci Tutti”.
A seguire, alle 12.30, si svolgerà la cerimonia di inaugurazione di via Simonetta Lamberti, di fronte all’Istituto superiore “Segré”.
La sorella, Simonetta Serena Lamberti, dona a tutti noi un ricordo della piccola uccisa dalla camorra.
«Simonetta aveva 11 anni. Era una bellissima bambina, esile di corporatura, dai lunghi capelli biondi e grandi occhi verdi, sempre sorridente, allegra e piena di vita, vispa e intelligente, che amava gli animali e a cui piaceva tanto giocare. Insomma, era come sono, in realtà, tutti i bambini a quell’età: spensierati, innocenti. Non poteva ancora sapere quanto potessero essere malvagi alcuni uomini. Non poteva lontanamente immaginare che esistessero “uomini” senza scrupoli capaci di sparare e uccidere senza esitazione un altro essere umano, di ammazzare a “sangue freddo”, perfino i bambini. Non poteva sapere -nessuno glielo aveva detto- che andare a mangiare un gelato col suo papà in un caldo, assolato pomeriggio di fine primavera le sarebbe costato la vita. Non sapeva che quella mezz’ora trascorsa insieme al papà sulla spiaggia, felice e senza pensieri, sarebbe stata la sua ultima passeggiata. L’ultima volta che avrebbe mangiato un gelato. L’ultima volta che avrebbe visto il sole, la spiaggia, il mare. L’ultima volta in cui avrebbe bagnato i piedini nell’acuqa salata e giocato a “rincorrersi” con le onde. L’ultimo castello di sabbia costruito. Il suo ultimo “Ti voglio bene” al papà.
Simonetta Lamberti aveva solo 11 anni quando in quel pomeriggio del 29 maggio di 30 anni fa un proiettile, l’ultimo di quelli destinati al padre, la colpì alla testa, e per lei non ci fu nulla da fare. Morire con la solla colpa di “trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato”, così dicono. Ma in realtà lei, che era andata a fare una passeggiata e a mangiare un gelato, era al posto giusto nel momento giusto. Chi non doveva essere lì non era lei, ma gli spietati assassini che erano stati incaricati di uccidere suo padre, magistrato “scomodo” in quegli anni (80-’82) in cui era in corso una sanguinaria lotta tra i clan di camorra della zona.
Dopo il clamore dei primi tempi (Simonetta infatti ha un triste primato, quello di essere la prima bambina vittima innocente di camorra), un lungo silenzio su questa storia. Un silenzio durato 30 anni. Un silenzio che ha reso ancora più insopportabile,dolorosa, la sua perdita per me soprattutto che non ho mai potuto conoscerla e abbracciarla. Un silenzio che ho deciso di rompere, per urlare il mio dolore, perchè è giusto che si racconti e ci si ricordi di mia sorella, di quello che le, ci è stato fatto: affinchè possa continuare a vivere attraverso la Memoria. Ecco perchè ho voluto con tutte le forze organizzare e realizzare, da sola, questo evento in occasione del trentennale, un momento di incontro che non fosse una cerimonia funebre, ma un ricordare, insieme ai più giovani, la vita, seppur breve, di Simonetta.
E continuerò a fare tutto quello che posso affinché di mia sorella non ci si dimentichi mai più. Perchè -io ne sono convinta- anche raccontare queste storie, soprattutto ai giovani delle scuole, parlare delle vittime e non dei criminali, sia un modo utile, concreto, di combattere le mafie».
La Redazione