11 settembre, undici anni dopo. Il giorno che ha cambiato la vita e i sentimenti di tutta l’America. A distanza di tempo, la memoria e il dolore sembrano essere sempre vive come una cicatrice nel cuore.
Due testimonianze, toccanti e struggenti: Francesco, al tempo 23enne, era in vacanza a New York da due giorni e quella mattina aveva deciso di riscoprire l’euforia, la vita e i profumi della grande mela passando anche per il WTC; Clorinda, emigrante napoletana nella terra di mamma America, vide la tristezza negli occhi di quelli che ormai sono propri concittadini. La tragedia di 3000 persone ha unito ulteriormente tutto il paese per ritrovare la forza nello sconforto e quel coraggio di andare avanti consapevoli che niente sarà più come prima.
“Arrivai a New York il 9 settembre per 15 giorni di vacanza negli Stati Uniti insieme alla mia famiglia e alla mia fidanzata (oggi mia moglie) – racconta Francesco – con un volo Alitalia partito da Roma. Il fuso orario e il viaggio ci costrinse a far slittare il nostro itinerario turistico. Alloggiavamo in un Hotel del centro, molto carino e accogliente. Tutti eravamo entusiasti perchè finalmente potevamo vedere da vicino una parte del mondo che fino a quel momento conoscevamo solo grazie al cinema. Prima tappa New York, poi Washington e rientro in Italia. Quella mattina, complice anche il fuso orario, ci svegliammo tutti molto presto e decidemmo di visitare il centro della città: Time Square, Central Park e naturalmente il WTC, quindi pranzo e passaggio alla Statua della Libertà. Eravamo eccitatissimi. Intorno alle 7 e 45 lasciammo l’albergo e iniziammo ad incamminarci sulla Broadway se non ricordo male. Entrammo in una tavola calda per assaggiare le tanto sognate ciambelle e una tazza di caffè americano. La prima cosa che ricordo è quel via vai di persone che rendevano tutto iperattivo. Improvvisamente sentimmo un tonfo, un rumore sordo come fosse un implosione. Inizialmente non ci soffermammo più di tanto, poi iniziammo a sentire sirene di polizia e ambulanza correre all’impazzata. Uscimmo dalla tavola calda e vedemmo una colonna di fumo nerissimo alzarsi verso l’alto. Decidemmo di seguirla anche per capire cosa fosse successo e improvvisamente, quasi come fosse un gesto involontario, alzammo gli occhi e vedemmo la parte alta della torre in fiamme. Molti dicevano “was a bomb”, ma tutto era incomprensibile. Riuscivo a vedere la gente che chiedeva aiuto dalle finestre mentre la polizia bloccava il passaggio oltre l’incrocio con Barclay Street. Ero attonito e guardavo fisso quella torre in fiamme mentre cercavamo di capire cosa fosse successo, poi davanti ai miei occhi una palla di fuoco uscire dall’altra torre, quasi al centro. Non vidi l’aereo, ma solo quelle fiamme sprigionate dall’impatto. Lì fu il panico, la gente iniziò a correre per allontanarsi, altri piangevano e altri ancora urlavano “Oh my God”. Furono momenti strazianti. Cadevano fogli di carta come pioggia e la confusione generata dalle sirene era incredibile. Inizialmente decidemmo di allontanarci perchè tutto diventava sempre più caotico, ma era difficile andare via di lì. Uno spettacolo agghiacciante! Anche Marta, la mia fidanzata, iniziò a piangere e fu lei a farmi notare come molte persone iniziarono a lanciarsi nel vuoto. La polizia cercava di spostarci sempre più indietro, sempre più lontano dal WTC, ma era difficile perchè appena uno di loro si avvicinava era costretto a scappare via al gracchiare della radio. In pratica restammo anche noi lì spaventati e inermi. Ad un tratto sentimmo un rumore incredibile come fosse un terremoto, mi voltai e vidi una nuvola enorme venire verso di noi. A quel punto iniziammo a correre ed entrammo in un piccolo negozio sulla strada per metterci al riparo. Divenne tutto buio e restammo lì dentro per un ora o forse qualcosa in più, il tempo non passava mai e il cuore batteva talmente forte che quasi mi veniva un infarto! Non avevamo capito cosa fosse successo, nessuno in quella bottega poteva immagine che la torre fosse crollata, era impensabile se non impossibile. Quando finalmente riuscimmo ad uscire, New York divenne una città fantasma! La gente era completamente bianca e le sirene si sentivano quasi in lontananza. Decidemmo di rientrare in albergo definitivamente e solo dai telegiornali riuscimmo a capire cosa fosse successo. Sembrava un incubo. La strada era quasi completamente ricoperta di polvere e forse la cosa più orrenda era quel silenzio dopo tanto frastuono. Noi non siamo americani, ma posso garantire che quell’esperienza ci colpì tantissimo al punto da decidere di abbandonare tutto e tornare in Italia il prima possibile. Sono stato a New York solo quattro giorni, non ci sono più tornato e non so se ci tornerò. Ho avuto la fortuna di essere stato uno degli ultimi a vedere le torri gemelle, ma credimi ancora oggi sono due le immagini che ricordo più di ogni altra cosa: quella palla di fuoco e quelle persone che volavano giù. Il resto è un misto come se le torri non le avessi neanche mai viste”
Clorinda, origini napoletane direttamente da San Giovanni a Teduccio, da ben 43 anni vive a New York, precisamente a Brooklyn oltre il ponte. Quella mattina, come tutte le altre, Clorinda salì sullo scuolabus per trasportare i bambini a scuola: “Inizialmente non sapevo nulla. Quando arrivai di fronte alla scuola alcuni genitori dissero che c’era un grosso incendio al WTC e nulla più. Solo quando tornai al deposito ascoltai tramite radio che un aereo si era schiantato sulla torre. Tornando a casa si vedeva una corsa forsennata di polizia, ambulanze e pompieri verso Manhattan e il traffico aveva congestionato praticamente ogni via. Tornata a casa cercai di più tramite internet mentre i telegiornali battevano la notizia in tempo reale. Capito la gravità cercai di chiamare mio figlio che lavorava a New York poco lontano dal WTC, ma non riuscivo a rintracciarlo. Finalmente riuscii a mettermi in contatto con lui, mi disse che per questione di sicurezza avevano chiuso le uscite del palazzo ed era bloccato lì dentro. Mi chiese di andarlo a prendere perchè treni e bus erano bloccati, ma non potevo anche perchè il Brooklyn Bridge fu chiuso per le auto e accessibile solo a piedi. Mentre parlavo con lui cercavo di vedere la televisione e proprio in quel momento il secondo aereo colpì la torre del World Traide Center. Il panico era alle stelle, c’era una confusione incredibile, la gente non sapeva dove andare, era tutto surreale. Il crollo, poi, qualcosa di assurdo! Una sorta di reazione a catena come se fosse una costruzione per bambini a cui viene tolto un pezzo dalla base. Polvere ovunque, gente in strada che piangeva e cercava di contattare i propri cari. In quel momento il mondo si era fermato. Sembrava che nell’aria ci fosse odore di morte, lutto, tristezza. Personalmente non ho avuto la disgrazia di perdere qualcuno a me caro in quelle torri, ma dentro di me c’è sempre un sentimento di tristezza, di lutto per quel giorno. Ogni anno, l’11 settembre, accendo due candele all’esterno di casa in segno di ricordo, speranza e cordoglio. God bless America, we will never forget!”
Fabio D’Alpino