Mi ero proposto di continuare a parlare di questa nostra povera Italia solo se me lo avessero richiesto, ma non riesco ad aspettare anche se le richieste non mancano, il fatto è che il futuro diventa presente con una rapidità sorprendente e la mia mente rassomiglia, più che ad una fucina di idee, ad una pentola a pressione, a cui sta per saltare la valvola.
Cominciamo: occorre prima impostare, anche se brevemente, il presente.
C’è un governo tecnico al potere che deve lavorare sul fronte della politica e su quello dell’economia. Su richiesta dell’UE, comincia dalla seconda parte, cioè dall’economia, e qui deve scegliere su una vera e propria dicotomia: o seguire i progetti scelti dalla sinistra o quelli preferiti dalla destra.
Nei programmi della sinistra si va più sul sicuro e sul più celere: la tassazione; quelli di destra, invece, prediligono il risparmio e la contrazione della spesa pubblica che, però, è meno breve e più complicata.
Non c’è dubbio che la preferenza andrebbe a questo secondo progetto ma, si dice, la UE vuole subito garanzie sull’immediato e il governo vi si attiene con un rigore che gli Italiani con la corda al collo accettano con mille riserve e milioni di mugugni.
Accettano, si fa per dire: molte imprese piccole e medie chiudono, Cagliari, Taranto,Torino vanno oltre lo scricchiolio delle loro intelaiature, la disoccupazione, come alle Olimpiadi, conquista record su record.
Comunque, il problema “ economia “ non è risolto e a dicembre il governo assorbirà gran parte della tredicesima e forse non basterà.
Politica? si può sintetizzare con una sola parola: riforme!
I si dice sono molteplici, ma oggi hanno un contenuto e domani ne hanno un altro spesso in contrasto.
Il costo della politica tiene banco: stipendi, vitalizi, privilegi, pensioni, sono tutti argomenti che, se non vengono risolti, allargano il fossato che si è posto fra eletti ed elettori: l’insieme degli eletti sono considerati ormai una casta che rifiuta o ricorre a tutti i trucchi per non perdere i privilegi acquisiti nel tempo: chiudono una porta, ma aprono un portone alle prebende.
È sul tavolo anche la questione del numero degli eletti: parlamento, regioni, province, e comuni sono diventati un cordone ombelicale, non tagliato.
Con gli uffici di collocamento ed il loro numero, è tale da far pensare, tragicamente, a come si sia giunti a tanto; non esiste un paragone possibile con le altre nazioni.
In effetti, fare politica è come esercitare un mestiere , una professione dove, purtroppo, prevale l’interesse personale e non quello del territorio per il quale si è stati eletti.
In tutto questo bailamme il presidente del consiglio, dichiara oggi che non si candiderà per le elezioni, ma, come afferma il giorno dopo, è disponibile per un reincarico.
Chi gli darà questo reincarico se il capo dello stato fra qualche mese dovrà lasciare il Quirinale e non si sa ancora come sarà rieletto quello nuovo , dal popolo direttamente o da un parlamento esautorato?
E l’elettorato ? È lì pronto con il fucile puntato su chiunque vada a chiedergli il voto, è un giuoco distruttivo che, invece di distruggere la casta, la porta certamente al suicidio.
Oggi mi fermo. In questo momento non si può guardare a domani neppure con una certa approssimazione e non sono, per altro, un cartomante, pertanto vi saluto con il solito rispetto per coloro che non la pensano come me. Vostro
Sante Grillo