MILANO – Un piano che per la prima volta riunisce tutti gli attori istituzionali e non nella battaglia per la tutela del made in Italy. È il primo Piano Nazionale per la Lotta alla Contraffazione, presentato a Milano in occasione dei primi Stati Generali per Lotta alla Contraffazione.
Il documento rappresenta il punto di arrivo di una intensa attività di analisi, condotta tra gli altri da 11 ministeri e 150 associazioni di categoria, che ha portato all’individuazione delle priorità e delle aree degli interventi, ma anche «l’inizio di una grande battaglia del Sistema Italia», come ha detto Daniela Mainini, presidente del Consiglio Nazionale Anticontraffazione.
Spiega Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria e presidente di Expo 2015: «Dietro il Piano c’è un grande lavoro di coordinamento che ha messo insieme tutti gli attori che convergono su questo importante tema. La contraffazione è una penalizzazione della capacità ideativa del nostro sistema ed è quindi una sottrazione di competitività al Paese».
Sei le macro-aree di intervento individuate da 13 commissioni tematiche operanti nell’ambito della Cnac: comunicazione e informazione; enforcement; rafforzamento del presidio territoriale; formazione alle imprese; lotta alla contraffazione via internet e tutela del Made in Italy da fenomeni di usurpazione all’estero.
E proprio sulla tutela della proprietà industriale è stata posta particolare attenzione, dato che in Italia c’è molta creatività ma non la sua tutela.
Afferma infatti Loredana Gulino, DG lotta alla contraffazione – Uibm del Mise: «Occorre cambiare la cultura della imprese. Insegnare loro ad utilizzare in maniera strategica gli strumenti di tutela della proprietà industriale».
Secondo una ricerca realizzata dal Censis per il ministero dello Sviluppo economico, il mercato della contraffazione genera un giro d’affari stimato in circa 6,9 miliardi di euro e un mancato gettito fiscale di 1,7 miliardi.
Riferisce il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Mario Boselli: «Solo nel comparto moda/tessile incide per circa un terzo del fatturato; ma vi sono altre gravi conseguenze, come ad esempio l’usurpazione dei marchi».
Aggiunge il presidente Confapi, Maurizio Casasca: «Alcuni Paesi come gli Stati Uniti e il Giappone contengono nei loro marchi “made in” il fatto che una percentuale del prodotto sia realizzata nel loro continente. In Italia, specie tra la piccola e media impresa, non esiste ancora la cultura del brevetto. Alcuni grandi brand italiani ed europei poi, se da una parte si dicono d’accordo sulla diffusione del marchio, dall’altra delocalizzano le loro produzioni mantenendo, di italiano, soltanto il nome».
La comunicazione è infine il capitolo su cui si è puntata maggiormente l’attenzione. Se, come emerge da un sondaggio on line realizzato da Coldiretti, più di un italiano su due acquista prodotti contraffatti, con una netta preferenza per i capi di abbigliamento e gli accessori delle grandi firme della moda, è principalmente per via del basso costo di questi prodotti.
Secondo Giovanni Fava, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione e la pirateria in campo commerciale: «Occorre fare un salto culturale. Occorre, cioè, far comprendere a cittadini e consumatori che la contraffazione è un fenomeno criminale a pieno titolo e che non solo danneggia i diritti dei produttori ma contribuisce ad alimentare il giro d’affari delle grandi organizzazioni criminali».
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(Fonte Adnkronos)