Il culto di San Ciro

La Reliquia di San Ciro di Marineo

Inizia qui un percorso che ci porterà nei luoghi dove San Ciro Medico e Martire si celebra come Santo Patrono, dove si potranno conoscere le diverse tradizioni.
Si comincia da Marineo e la festa patronale di gennaio, detta di San Ciro povero, grazie al contributo di Nuccio Benanti.
Marineo è un paese di quasi 7mila abitanti che si trova al centro della provincia palermitana, a 30 km dal capoluogo, ed è sormontato da una caratteristica Rocca; insieme al Comune di Grottaglie, prossimamente sarà gemellato con la Città di Portici in virtù del culto di San Ciro e dei Comitati Medici per San Ciro.

La festa patronale di gennaio: San Ciro povero

MARINEO – La festa del 31 gennaio è quella chiamata dalla gente del luogo di santu Ciru puvureddu.
Tale denominazione è spiegata dai fedeli dal fatto che per tutto il periodo festivo si svolgono le sole manifestazioni religiose e sono assenti gli eccessi di agosto: spettacoli musicali e giochi pirotecnici in primo luogo.
Pur trattandosi di una festa povera, i preparativi sono di fatto più lunghi di quella estiva ed hanno inizio il 22 gennaio, quando la reliquia del santo viene scesa dalla nicchia che la custodisce.
Il reliquiario, infatti, è conservato per tutto l’anno nell’altare dedicato al santo, posto sulla navata sinistra della chiesa Madre.
Nel corso della novena ogni sera viene recitato il rosario di san Ciro. Si tratta di una serie di preghiere rivolte al santo. Esistono sia un rosario in italiano che altri dialettali. Questi ultimi, in passato venivano recitati nelle case.
Oggi solo poche persone li ricordano. Alle diciannove si celebra la messa: durante l’omelia, i sacerdoti nel corso delle serate, commentano le letture del giorno, accennando alla vita e alle opere del santo.
I sacerdoti chiamati per l’occasione si alternano: il predicatore della novena, di solito, è un padre secolare o un francescano.
Una giornata della novena è dedicata agli infermi.
Il 30 gennaio, vigilia della festa, dopo il consueto rosario, vengono infine celebrati i vespri solenni in onore del santo.
Il 31 gennaio i festeggiamenti iniziano fin dalle sette del mattino con l’alborata, ossia lo scoppio di una serie di mortai. Per tutto il giorno, le strade del paese sono allietate dal suono del tamburo e della banda cittadina. In questa giornata si celebrano messe, con orari festivi, dal primo mattino.
È comunque la celebrazione solenne della messa di mezzogiorno ad attrarre, più di ogni altra, la presenza di numerosi fedeli, confratelli e autorità civili e militari che, come nella festa di agosto, prendono posto nei posti riservati nei primi banchi. Alcuni confrati, con l’abitino rosso, trovano invece posto all’ingresso della chiesa, dove viene allestito lu tavulinu per le offerte dei fedeli.
Dopo la messa vespertina, ha inizio la processione che, nel suo svolgimento è identica a quella di agosto. Quando il 31 gennaio le condizioni atmosferiche non consentono lo svolgimento della processione, a causa della forte pioggia o della neve, questa viene rinviata alla prima domenica utile. Il santo rimane sistemato al centro della chiesa fino al giorno della processione.
Una delle caratteristiche più rilevanti di questa festa è rappresentata da una manifestazione di fede che sfugge all’occhio dell’osservatore più distratto. Si tratta dei cosiddetti viaggi a santu Ciru: un pellegrinaggio spontaneo che numerosi fedeli, a piccoli gruppi, formati in genere da parenti, vicini di casa e conoscenti, fanno qualche sera prima del 31 gennaio o della penultima domenica d’agosto.
Il viaggiu, intrapreso prevalentemente da donne, alcune delle quali a piedi scalzi, consiste nel percorrere il tragitto della processione di san Ciro con la coroncina tra le mani, pregando. Il viaggio si svolge sempre di sera.
Questo pellegrinaggio può essere fatto almeno per due motivi. Il primo è in segno penitenziale, per ringraziare per l’avvenuto miracolo, sia per chiedere una grazia particolare al santo. In tal senso «ha carattere di ex-voto».
La seconda ragione riguarda, invece, la presenza alla processione di san Ciro: quando una donna non può prendervi parte il giorno stabilito, offre al santo il viaggio in sostituzione.
Negli ultimi anni, oltre alla presenza discreta, quasi invisibile, delle donne che fanno i viaggi spontanei, si è assistito anche alla organizzazione, da parte del parroco, di un pellegrinaggio da lui guidato, al quale partecipano numerosi gli assidui frequentatori della chiesa parrocchiale, anche uomini.
Durante il percorso, che inizia davanti alla chiesa Madre e si snoda lungo il percorso tradizionale della processione (corso dei Mille, piazza Castello, via Garibaldi, piazza sant’Anna, via Umberto I, via Patti, via san Michele, corso dei Mille), si recita il rosario di san Ciro.
Al termine del viaggiu, le donne sostano alcuni minuti davanti al portone della matrice, per concludere le preghiere e per chiedere l’intercessione del santo per i bisogni delle loro famiglie.
Dunque, questo pellegrinaggio è un atto volontario con il quale il fedele si reca in religiosità di spirito fino ad una meta: il luogo santo. Alla fine del viaggio il pellegrino chiede che venga esaudito un desiderio personale, ma anche un approfondimento della propria vita personale.
Ciò è possibile grazie alla purificazione dell’animo attuata lungo il cammino comune fatto in preghiera, penitenza e meditazione.
(Foto gentilmente concessa dall’autore)

Nuccio Benanti