L’economia com’è stata formata e gestita negli ultimi sessant’anni in Italia non va.
La stessa è un’economia diretta e comandata da pochi, gestita in maniera autarchica e padronale, tesa solamente al profitto.
Innumerevoli banche no-profit, che dovevano seguire e sostenere l’imprenditoria, le famiglie, il benessere comune, sono state in realtà gestite da gente senza scrupoli, che badava solo al profitto proprio ed alla potenzialità della banca stessa.
Il Cliente, prima di arrivare al cuore del carciofo, deve prima mangiarne le foglie, lo diceva tanti anni or sono il direttore di una piccola cassa rurale: cosa avrà voluto dire?
Non lo so ancora, perché per tutta la vita ho mangiato solo le foglie del carciofo, pagando caro, carissimo il credito che le banche mi davano, fino a svenarmi completamente.
Ritornando alle banche grandi e piccole, profit o nop-profit, la loro legge è stata sempre e sempre sarà, assoggettare il Cliente, farne uno schiavo moderno da sfruttare a piacimento.
Come dovrebbe essere invece il credito?
In anteprima qualsiasi cittadino dovrebbe godere d’accesso al credito, naturalmente con forme e regole da sviluppare e da indicare.
È naturale che ad ognuno saranno assegnati importi differenti, che potranno cambiare da Tizio a Caio in base alle necessità, alle prerogative personali, agli investimenti da effettuare e a disponibilità di rientro.
Nella malaugurata ipotesi di fallimento a ognuno di loro, ogni ditta, ogni società, che però naturalmente non presenti segni di truffa, ma fallisse per colpe o per cause non direttamente cadenti sulle proprie responsabilità, deve essergli data una o più possibilità di rialzarsi.
Marchiare una ditta o un singolo con l’infamia del fallimento, in una società moderna che si crede progressista e giustizialista è una vera e propria infamia perpetrata al cittadino.
Politici e giudici prima di arrivare a sentenza debbono tener conto della volontà del singolo o dei singoli a ripianare i debiti con il proseguimento del lavoro, una volta aiutati.
È naturale che non tutti riescano diventare ricchi e potenti; la stragrande quota rimarrà piccola e fragile. Di per sé però farà sempre parte di un’organizzazione sociale che dovrà sostenere il cittadino se inconvenienti, malattie, cattivi pagatori od altro lo sospingono verso grosse difficoltà.
Dovrebbe pertanto esistere un sistema finanziario atto a sostenere e garantire, dentro regole dettate dal buon senso, tutti coloro che con il proprio impegno e lavoro cercano di sviluppare le proprie idee.
Un individuo o una società che truffa e spende per vizio o per danno più di quanto introita, mettendo a rischio la propria attività è da considerarsi senz’altro per ciò che è: un truffatore. Liberato dal debito andrà emarginato, non dico socialmente, ma finanziariamente allontanato dal credito.
Questo sistema di tutela dovrà essere gestito dallo Stato; purtroppo lo stesso come oggi è organizzato, con centri di poteri occulti e personali, non potrebbe e non può nemmeno prendere in considerazione una soluzione del genere.
Demandare la cosa ad un ente o ad un’assicurazione privata, con assicurazione per tutti i correntisti e tutti gli affidatari di credito sarebbe la strada migliore.
Il grosso rischio è che l’assicurazione privata in primis non può essere unica, quindi frammentata, in secondo è che va gestita sempre con il principio del raggiungimento dell’utile a tutti i costi.
Premi quindi alti e rimborsi sempre in forse.
Il pericolo poi è che se a fallire sarà il piccolo imprenditore l’assicurazione troverà sempre il sistema di liquidare i creditori, ma come sta accadendo in questo momento che stanno fallendo piccole entità e grandi gruppi, le assicurazioni farebbero fatica a garantire tutti i creditori.
A dimostrazione di questo abbiamo di fronte l’inconveniente atmosferico neve, caduta l’inverno scorso in Italia centrale, che ha causato gravi danni a centinaia di capannoni artigianali e colture, danni che a distanza di parecchi mesi non sono stati ancora volutamente valutati e risarciti, prendendo tempo.. e si sa bene il tempo è denaro.
Dovrà essere quindi per forza un Ente statale a garantire sia l’organizzazione a sostegno del credito, formando un fondo rischio alimentato da tutti i richiedenti del credito, con garanzia nel contempo di un tasso d’interesse che possa mettere al riparo da qualsiasi forma di usura i creditori, togliendo così dal mercato la concorrenza dannosa per lo sviluppo della società.
Viene naturale pensare poi, in questo momento di disastro a causa del terremoto, prima all’Aquila e poi all’Emilia, morti e distruzione, persone senza casa e lavoro, ditte disastrate senza più capannoni industriali, artigianali, agricoli: come fare a rimettere in piedi una realtà così danneggiata?
Sempre con il fondo di garanzia sopradescritto, cui sarà aggiunto un ramo per le calamità naturali, a pagare la propria quota saranno chiamati tutti i possessori di beni immobili ed in ragione del valore di ognuno, sarà istituito un versamento diretto all’Ente preposto, che potrà essere pagato anche a rate, Ente che garantirà tutti gli aventi diritto iscritti.,
Per quelli in difficoltà oggettive dovranno essere i Comuni e le Regioni a provvedere alla loro iscrizione e quota di partecipazione.
Gli Enti no-profit e morali dovranno adeguarsi all’iscrizione con sottoscrizioni private o pubbliche che li sostengono.
L’Ente in oggetto dovrà avere una struttura articolata, non essere assoggettato alla politica per le nomine dei suoi amministratori, bensì gli stessi saranno nominati dai Sindaci di tutti i Paesi, con nomina a maggioranza e con mandati non superiori a 2 anni.
Per quattro anni ciascuno le loro competenze dovranno essere pagate con un valore pari al loro impegno, in ogni modo entro limiti prestabiliti di equità e di decenza morale.
Altre regole saranno impostate, discusse alla fondazione dell’Ente stesso.
Così la penso io.
(Fonte foto: web)
Gilberto Frigo, l’uomo del Nord