Diodato Del Gaizo e il pianino ambulante

Uno dei mezzi di comunicazione musicale più affascinanti era il pianino ambulante,  nato alla metà dell’ 800 e che era possibile ascoltare fino agli inizi  degli anni ’60: come Nelle regioni meridionali ed a Napoli in particolare veniva chiamato così ma altrove più noto col nome di organetto di Barberia.
Il protagonista meccanico di questo scritto sarà messo in parallelo con le vicissitudini terrene di un uomo che lo apprezzò moltissimo e che legò indissolubilmente la sua esistenza a questo meraviglioso ed affascinate strumento: Diodato Del Gaizo (in un disegno d’epoca).
Di pianini ambulanti, negli anni, se ne costruirono migliaia, la fiorente industria dei  Piani a cilindro, nata in Italia ma ben presto diffusa anche all’estero, principalmente in Spagna e Francia; le fabbriche ammontavano a circa una quarantina, per la maggior parte dislocate in Piemonte: Novara e Casale Monferrato ne furono le storiche capitali.
I migliori costruttori furono I Fratelli Ottina Ferrandi, Montanino, Genestrone  Martelli, Pombia e Gallina di Novara; Emilio De Vecchi, Tornaghi Giuseppe e Ronchi di San Michele di Verona; Martelletti, Fratelli Venezia, Amellotti ,Cozio, i Fratelli Gillone e Orsenigo Giovanni  che ricopriva la carica di Presidente dei costruttori , tutti  di Casale Monferrato; ancora  Simoni di Bologna; Carrera  & Figli di Cremona;  i Fratelli Pozzi, che avevano stabilimenti a Treviglio e Mantova; Cuconato e Miocis di Torino e Cavallotti di Milano. Questi  fabbricanti avevano fatto affari d’oro nella capitale del Mezzogiorno e nelle maggiori città del Sud.
La discesa in campo di Vittorio  Fassone (Napoli, 1872- Palermo 1953) eccelso musicista e ottimo imprenditore riuscì a contendere il mercato alle più organizzate aziende del Nord del Paese.
L’intraprendente cavalier Fassone aveva impiantato in largo Tarsia una fabbrica, sgominando in breve tempo la concorrenza e divenendo addirittura esportatore.
I pianini che giravano per le vie della città partenopea – dal 1905 confinati per un ordinanza del Questore ai quartieri popolari per non disturbare il riposo dei ricchi – erano  gestiti da lui direttamente o dati a noleggio.
Anche per questo motivo, il maestro Fassone disponeva di uno straordinario mezzo promozionale anche per le sue canzoni.
Inizialmente furono costruiti piani a sedia aventi caratteristiche analoghe al piano a coda. Questo strumento dal peso di 40/45 chilogrammi, veniva portato a tracolla dai suonatori ambulanti unitamente ad un cavalletto sul quale veniva appoggiato per suonare. Ben presto dai piccoli piani a sedia si passò alla costruzione dei piani a cilindro verticali con leva a mano e, successivamente, con l’applicazione del motore a manovella. Il cambio delle suonate, che inizialmente era a perno, fu sostituito nel 1870 da una leva che comandava una camma. Questo tipo di cambio permetteva di scegliere velocemente, mediante un numerino con freccia, il pezzo di musica che si desiderava ascoltare.
Proprio quando si era raggiunta la perfezione ecco che comincia la parabola discendente. Lo strumento musicale automatico verrà presto messo in crisi dalla nascita di altri sistemi di riproduzione del suono, prima fra tutti il grammofono, inventato da Edison nel 1878, poi la radio.
A questo punto introduciamo il personaggio che attraverso la sua avventurosa seppur grama e difficile esistenza,ci consentirà , attraverso le sue opere poetiche, guidandoci per mano nel nostro interessante viaggio musicale.
Nell’ambito del variegato mondo poetico-musicale napoletano, soprattutto  quello ricco e sfarzoso della Bella-Epoque della canzone (1880-1910), ogni personaggio, protagonista di quel pianeta  artistico, aveva una sua,riconosciuta, peculiarità; qualche emblematico esempio: la chioma con l’originale, debordante, ciuffo di Salvatore Gambardella (quando tutti, a quell’epoca, usavano il cappello), passando per l’inseparabile macchina fotografica , assidua compagna, del sommo Salvatore Di Giacomo; all’immancabile sigaro di Giovanni Capurro, poeta di ’O sole mio! e per finire in gloria con Eduardo Di Capua, assiduo giocatore del lotto.
Innumerevoli figure artistiche si contraddistinguevano per le loro eccentricità e originalità, soprattutto nella categoria dei cantanti e delle chanteuses.
Anomalo personaggio, quasi schivo, anticonformista,  affermerei anarcoide, che visse e produsse nel contesto di una società, alquanto bigotta, in piena epoca Umbertina…quest’uomo si chiamava Diodato Del Gaizo (Napoli 1868-1943).
Fu un vero e proprio artista singolare nel vasto panorama della canzonetta popolare napoletana di fine ‘800, inizi ‘900; prima di essere poeta a tempo pieno era stato per molti anni monaco cercante, molto popolare e conosciuto dal popolino con l’eccentrico nome di Fra’Diurato ‘o piccerillo” (Frate Diodato il piccolino).
Poeta della plebe, senza nemmeno la licenza elementare, eppure capace di versi emozionanti, grazie ad una delusione amorosa, ancora molto giovane, decise di dedicarsi alla vita religiosa: contrariamente, però, ad altri confratelli, egli girovagava per le strade popolari della sua città sempre in compagnia del suo inseparabile pianino.
Dopo alcuni anni da frate girovago-musicale abbandonò saio e sandali rendendosi, a quel punto, conto che i suoi semplici ma arguti versi potevano essere addirittura musicati.
Salì alla ribalta facendosi trascrivere, da amici più fortunati di lui, scolasticamente parlando, i versi della prima stesura della conosciutissima canzone ‘O marenariello.
Trovò la collaborazione di Salvatore Gambardella (Napoli, 1871-1913), musicista cosiddetto orecchiante – si faceva trascrivere le musiche fischiandone il motivo; eracommesso presso un negozio di ferrarecce (ferramenta) nel popolare Rione del Mercato, il cui proprietario era anch’egli un’eccellente e colto musicista, Vincenzo di Chiara (Napoli,1864-1937).
Il buon Del Gaizo denominò i suoi versi ’O mare e ba’! (Il mare va!), ironia del destino, nella stessa bottega si presentò un giovane commesso di vinaio, Gennaro Ottaviano (Napoli,1874-1936).
A quell’epoca la musica popolare, e la canzonetta in particolare, non era assoluta “riserva di caccia” di soli uomini  di cultura ma coinvolgeva le categorie sociali più disparate.
Lo stesso status sociale relativo ai personaggi citati lo dimostra.
Era il 1893: Ottaviano consegnò al Gambardella un foglio con sopra trascritta l’immortale lirica di ‘O marenariello.
La canzone, qualche giorno dopo venne portata al successo dalla famosissima chanteuse Emilia Persico al Teatro Nuovo Politeama di Napoli.
Il Del Gaizo non si arrese, peraltro il rifacimento di canzoni non abbastanza fortunate ma adornate da musiche alquanto orecchiabili e gradevoli si prestavano alla sua “arte”, era questo un suo punto di forza.
Era noto nell’ambiente canzonettistico come fra i maggiori creatori delle cosiddette “canzoni a  risposta” che completavano l’esistenza di opere già collaudate riscrivendone il testo lasciando, però, integra la parte musicale. Un esempio emblematico: una famosa canzone di Pasquale Cinquegrana (Napoli,1850-1939), musicata da Eduardo Di Capua (Napoli,1865-1917),’O sentimento ”, nelle sue mani si trasformò in ‘O carceratiello riscuotendo altrettanto successo.
Le sue canzoni, dalla forma estremamente semplice, dirette ad una fascia di pubblico che quasi sempre versava in misere condizioni economiche ed alla quale restava una sola risorsa per arrivare ad ascoltare queste canzoni: i pianini ambulanti!
Diodato Del Gaizo era consapevole di queste problematiche e si prestava con ammirevole impegno in quest’opera di “scolarizzazione musicale”.
Si consideri, inoltre, che l’accesso ai vari Teatri e agli stessi Cafè-Concerto, per passare attraverso gli svariati Concorsi musicali organizzati dalle più note ed affermate case editrici musicali come Bideri, Santojanni, Ricordi, Izzo, La Canzonetta,altrimenti precluse a quelle brulicanti e “assetate” fasce di popolazione.
Oltre ai famosi pianini ambulanti altro mezzo di comunicazione, visivo oltre che musicale, era rappresentato dal noto personaggio del cantastorie.
Il cantastorie si serviva di un traballante palchetto e con alle spalle un telo instabile  rappresentava le scene principali della vicenda; succedeva ma non sempre – con Del Gaizo sì – che ci fosse l’accompagnamento musicale di sottofondo prodotto dal nostro pianino.
Così il menestrello illustrava ai popolani presenti quasi esclusivamente racconti riferiti a turpi episodi di cronaca nera, storie di delitti o avventure guerresche che tanto accendevano la fantasia della gente.
Diodato Del Gaizo fu il poeta “principe” di tale filone.
Oltre alle consuete canzoni di carattere sentimentale o oleografico legate al paesaggio e al clima della bella Napoli che fu, sfornava delle vere e proprie “telenovele” (mi si passi il termine) con soggetti quali “Il Brigante Musolino”, storia che addirittura impegnò il nostro Diodato in almeno cinque composizioni diverse. ‘O brigante Musullino, L’arresto ‘e Musullino, ‘A fuitiva ‘e Musullino, L’arresto ‘e Musullino e ‘A causa ‘e Musullino a Lucca … Una vera epopea!
Altri soggetti cari al poeta furono le canzoni dedicate a persone che scontavano le proprie pene in carcere, le malaugurate spedizioni militari in Cina e Africa Orientale, fino ad  arrivare ad essere addirittura accusato dalle pubbliche autorità di immoralità quando una sua presunta composizione gli fece passare un brutto quarto d’ora, il titolo era tutto un programma: ‘A cestunia ‘e Cuncettella (Il … cesto di Concetta).
Diodato Del Gaizo evitò la condanna solo perché, in tribunale, si umiliò fornendo la prova di analfabetismo disconoscendone quindi la completa paternità, affermando che egli dettava e il trascrittore scriveva tutt’altro! Venne creduto.
Scomparve, all’età di 75 anni in una modesta casa del quartiere Mercato; le sue spoglie finirono  in una fossa comune del cimitero di Poggioreale.
Lasciò oltre 300 canzoni pubblicate, alcune in collaborazione con maestri; oltre ai citati precedentemente, ricordiamo Giuseppe Capolongo, Alberto Montagna, Luigi Fragna e Giuseppe Capaldo.
Per la cronaca ricordiamo che l’ultimo giro di manovella all’ultimo pianino che attraversò le strade di Napoli fu dato dall’ottantaduenne Ciro Pantolese: era il 1959. Fu costretto a sospendere la sua attività perché in città erano completamente scomparsi i fabbricanti di rulli.
Erano rimasti in circolazione solo ventuno pianini ambulanti, troppo pochi per consentire la sopravvivenza all’unico incisore rimasto in attività; Il suo nome era Pasquale Barbato; l’artigiano, sebbene rimasto nella storia del costume locale, fu costretto ad emigrare a Milano e di pianini nella città partenopea non si sentì più parlare.
Il pianino ambulante fu fonte d’ispirazione per numerosi autori e compositori compresi nomi altisonanti come Raffaele Viviani, Libero Bovio ed Ernesto Murolo Lo stesso Del Gaizo , in veste di musicista, firmò una canzone del 1904 su testo del poeta popolare Vincenzo Cipro, Tramonto …
L’opera di Diodato Del Gaizo è comunque tutta da riscoprire ed eventualmente rivalutare, considerando che è rimasto noto solo per la beffa di ‘O marenariello e non per altro.
Era un grande musicista e merita invece di essere ricordato per la sua Arte.
(Foto gentilmente concesse dall’autore)
(Un particolare ringraziamento all’A.M.M.I. – Associazione Musica Meccanica Italiana – e il periodico ” L’antico Organetto”)

Vittorio Fassone

Ciro Daniele   

 

Il pianino Fassone