Il libro: Fondi e documenti sull’eruzione vesuviana del 1631


SAN GIORGIO A CREMANO – Nella consona cornice di Villa Bruno, nella sala della Biblioteca Comunale venerdì 31 maggio, è stato presentalo l’ultimo libro del prof. Alfonso Tortora “Fonti e documenti sull’eruzione vesuviana del 1631 – Vol.I”, Carocci Editore.
Al dibattito, moderato da Oriana Russo, responsabile per Lineadarco del supporto ai servizi bibliotecari, oltre all’autore sono intervenuti Aldo Vella, docente, urbanista, autore di numerosi studi sull’area vesuviana e scrittore; Giorgio Zinno, vicesindaco e assessore alla Valorizzazione delle Ville Vesuviane e lo scrittore storico, ricercatore instancabile, Alfonso De Martino.
L’evento è stato promosso dall’Assessorato alle Politiche Giovanili, Innovazione e Biblioteca, guidato da Michele Carbone, nell’ambito del programma di eventi della Biblioteca Comunale della Città curati dall’Associazione Lineadarco.
Il libro “Fonti e documenti sull’eruzione vesuviana del 1631 – Vol.I” parte dal 79 d.C.
79 d.C e 1631: due date che un approccio filologico centrato sull’area territoriale vesuviana, sub-regione della Campania continuamente modellata dal Vesuvio non solo sotto l’aspetto geomorfologico, topografico, antropico e floro-faunistico, ma anche sociale, politico, economico e culturale.
Nel 1631il territorio vesuviano era parte del vicereame spagnolo, una colonia da cui la madrepatria Spagna attingeva fondi per finanziare le sue interminabili lotte per il predominio sugli altri Stati.
Gabelle, tasse, vere e proprie rapine che avevano ridotto allo stremo l’intera popolazione. Uno stato di cose insostenibile che infatti nel 1647 sfociarono nella rivolta di Masaniello.
La ricerca del prof. Tortora sarà articolata in tre volumi, di cui questo è il primo; attraverso il recupero e la valorizzazione di fonti citate da cronisti dell’epoca intende ricostruire, soprattutto per il secolo XVII, alcuni caratteri dell’armatura urbana o territoriale dell’area vesuviana compromessa dall’evento eruttivo, ponendo particolare attenzione alla più autentica memoria storica locale, che di quell’evento ha lasciato significative tracce.
La sua ricerca parte da una cronaca contemporanea cui raffronta, altre due versioni, di cui una ottocentesca, ampliata rispetto all’originale.
Alfonso Tortora è docente di Storia Medievale e Moderna all’Università degli Studi di Salerno; alla storia del Vesuvio non ha dedicato solo la sua ultima opera ma diverse ricerche.
Dal 1989 in poi ha pubblicato “Un’eruzione a due voci. Il 1631 tra Plinio e Braccini”; “Per una storia dei terremoti nella Campania del ‘500”( “Tra fonti storiche e storia della terra. «I discorsi della natura» nella Napoli del XVII secolo”, “L’Archivio storico scientifico dell’Osservatorio Vesuviano per la storia della vulcanologia in Italia” (in collaborazione con Giuseppe Luongo) ; “Il Vesuvio come storia: l’eruzione vesuviana del 1631” ; “Tra territorio vesuviano e produzioni di pietra lavica verso il Mediterraneo. Una ipotesi di ricerca” :“Il Somma – Vesuvio. Un monumento di storia e memoria” ; “Il Vesuvio in età moderna” ;“Città ideale, città del fuoco. Napoli nelle descrizioni dell’eruzione vesuviana del 1631”.
Lo Speaker ha incontrato l’ autore di “Fonti e documenti sull’eruzione vesuviana del 1631 – Vol.I”, AlfonsoTortora, che gentilmente ha risposto ad alcune domande.
Qual è l’origine dell’approfondita ricerca?
Non è un’idea nata ex abrupto. È la continuità di un percorso che fonda le sue radici in un trentennio in cui ho scritto altri lavori.
Ha affrontato l’argomento da storico o da vulcanologo?
Assolutamente da storico, sebbene abbia dovuto ricontare me stesso sui temi della vulcanologia. Il mio percorso di ricerca mi ha portato al Vesuvio al termine di un processo logico e cognitivo.
Sono dunque giunto alla determinazione di riunire in un unico volume, cui seguiranno altri due, la materia, che poi materia non è … Nell’800 si affermava qualcosa d’interessante, una materia poi sconfitta nella storia: la Vesuviologia.
Nessuno sa che nel tardo ottocento c’era qualcuno che voleva far nascere una disciplina accademica, ma non portò a termine il progetto.
La Vesuviologia non era propriamente la vulcanologia applicata; il Vesuvio è soprattutto promotore di Storia e come tale andava restituito alla sua naturale disciplina.
Andava ripristinato il grande rapporto dialettico che c’è tra l’Humanitas e la Natura.
Nel mio libro il Vesuvio non è avulso dal contesto storico, perché la Storia in realtà si riappropria attraverso quest’operazione di rigorosa ricerca filologica del nostro vulcano come promotore di Storia.
Questo avviene attraverso l’analisi di una serie di cose che non sono soltanto la dinamica del vulcanismo attivo; nel caso specifico il progetto per tutt’ tre volumi riguarda un solo evento, quello dell’eruzione del 163.
L’eruzione illustrata da cronisti coevi rappresenta un passo indietro rispetto alle precedenti interpretazioni, un’accessione di parola a coloro che hanno vissuto, osservato e lasciato memoria.
In questo volume mi ha intrigato ad esempio soffermarmi sulla memoria locale: chi più di un abitante dei luoghi poteva registrare e trasmettere ai posteri?
Restituisco così per la prima volta l’identità e la dignità ad un cronista settecentesco che falsamente era stato individuato e quindi indicato come autore di un’opera che sotto mentite spoglie veniva invece attribuita ad eponimi, più che ad autori.
Siccome la cronaca critica di cui edito, e se dico critica intendo in senso vichiano anzi valliano, secondo cioè Lorenzo Valla, filologo puro, non mi limito a ridare identità e dignità ad un cronista dell’epoca, ma faccio qualcosa di maggiore: restituisco alla Storia le sue fonti.
L’autore cita, ma non ci dice dove attinge le sue notizie.
Chi era l’autore settecentesco?
Cristoforo Imperato, sacerdote della chiesa di Santa Maria di Pugliano di Resina, oggi Ercolano.
Imperato veniva anche detto del Pavone, per via del rinvenimento di un tempietto di epoca romana, uno dei reperti archeologici che in Resina, scavando pozzi d’acqua, ogni tanto emergevano.
Col restituire dignità a questo attento cronista, ho compiuto il primo atto con cui apro questo ciclo sul Vesuvio, grande documento di Storia e Memoria.
È qualcosa di più di una fucina, è un prodromo ai discorsi politici, ai problemi sociali, a tantissime e complicate vicende che legano la gente, e cioè noi, a questo vulcano.
La stessa derivazione del toponimo ancora oggi è fonte di discussione: nonostante le diverse teorie, non sappiamo neanche esattamente in quale parte d’Italia si assegnasse questo nome al Vesuvio.