Cibo, musica e cultura: il ristorante “Lo Scoglio di Frisio”

Napoli, da sempre città all’avanguardia in innumerevoli primati storici, ha un record difficilmente raggiungibile : i rinomati ristoranti e trattorie che tra il ‘700 fino al primo decennio del ‘900 ebbero il loro periodo di grande splendore.
L’argomento trattato in questo articolo è il rapporto che intercorre tra la cultura partenopea e un locale che definire leggendario è poco:  il ristorante di Posillipo “Lo Scoglio di Frisio”.
Tanti trattorie e ristoranti sia in Città che nella sua immediata periferia urbana; se ne contavano in gran numero già nella metà del ‘600:  secondo un elenco  non completo stilato dal Marchese Crispano e pubblicato poi da Salvatore Di Giacomo, assommavano a ben 112.
Nei primi decenni dell’ 800 di questi locali dedicati all’arte culinaria ne rimanevano un buon numero; tante trattorie nel frattempo, erano state trasformate in lussuosi ristoranti e il più celebre e rinomato di essi fu certamente  ‘O Scoglio ‘e Frisio.
In origine, quando era ancora una trattoria sul mare, il locale era gestito da un non meglio identificato Paulisaniello.
La rustica costruzione successivamente subì delle radicali trasformazioni per tenere il passo con le mutate esigenze turistiche del luogo.
Era ubicato poco oltre Palazzo Donn’Anna, posto su uno scoglio tufaceo levigato dalla risacca; il suo nome derivava dalla casa che vi costruì a monte il Brigadiere Celli, Conte di Frisio.
Nel 1825, I  suoi proprietari, divennero i fratelli Musella; il più noto dei due fu  Vincenzo, detto ’o pacchia niello, nome d’inconfondibile origine contadina; gentile, bonario, ma dignitoso, serviva personalmente le sue prelibate pietanze.
Agli inizi del ‘900 “Lo Scoglio di Frisio” venne trasformato in un locale lussuoso, con una gran sala lunghissima, capace di contenere ben 500 coperti e dove il riflesso delle onde si rispecchiava sulle sue pareti; era dotato di ampie terrazze sul mare delimitate da una balaustra fiorita.
Fra gli avventori più noti dell’epoca vanno menzionati Richard Wagner: è in quel luogo che il sommo musicista tedesco potè apprezzare l’arte canora del più famoso posteggiatore napoletano di tutti i tempi, Giuseppe Di Francesco detto ‘o zingariello; il sommo musicista tedesco ospitò poi nella sua residenza in Germania il giovane, famosissimo, cantante.
Anche Gabriele D’Annunzio, già frequentatore di altri celebri locali della città scelse Frisio come suo ristorante preferito.
Nel contesto, va  ricordato il nome di altri ameni e celebri locali : “ Pallino ‘o Vommero”, il “Figlio di Pietro”, “Stella”, la “Trattoria dell’Allegria”, “Agostino a mare” tutti ubicati a Posillipo, e ancora “Bergantino” in via Firenze al Vasto; “La Bersagliera” e  “Zi’ Teresa” al Borgo Marinari, “’A fenestella” nella zona di Marechiaro e tantissimi altri, scusandoci di qualche imperdonabile dimenticanza.
Il luogo comunque privilegiato dal D’Annunzio restava lo “Scoglio”; si ricorda tutt’oggi di un antipatico episodio accaduto nelle splendide sale posillipine, quando il “focoso” poeta ebbe la disavventura di ricevere un sonoro ceffone da un guappo geloso degli sguardi continui lanciati dall’ “ardente abruzzese” nei riguardi della propria donna.
La questione per fortuna finì in modo cordiale; ecco il racconto dell’episodio da una le cronaca dell’epoca:
«… una sera, il poeta adocchiò ad un vicino tavolo una prosperosa “maesta” bella come solo le napoletane sanno essere, la quale pur accanto al suo  “guappo”. Non tardò a mostrarsi lusingata dagli sguardi vogliosi dello sconosciuto “signore”.
…Ed ecco che il guappo, evidentemente poco sensibile all’eccessiva ammirazione che quel biondino dimostrava per la sua donna, gli piombò d’un balzo di fronte e, gli appioppò sulla guancia un sonorissimo pacchero, ch’è quanto dire schiaffo.
Il D’Annunzio, passato repentinamente da un dolce sogno ad un’amara realtà, non tentò alcuna reazione. Stordito, cianotico, ricomponendosi, si allontanò rapidamente dal locale, non senza aver prima dignitosamente consegnato all’inferocito energumeno un elegante e profumato biglietto da visita».
Tutti sanno quanto il napoletano, nel cui intimo sonnecchia sempre il poeta, ami e rispetti la poesia.
È facile quindi immaginare il rammarico e lo sconforto dello schiaffeggiatore quando, sbollita l’ira, apprese d’aver paccariato ‘o primmo pueta d’’o munno!
L’incontro ebbe luogo la sera dopo sulla redazione del “Corriere di Napoli” dove l’emozionatissimo guappo, che poi era un ricco e noto mercante di carboni, affrontò così lì avversario: «Cavaliè, sto ccà! Chiavateme ‘nu milione ‘e pacchere!»
Ma sulla guancia cavallerescamente offerta non giunse nulla: giunse invece una mano tesa con sorridente e, perché no?, anche soddisfatta cordialità.
Vanno ricordati altri personaggi famosi della cultura partenopea che frequentavano il famoso ristorante Emmanuele Gianturco, Giosuè Carducci e Annie Vivanti, Emile Zola, Ferdinando Russo, Edoardo Scarfoglio con Matilde Serao, Achille Torelli, tra gli altri.
I “canzonieri” napoletani non furono da meno: si sbizzarrirono come non mai nell’omaggiare lo storico locale; una rapida rassegna “canzonettistica” lo dimostra.
‘O Scoglio ‘e Frisio: ben cinque canzoni ebbero a fregiarsi di quel titolo; nel ‘900, autori come Francesco Achille Bonenzio-Raffaello Segrè, Alfonso Criscuolo – Achille Boccia, Raffaele Eduardo Autorino – Giuseppe Tinto, Vincenzo Russo-Edoardo Di Capua, Giovanni Capurro – Salvatore Gambardella, Luigi Rocco- Emmanuele Pagliara Caracciolo, Francesco Feola- Alberto Montagna, Adolfo Genise – Gaetano Lama composero diverse canzoni per celebrare “Lo scoglio di Frisio” come “A Frisio”,  “Cantanti di Frisio”, con versi e musica di Jules Cottrau, “Abbascio Frisio”; “Frisio Bello”.
E dopo oltre un secolo se ne scriveva ancora: nel 1948 il poeta Alfonso Mangione su musica di Enrico Salvati pubblicò “Luna ‘e Frisio”; nel 1926, pur non citato nel titolo della canzone, il nome del celebre ristorante figura nel testo di una conosciutissima canzone scritta e musicata da Armando Gill, “ E allora?…”
Anche il teatro dialettale napoletano non fu da meno: due celebri ensemble teatrali vollero ricordare il celebre luogo con “Tavuliata allo Scoglio di Frisio con Pulcinella negoziante di pelli”; il testo fu scritto da Carlo Guarini e venne rappresentato a Napoli, l’11 maggio 1900, al Teatro Nuovo dalla celebre Compagnia teatrale diretta da Giuseppe De Martino.
All’altrettanto glorioso Teatro Partenope il 18 marzo del 1902 venne rappresentato “’Na scampagnata ‘o Scuoglio ‘e Frisio”, brillantissima commedia in due atti scritta da Pasquale Petito e interpretata dalla Compagnia teatrale diretta da Enrico Petito.
(Foto gentilmente concesse dall’Autore)
Ciro Daniele