POLLENA TROCCHIA – 150 studenti dalle principali università di Gran Bretagna, Stati Uniti, Irlanda, Francia, Spagna e Australia sono stati ospiti nella cittadina vesuviana a Palazzo Cappabianca.
Per due mesi, gli archeologi – tra cui studenti dell’Accademia di Belle Arti napoletana – capitanati da Jessica Scarpelli, hanno riportato alla luce resti sepolti dall’eruzione del Vesuvio nel 472 d.C.
«L’attività di restauro dei mosaici e degli affreschi che stiamo portando avanti a Pollena Trocchia è una chiara prova di come sia possibile migliorare le condizioni dei siti archeologici in area vesuviana senza ricorrere a enormi progetti dello Stato centrale, è sufficiente il supporto dell’Amministrazione locale ed avere tanto entusiasmo. La Campania è ricchissima di monumenti storici e siti archeologici, che non godono della stessa attenzione e dei finanziamenti previsti per Pompei ed Ercolano. Il compito di archeologi, restauratori, e soprattutto delle amministrazioni locali, deve essere di restaurare e valorizzare questo enorme patrimonio, che solo in questo modo può diventare il motore culturale della popolazione tutta, non solo dei turisti» – dichiara la Scarpelli.
Il sito di Pollena Trocchia è aperto dal 2007: dopo essere stato scoperto nel 1988 ed essendo diventato una discarica abusiva, fu dimenticato. Finalmente, grazie agli archeologi partecipanti al progetto “Apolline”, diretto da Girolamo De Simone, e al sindaco di Pollena Trocchia Francesco Pinto, gli scavi sono iniziati.
L’amarezza di De Simone, però è evidente: «[…] Con tanto impegno e pochi fondi lottiamo costantemente per dare dignità a questo e ad altri siti minori della Campania. L’attenzione di Ministri e benefattori milionari, dal 1700 ad oggi, è sempre stata per Pompei ed Ercolano; il nostro modello è alternativo a quelli, poiché chiede l’interesse ed il supporto della comunità locale. Crediamo che tutti i siti archeologici in Campania debbano godere della stessa dignità e si debba riportarli in luce e restaurarli per ridarli alla collettività […]».
Insomma, scavi di “serie A” e scavi di “serie B”, limitati forse da un ritorno pubblicitario meno importante.
Ebbene, con il ricordo dei nubifragi di Pompei che hanno distrutto parte degli scavi senza troppe difficoltà, le domande che sorgono spontanee aumentano sempre più.
Quando non si può più contare sullo Stato centrale e sugli sponsor, non resta che chiedere alle amministrazioni locali. Questo il punto, in sintesi, sollevato da Girolamo De Simone.
Questo un altro duro colpo alla cultura da parte dello Stato, in un’Italia di ricchezze sepolte che hanno bisogno di ricorrere ai fondi già scarsi delle Amministrazioni comunali, per emergere.
(Foto: web)
Maurizio Iengo