NAPOLI – Nella storica sede del Pio Monte della Misericordia, istituzione benefica fondata più di quattro secoli fa ad opera di sette nobili napoletani, è allestita la mostra “La scuola di Resina”, aperta al pubblico dallo scorso 19 dicembre ed ora prorogata fino al 3 novembre 2013.
L’esposizione, che ha riscosso un notevole successo di pubblico, è dedicata alle opere della corrente artistica che si sviluppò a Resina, l’attuale Città di Ercolano, nella seconda metà dell’Ottocento ed offre la possibilità di ammirare i dipinti messi a disposizione dall’area museale della Provincia di Napoli e da collezioni pubbliche e private.
Sotto il comune denominatore di Scuola di Resina vanno annoverati nomi di artisti che per circa un ventennio, dal 1860 al 1880, dopo che Napoli dai Borbone passò ai Savoia, rinnovarono la vita artistica napoletana, mettendo da parte il rigido stile accademico ad imitazione dell’arte greca e romana e cercando nell’adesione ad uno stile naturalistico nuove forme d’espressione pittoriche, connotate dalla vivacità e dall’allegria, “favorita dalla socievolezza gioconda dei suoi cultori tra i quali si possono citare De Nittis, Rossano, Dalbono, Leto” (cit.).
Il pittore e studioso Beniamino Ascione puntualizzò che la confusione sulla definizione di “Scuola di Resina”, “Scuola di Portici” e “Repubblica di Portici” nacque dal fatto che l’ex palazzo reale di Portici, dove erano ospitati gli artisti,si trova al confine con Resina e per il fatto che il De Gregorio, capostipite del movimento, era originario di Resina.
La scuola fu battezzata ironicamente “Repubblica di Portici” da Domenico Morelli, pittore della Scuola di Posillipo.
“La Scuola di Resina” aderì ai rinnovatori fiorentini e agli impressionisti parigini di cui aveva fatto grande propaganda lo sculture macchiaiolo Adriano Cecioni, famoso per le raffigurazioni di spaccati di vita quotidiana. Questi artisti trovarono negli incantevoli panorami partenopei soggetti ispiratori per le loro tele.
Ben presto la scuola iniziò ad espandersi, staccandosi dalla scuola di Posillipo, di cui fu una naturale derivazione, con Marco de Gregorio, Federico Rossano e Giuseppe De Nittis, a cui si aggiunsero altri artisti minori.
Le modalità di rappresentazione di questi giovani paesaggisti, accomunati da una volontà deliberatamente antiaccademica e ribelle, erano in netto contrasto con quelle dei grandi vedutisti della scuola di Posillipo, i quali dopo l’intensa stagione artistica dominata dalla figura di Giacinto Gigante si focalizzarono esclusivamente su una raffigurazione precisa ed obiettiva del paesaggio.
Appassionato cultore della Scuola di Resina è il gallerista Salvatore Marciano di Portici che ospita presso la sua galleria, tra gli altri importanti paesaggisti napoletani dell’Ottocento, tre raffinate tele di autori della Scuola: Marco De Gregorio con un interessante lavoro dal titolo “ Bosco di Portici” che sintetizza l’opera dell’intera Scuola, restituendoci visivamente la rilassante frescura del luogo attraverso un raffinato gioco di luci e ombre; Vincenzo Caprile con la tela “Venezia. Impressioni dal vero”, quasi un bozzetto di un vicolo su un canale veneziano, dagli inconfondibili tratti e pennellate tipici dell’autore.
Sempre a Venezia, è ispirata la tela di Edoardo Dalbono,realizzata con colori ad olio dalle pennellate rapide e leggerein un’atmosfera oscillante tra l’onirico ed il realistico.
Di recente Salvatore Marciano ha presenziato, insieme ad altri studiosi ed appassionati d’arte, ad alcuni seminari ed incontri culturali nella cornice di Villa Mascolo a Portici, finalizzati a rinnovare l’interesse verso i movimenti artistici che hanno interessato l’area vesuviana e contribuito alla sua conoscenza anche all’estero.
Fondamentale è pertanto nella difficile opera di recupero e di salvaguardia dell’indiscusso patrimonio artistico partenopeo l’attività di quelle Istituzioni e di Enti pubblici e privati o la passione di singoli collezionisti tesa a valorizzare ciò che di memorabile e peculiare il nostro territorio ha da offrire.
(Foto: web)
Francesca Mancini