«Osservate, invece, come opera Elvira Donnarumma. Essa, appunto, perché possiede davvero un’anima. Sa che il doppio senso è un gioco superficiale,la malizia è un metodo sotto il quale si nasconde qualcosa di più e di meglio: la satira e il sentimento, la poesia e la realtà.
La sua voce non insiste mai con brutale violenza sulla frase, ma sorvola, insinua, lascia indovinare un mondo di significati trascendenti il cupo realismo, l’accoppiamento diviene idillio, la malizia assurge ad espressione d’arte.
I gesti completano la parola, commentano ma suggerendo, accennando non specificando, sono come un nuovo ritrovo, che si svolge parallelo al ritrovo del canto e aiuta il pubblico a rimanere in quella vaga indeterminatezza, cioè la facoltà di sentire, costruisce la base interpretativa di Elvira Donnarumma nel repertorio napoletano … » (da La Canzonetta, anno XVI, numero 14-15-16, 1914).
Si ricorda ancora di un espresso invito di Matilde Serao alla sua amica attrice Eleonora Duse: «Ti farò vedere una bella cosa», sottolineò la grande giornalista e scrittrice napoletana, mentre si stavano recando alla Fenice ad ascoltare la cantante.
Considerata fra le massime interpreti della canzone napoletana, se non la prima (n.d.a.: parere strettamente personale), aveva grande comunicatività ed espressività unica,era capace di coinvolgere immediatamente il pubblico in sala.
Elvira Donnarumma nacque il 18 marzo 1883 da modesta famiglia in uno dei quartieri più popolari della metropoli partenopea, il Pendino.
Interprete dalla voce pastosa, istintiva ma non potente, esordì giovanissima alla Birreria dell’Incoronata, piccolo caffè senza pretese; suoi quasi coetanei. i compagni di viaggio in quell’occasione furono la diciassettenne, bellissima Ersilia Sampieri (Torino, 1877 – Roma, 1955), che venne presentata al pubblico col nome di “Piccola andalusa” e Davide Tatangelo (Napoli 1883-1902), appena quattordicenne, meglio conosciuto come Davediello.
Direttore d’orchestra, accompagnatore, come del resto nella vita, della Donnarumma fu il quasi dimenticato Alberto Montagna (Napoli 1871-1907) che per un tragico, fatal destino, si spegnerà a soli trentasei anni e dello stesso male che in seguito priverà il mondo artistico della brava Elvira.
Elvira si esibì in seguito con grande successo nei più prestigiosi teatri partenopei; si ricordano tra gli altri il Circo delle Varietà e il Teatro Petrella.
La sua carriera raggiunse l’apice nel 1908, quando aveva già alle spalle più di un decennio di trionfi straordinari: si guadagnò il primo nome sul cartellone del Teatro Olimpia di Roma.
Il suo addio alle scene avvenne nel 1932; aveva inciso per le maggiori case discografiche italiane non meno di 300 canzoni.
Nella sua ultima esibizione concluse lo spettacolo eseguendo per il numerosissimo pubblico accorso per l’occasione Ll’addio!, profetico canto del cigno, capolavoro del duo Libero Bovio e Nicola Valente.
Ll’addio!
Che mm’hê purtata a fá cu te stasera?/ T”avevo ditto: “Che mme puorte a fá?”/ I’ tengo ‘a faccia janca cchiù d”a cera/ e tu nun tiene ‘a forza ‘e mme parlá…
Pusilleco!/ Mandulinata ‘e Napule/ sunata da ‘e ssirene …
Che mm’hê purtata a fá ‘ncoppo Pusilleco/si nun mme vuó’ cchiù bene?!
‘O ssaccio, nun si’ tu, ninno mio d’oro/ è ‘o core tujo ca nun mme cura cchiù./ Ma nun avé paura ca, si moro,/ io nun ‘o ddico ca si’ stato tu!
Pusilleco!/ Mandulinata ‘e Napule/ sunata da ‘e ssirene…
Che mm’hê purtata a fá ‘ncoppo Pusilleco,/ si nun mme vuó’ cchiù bene?!
La grande, grandissima Elvira si spense l’anno successivo a Napoli a soli cinquant’anni, minata dal cosiddetto” mal sottile”, la tisi. Era il 22 maggio 1933.
Ciro Daniele