ROMA – Il tema del convegno svoltosi il 16 gennaio a Roma, “Nel cuore dell’Eurasia”, prende spunto dal titolo del volume a firma del presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, ed illustra la realtà e la visione che del suo Paese e dell’intera regione eurasiatica il presidente kazako propone in occasione del rilancio della nuova capitale kazaka, Astana. L’evento, organizzato dall’Asia Trading Project e dalla Federlazio nelle prestigiose sale del Palazzo Generali in Piazza Venezia, ha visto gli interventi degli ambasciatori del Kazakistan, dell’Azerbaigian e del rappresentante commerciale dell’Uzbekistan, che hanno illustrato i progressi dei propri Stati in materia di sviluppo e le opportunità economiche e infrastruttuali per gli investimenti esteri. Questa regione è ancora nuova, quasi “esotica” per il pubblico italiano: tuttavia molte aziende del mondo del business (i cui rappresentanti sono intervenuti numerosi all’incontro) hanno già compreso le enormi potenzialità che i suoi Paesi offrono ai partner stranieri, così come nel mondo dei rapporti culturali molti studiosi sia italiani che dell’Asia centrale hanno mostrato un sincero interesse reciproco, aumentando così i legami personali e la reciproca conoscenza. L’incontro, coordinato per l’Asia Trading Project da Francesco Marcolini, ha visto intervenire come osservatori italiani gli studiosi Andrea Giannotti e Ermanno Visintainer, che hanno rispettivamente delineato l’importante profilo ricoperto nella storia attuale del Kazakistan da parte del presidente Nazarbayev e articolato l’importanza geopolitica della regione in questione.
Questi tre Stati, ricchi di risorse, hanno sempre goduto di un peso strategico significativo da un punto di vista geopolitico. Ex repubbliche sovietiche, i loro territori ospitano tuttora numerose basi militari e spaziali, impianti di estrazione di petrolio e gas, nonché una fitta rete di pipelines, fondamentali per l’approvvigionamento energetico dell’Occidente.
In particolare, il Kazakhstan rappresenta il cuore del continente eurasiatico (la heartland delle dottrine classiche della geopolitica) e rappresenta un tassello imprescindibile per la Russia attuale nell’opera di lancio e di promozione dell’Unione doganale eurasiatica, un’alleanza politico-economica voluta dal presidente Vladimir Putin come risposta alla progressiva espansione dell’Unione Europea nel cosiddetto “estero vicino”. Questa macro-regione costituisce al tempo stesso un ponte e una camera di decompressione tra i giganti asiatici della politica mondiale (la Russia e la Cina, non ultima l’India). A tal proposito l’ambasciatore del Kazakhstan Andrian Yelemessov, nel suo intervento, ha messo in evidenza il titanico progetto di costruzione infrastrutturale e urbanistica in corso di realizzazione ad Astana, capitale da soli 15 anni, la cui popolazione negli ultimi anni è raddoppiata (raggiungendo gli 800 mila abitanti circa). Lo spostamento della capitale da Almaty, troppo meridionale, nella più centrale Astana (che ricorda quanto deciso da Kemal Ataturk per la Turchia, la cui capitale da Istanbul venne spostata ad Ankara) ha richiamato da tutto il mondo i migliori architetti ed ingegneri per contribuire a realizzare questo ambizioso progetto in breve tempo: la nuova capitale kazaka ospiterà il WorldExpo 2017 dedicato all’energia, tema cruciale per il futuro del mondo, e dovrà costituire la migliore vetrina possibile per uno Stato che si sta affermando nel contesto internazionale.
L’Azerbaigian, uno dei tre stati indipendenti del Caucaso meridionale è quello più vicino all’Europa e ha storicamente rappresentato una regione “sensibile” sotto il profilo geopolitico. Baku, la capitale che si affaccia sul Mar Caspio ed è gemellata a Napoli, sta vivendo un periodo di straordinaria crescita (economica, commerciale, architettonica, infrastrutturale, culturale) e, nonostante il conflitto con gli armeni sia ancora aperto e restino ancora occupate alcune regioni del Paese, l’Azerbaigian risulta una delle realtà maggiormente promettenti per gli investimenti in ogni settore. I territori governati da Baku, grazie ai buoni uffici che intercorrono con Tbilisi, lo mettono in raccordo con il Mar Nero creando un vero e proprio sistema interdipendente di “mari interni”. Non bisogna, inoltre, dimenticare che i territori azerbaigiani costituiscono una vera e propria base logistica rispetto ad una regione “calda” per la sicurezza internazionale come quella del Vicino e il Medio oriente. Questa valenza gli è stata riconosciuta dagli Stati Uniti d’America che, dopo il gelo degli anni Novanta, hanno progressivamente intensificato i rapporti bilaterali. In tale contesto l’ambasciatore dell’Azerbaigian Vaqif Sadiqov ha affrontato la delicata e importante questione energetica, evocata volte durante la conferenza: ha sottolineato come la cooperazione nel settore del petrolio e del gas è tuttora di grande importanza per il Paese, ma recentemente sta avvenendo un cambiamento strategico decisivo nel settore dell’innovazione e delle alte tecnologie, motivo per cui l’Azerbaigian è particolarmente interessato ad acquisire il meglio del “made in Italy”, non solo come prodotti ma anche come “know how” e processi di produzione.
L’Uzbekistan, infine, è lo Stato che ha mantenuto una maggiore posizione di “equivicinanza” tra Mosca e Washington, alternando negli anni gli orientamenti e il posizionamento internazionale. Dal punto di vista geografico risulta un territorio fondamentale per il controllo dei movimenti di instabilità in tutta l’Asia centrale e, soprattutto, per monitorare le attività del terrorismo islamico nella cosiddetta regione Afpaq (Afghanistan-Pakistan). In questa prospettiva l’uso delle basi uzbeke è risultata decisiva nella prima fase della missione Enduring Freedom nel vicino Afghanistan. Da un punto di vista economico e commerciale, il consigliere uzbeko Timur Rahmanov ha presentato le ottime condizioni esistenti in Uzbekistan volte a favorire gli investitori stranieri, invitando a scoprire uno tra i Paesi meno conosciuti al pubblico italiano.
Un coté (e un atout) per un approfondimento culturale su questi Stati risulta anche la fratellanza etno-culturale che i popoli turcofoni vantano dalla notte dei tempi: cioè di stirpi nomadi provenienti dall’Asia centrale e dalla regione del Turan (da cui il principe Turaj, o Turan). Antiche tradizioni legano queste tribù dunque da una comune origine etnica, che tra fine Ottocento e inizio Novecento alcuni studiosi hanno sistemizzato in tre stadi etno-genetici (con rispettivi progetti geopolitico-ideologici) concentrici: i turchi ottomani costituenti l’unica nazione di Turchia (Türkiyecilik); le popolazioni turche Oğuz (Oğuzculuk), cioè del comprendenti così i vari popoli “pan-turchi”, tra cui gli azeri e le nazioni turciche centro-asiatiche; infine le stirpi turaniche, dal ceppo ugrico a quello uralo-altaico, fino ai popoli mongolo e giapponese dell’estremo oriente asiatico, sulla base della comunanza “turanica” (Turancılık), simboleggiata dal lupo “grigio” della steppa (Bozkurt).
Nell’approcciarsi a tutta quest’area sembra molto importante superare la mentalità della “Guerra fredda” con cui troppo spesso si pensa ancora allo spazio post-sovietico, dividendo il mondo in blocchi contrapposti. È il momento di aprire gli orizzonti e guardare alle nuove realtà, che solo a prima vista sembrano lontane, ma a uno sguardo più attento risultano straordinariamente interessanti e foriere di nuove sinergie.
Andrea Carteny e Gabriele Natalizia