NAPOLI – Inaugurazione dei corsi di studio sull’esoterismo mondiale all’Associazione di Studi Rrmetici venerdì 31 gennaio al Vomero in via Enrico Alvino, adiacente piazza Vanvitelli
L’inizio dei corsi ha visto la conferenza dello scrittore Michele Di Iorio, la prima di un ciclo di dodici lectio che si terranno nell’arco di tre mesi.
Il primo appuntamento, conclusosi con una cena conviviale, ha visto la partecipazione di ben trentotto iscritti.
Il tema della prima conferenza è stato incentrato sulla storia e significato della festa della Candelora, che quest’anno è caduta domenica 2 febbraio.
La Festa cristiana della Candelora è il nome tradizionale dato alla solennità della Presentazione di Gesù al Tempio, quando in tutte le chiese i fedeli partecipano alla liturgia della luce, ciascuno con una candela.
Come avviene di solito, la festività cattolica ha origini pagane, in questo caso celtiche; diffusasi tra Celti e Celtiberi nordeuropei dopo la distruzione di Atlantide e in special modo in Italia, tra popolazioni italiche di ceppo etnico celta, con diversi sviluppi locali, come quello della Campania pregreca e preromana delle popolazioni osche sedicine, pacifiche, agricole, pastorali, oltre i più bellicosi Osci Aurunci dell’alto casertano.
A Napoli intorno al 1050 a.C. i primi coloni Greci venuti dall’isola di Ischia per esplorare la costa incontrarono le popolazioni nomadi dei Cimmeri, abitanti delle spelonche provenienti in tempi remoti dalla Grecia che si erano stabilite in Puglia e Sicilia, arrivando poi in Campania.
I Cimmeri scavarono le grotte platamoniche di Napoli e della Cuma pregreca fondando il famoso villaggio osco di Cuma nel 930 a.C. e gli insediamenti oschi celtici di Sessa Aurunca, Boscotrecase, Trecase, Boscoreale, dove successivamente subentrarono stabilmente i coloni greci di Ischia dall’anno 730 a.C. in poi.
Dopo l’incontro pacifico con gli Osci e i Celti della Campania, i Greci di Cuma scavarono l’acquedotto che alimentava la loro nuova città di Partenope nel 680 a.C.; seguendo il fiume Sebeto trasportarono a Cuma nel sacrario di Apollo la statua del dio celtico Bolla, il bambino di legno dorato che poi fu ribattezzato Apollo bambino dai greci cumani.
Le popolazioni osche della Campania convissero tranquillamente con gli Etruschi che avanzavano dal Lazio nell’alto casertano, nel salernitano, fondando Capua, Castelvolturno e Marcina, con i tre villaggi di Cava de’ Tirreni, Vietri e Fratte, il primo nucleo della Città di Salerno.
Sconfitti gli Etruschi nel 514 a.C. sotto le mura di Cuma, i Greci cumani e i loro alleati osci sedicini fondarono Miseno, Pozzuoli, Ercolano, Nola, Acerra, Neapolis o nuova Napoli, ricostruita sulla precedente Palepolis, e Salerno.
La vittoria definitiva sugli Etruschi avvenne nel 476 a.C. nel golfo di Napoli tra Ischia e Cuma, dove la flotta etrusca fu incendiata da quella greca, alleata dei greci di Agrigento e di Siracusa, e con i sempre fedelissimi celti osci.
La venuta in Campania delle truppe romane chiamate dai greci di Cuma contro gli Etruschi e gli Asci Aurunci, sancì l’alleanza e il dominio confederato tra etnie diverse; i Romani, come erano soliti fare, protessero leggi e religioni già esistenti, dando autonomia ai fedeli abitanti della Magna Grecia, costituendo entro il 90 a.C. moti liberi municipi seppur soggetti alla Roma repubblicana.
Le popolazioni greche e osche celtiche erano devote a culti solari e di prosperità universale, mentre i fatalisti etruschi praticavano culti lunari.
Nei culti solari annuali dei Celti e degli Osci il calendario lunare solare celtico iniziava il 31 ottobre – l’attuale Halloween – con riti agricoli di fertilità. Come si può notare, partendo da feste popolari, propiziatorie, augurali e di benessere dedicate a divinità archetipi boscherecci, pacifici, come Bacco, Pan, Cernunno, Aradia figlia della Luna, si arriva a solennità cristiane.
IL 31 ottobre di ogni anno cadeva la festa dei fuochi d’inverno; era il giorno in cui i defunti ritornavano simbolicamente tra i vivi; ogni sbaglio, peccato, dubbio, incertezza, negatività dell’adepto – allo stesso modo della kabbala, del martinismo, del rosacrucianesimo, di Giordano Bruno, il martire delle ipocrisie umane, maestro dei maestri dell’antica Schola napolitana.
Il nigredo, ovvero il nero della propria putrefazione interiore avviava e preparava all’incandescenza di fuoco della successiva festa del solstizio d’inverno o yule del 21 dicembre, per trasformarsi nella fase alchemica spirituale del rubedo, ovvero il rosso d’incandescenza.
Queste sono le basi su cui si innestano gli studi iniziatici di tutte le forme tradizionali occidentali e popolari antiche o più vicine a noi.
La Candelora, chiamata in celtico Imbolc e Candelmas dai cristiani, ha conservato nei secoli il profondo significato di purificazione dell’aria, dopo quella del fuoco e della terra.
La primavera ermetica prepara a quella meteorologica della natura, l’albedo o bianco degli alchimisti, degli gnostici, dei rosacruciani e martinisti, opera al bianco su tutti noi, prima di abbracciare la festa equinoziale della primavera e quella estiva del solstizio di giugno, gradualmente, in modo tranquillo, sereno, naturale, con un lento lavorio per portare alla certezza dell’esistenza dell’anima negli uomini, nei fratelli animali, nelle sorelle piante, come affermava il grande iniziato San Francesco d’Assisi, lo stesso concetto ribadito in kabbala e in cristianesimo: la scintilla divina, l’ain sopht gnostico kabbalistico caro ai rosacruciani e ai martinisti.
Michele Di Iorio ha concluso la conferenza con una catena fraterna per tutti i presenti e assenti sparsi ovunque nell’Universo, un augurio di prosperità a lume di candela, un rito propiziatorio accolto con grande umiltà e gioia dai partecipanti di diversi credi e scuole ermetiche della Campania.