NAPOLI – Al Teatro Elicantropo giovedì 6 marzo è andato in scena Pazza d’amore, monologo teatrale del 1984 di Dacia Maraini; sarà in replica fino a domenica 9.
La regia è a cura di Emanuele Vezzoli; gli interpreti Sara Pallini e Antonio Lovascio. Disegno luci di Marco Zara; musiche di Federica Clementi eseguite da Pino Clementi. Organizzazione a cura di Carlo Dilonardo.
Quando Dacia Maraini scrisse questa profonda satira sulla comunicazione dei mezzi televisivi, forse nel suo immaginario già vedeva riflesso il linguaggio dei reality show di oggi spopolano.
Se avesse o no in mente il format che va attualmente per la maggiore, ciò che accomuna l’ieri all’oggi e che risalta nella sua intense pièce Pazza d’Amore, un ritratto di degradazione dell’essere umano ad opera dei contorti meccanismi che governano le leggi del quarto potere, è una storia che ruota intorno al racconto senza pudore di una giovane meretrice che dalle pareti di uno studio televisivo conduce con veemenza nel frammentato mondo femminile attraverso i suoi ricordi, narrati in prima persona e interpolati dalla presenza-assenza del regista-intervistatore, interpretato da Antonio Lovascio.
Spinta dalla migliore amica e collega, che si scopre poi essere lo stimolo motivazionale dei suoi sentimenti ed azioni, nonché l’oggetto del suo innamoramento, viene obbligata dall’intervistatore a svelare i sui segreti professionali, con la formale esortazione ad esprimere commoventi tematiche sociali ed il recondito e scontato obiettivo di incrementare gli indici di ascolto con i piccanti particolari dell’esperienze legate al suo lavoro notturno.
Dapprima eccitata dai riflettori e microfoni, confusa dalle palpitazioni emozionali che la vedono per la prima volta parlare davanti ad una telecamera, Renza inizia ad acquisire sicurezza nel dipanarsi dei racconti, quando attinge ai particolari delle sue squallide storie di letto con un senso di straniamento e critica dell’universo maschile.
Al contempo, un senso di debolezza e attrazione nei confronti del suo stesso sesso la pervade, per il particolare triangolo psicologico a cui è spesso sottoposta da una coppia di colleghe ed intime amiche.
Una logica dove la sincerità diviene morbosità e l’amore solo un altro ricatto. Il risultato è alquanto grottesco. Ancora una volta lo spettacolo è foriero di un tema ricorrente nella nostra società, quello della mercificazione declinata al femminile e degli intenti informativi della TV sulla quale è bene interrogarsi, oggi come ieri, soprattutto in un momento in cui è forte l’eco di un’evidente strage delle donne.
Storie di ordinaria follia quotidiana, che si consumano ogni giorno sui nostri canali televisivi, senza pietà per chi le subisce e anche per chi vi assiste.