ROMA – Uno straordinario, attuale messaggio di verità è all’origine del progetto che ha già riscosso un importante successo nelle precedenti edizioni al Centro di Cultura contemporanea di Barcellona e alla Cinemateque Française di Parigi: Pasolini – Roma, visibile al Palaexpò fino al 20 luglio prossimo.
L’impegnata esposizione su Pier Paolo Pasolini è frutto della collaborazione di illustri critici cinematografici, come Jordi Ballò e Alain Bergala, nonché di Gianni Borgna, che, colpito da una malattia che lo ha sconfitto lo scorso febbraio, vi dedicò gli ultimi mesi di vita.
Programmata in 6 sezioni cronologiche, propone scene emblematiche di film cult del grande regista quali Mamma Roma, L’accattone, Uccellacci e uccellini, scatti inediti al fianco della Magnani o della Callas, nonché disegni inediti, autoritratti, manoscritti originali di poesie, saggi, articoli e sceneggiature.
Pasolini – Roma ripercorre i 25 anni vissuti nella capitale dal creativo friulano, da quando per l’appunto arrivò dal paese di Casarsa (Ud) insieme alla madre malata il 28 gennaio del 1950, dopo essere stato rimosso dall’insegnamento ed espulso dal Partito Comunista, fino alla terribile morte avvenuta nella notte tra l’1 e il 2 novembre del ’75.
Il lungo soggiorno romano fu caratterizzato dal rapporto sempre controverso che Pasolini ebbe con la capitale,come nelle più comuni relazioni passionali; fu alternato da fasi di forte attrazione a momenti di ripudio che incitavano Pasolini ad allontanarsene.
Roma, teatro del secondo dopoguerra, ispirò quasi la sua intera produzione artistica e diede forte impulso alla composizione dei due celebri romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta; soprattutto del primo, incentrato sulla corporalità rappresentata dal sottoproletariato urbano che vive di espedienti accaparrandosi qualsiasi cosa da rivendere, non di rado tombini di ferro, copertoni e tubi.
Nei racconti del romanzo scritti sia nel dialetto romanesco dei personaggi che nell’italiano borghese dell’autore, le borgate di Roma diventano l’emblema di un universo a sé stante, ingenuo nelle sue barbarie, ma che preserva i valori positivi cancellati dal progresso tecnologico.
Simbolica è infatti l’episodio del tuffo di Riccetto nel torbido Tevere nell’intento di salvare una rondine intrappolata nella melma.
Anche durante il movimento del ‘68, in modo fervido Pier Paolo Pasolini fu sempre a favore del proletariato nel difendere i poliziotti di quell’origine e non gli studenti cosiddetti capelloni.
«Le loro maschere messe sulla faccia, rendendoli laidi come vecchie puttane di un’ingiusta iconografia non dicono più cose di sinistra, ma alludono a cose di destra. Il ciclo si è compiuto», così recitava un suo celebre discorso del ’73.
Presenti nella Mostra anche numerosi riferimenti alla vita privata del versatile artista, nonché ai 32, forse paradossali processi subiti, in uno dei quali fu chiamato a difendersi dall’accusa di favoreggiamento per aver dato un passaggio a due coatti precedentemente coinvolti in una rissa.
Dunque la riprova della volontà di perseguitare un uomo che non nascose mai la sua diversità, lottando fino alla fine per affermare le sue rivoluzionarie idee e le angosce verso l’evoluta società italiana. Appunto una società arida e consumistica.
Tra un bagno e una tintarella gli estimatori del profeta corsaro Pier Paolo Pasolini avranno tempo fino al 20 Luglio per recarsi al Palazzo delle Esposizioni e visitare la Mostra Pasolini-Roma: un viaggio in compagnia di uno dei maggiori artisti italiani del xx secolo, capace di vivere da russo ovvero in stretto legame con il popolo, il compito civile dell’intellettuale e il mandato del poeta.
Una Mostra che come il suo grande protagonista promette di commuovere, irritare, intenerire.
Nina Panariello