NAPOLI – La finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, oltre a mettere in palio il trofeo nazionale, doveva essere celebrare una giornata di festa per lo sport.
Tante le persone in attesa del fischio d’inizio previsto per le 21 allo stadio Olimpico di Roma, dai gruppi di tifosi giunti nella capitale da Firenze e Napoli alle tante famiglie ed amici riuniti nelle proprie abitazioni che aspettano solo il collegamento tv per poter iniziare a tifare per i colori di appartenenza e godersi lo spettacolo che sicuramente avrebbero offerto due squadre votate al calcio offensivo. Doveva essere e non è stata così quella che ieri verrà ricordata come la finale della vergogna.
Gli striscioni, quelli goliardici e non offensivi erano pronti, le persone di ogni età (molti dei quali bambini) presenti allo stadio si preparavano a trasformare ogni emozione per un azione e per un gol in grida di gioia. Al di fuori del rettangolo di gioco verso le 18.30, va in scena un’altra partita che con il calcio non c’entra nulla. Agli striscioni e al tifo, si sostituiscono sirene di ambulanze e grida di terrore, improvvisamente il clima di festa diventa dolore per le famiglie in attesa di notizie sulle condizioni dei propri cari. In molti sono a chiedersi cosa fosse successo, tante le notizie che circolano, alcune conferme e molta disinformazione si diffondono rapidamente.
In un clima surreale mentre allo stadio si decide se giocare o meno, un tifoso napoletano giunto a Roma come tanti per godersi una partita di calcio e sostenere la squadra della sua città, si gioca la vita nel letto di un ospedale. Il giovane sarebbe stato ferito in modo grave da Daniele de Santis di anni 48 ed originario della capitale, già noto alle forze dell’ordine. Secondo la ricostruzione fatta dalla Digos, il gruppo di supporter azzurri in cui si trovava Ciro Esposito, sarebbe stato preso di mira da De Santis che, dopo aver lanciato fumogeni ed inveito contro di loro con parole di ogni genere, avrebbe aperto il fuoco lasciando sull’asfalto sia Ciro Esposito di anni 27, ferendolo in modo grave alla spina dorsale, sia un altro tifoso azzurro rimasto colpito dai colpi ad un braccio ed una mano. Questo non è sport e le azioni criminali e premeditate non hanno nulla a che fare con un gioco.
La coppa della vergogna, così verrà ricordata la partita di ieri e poco importa il risultato finale o lo svolgimento della gara quando un ragazzo rischia la vita solo perché colpevole di appartenere ad una città ed un tifo diverso. Dietro una palla, si nasconde un gesto folle persone violente che con il gioco del calcio non hanno a che vedere niente e non rappresentano squadra, società e colori della propria città ma, sono la manifestazione evidente del malessere che inquina e distrugge sogni e speranze di crescita sociale del paese.
Antonello Chiaese