Lungo l’ultimo tratto della strada Regia delle Calabrie in territorio porticese, poi denominato salita di Sant’Antonio, che dal centro di Portici porta faticosamente alla vicina Resina, di fronte alla chiesa e all’annesso convento dei Frati Minori Conventuali, in origine dedicato a San Francesco d’Assisi, il signor Nicola Ballia o Balle (Valle), su un ampio terreno di sua proprietà, nel XVI secolo fa costruire un bel edificio, per stabilirvi la residenza della sua famiglia.
Palazzo Valle, viene innalzato in agro di Portici in epoca di molto antecedente all’insorgere del fenomeno settecentesco della “moda” delle ville di delizie, dove passarvi la villeggiatura, affermatasi intorno al 1720.
Fenomeno che si intensifica ulteriormente dopo il 1738, perché le facoltose famiglie di nobili cortigiani, avvantaggiandosi dell’esenzione fiscale di cui gode il casale vesuviano, elevato a Real Villa di Portici, e per seguire da vicino gli svaghi suburbani della corte, sono tutte spinte dal desiderio di avere una loro villa, in prossimità della reggia porticese.
Infatti, in quel tempo, vale a dire nel XIV secolo, gli appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia dalla vicina Napoli hanno già voluto in questo luogo costruire le loro case di campagna o acquistare degli immobili già esistenti per vivere giorni lieti e tranquilli e per godere della amenità clima, della salubrità dell’aria e dei benefici effetti curativi delle acque minerali, che vi sgorgano, prima ancora che il territorio porticese diventi il centro della vita mondana della corte borbonica.
Il palazzo, tra i più considerevoli edifici esistenti a Portici, dopo il Palazzo Reale, può vantare una storia così intensa come nessun altro edificio porticese.
Fra le mura del palazzo quanti uomini hanno vissuto, quanti sono passati, quante vicende hanno avuto luogo.
Originariamente costruito per assolvere la funzione di residenza gentilizia, nel corso dei secoli, il palazzo non solo ha mutato la sua destinazione d’uso, ma progressivamente nel tempo ha visto modificare anche la sua struttura architettonica a seconda del caso, adattandola all’occorrenza: prima sede d’alloggi della Corte borbonica, nei periodi di residenza a Portici dei sovrani di Napoli, poi esclusivamente militari, dopo l’Unità d’Italia.
Se le mura potessero parlare, quindi, quante cose ci racconterebbero, che quantità di sorprese e quanta meraviglia susciterebbero nell’ascoltatore.
Il sontuoso edificio, dalle dimensioni di 300 palmi di lunghezza per 200 palmi di larghezza, pari a 79,38 per 52,92 metri, ha un impianto planimetrico dalla forma rettangolare, che si sviluppa intorno al cortile centrale.
L’impianto strutturale del magnifico edificio, grandioso per severità di forme, realizzato in muratura portante, si articola su due piani sovrapposti a quello rialzato.
Lo stabile presenta un’elegante facciata di spiccato gusto neo-classico, ripartita in tre campi, dove, “il prevalere dello sviluppo nel senso orizzontale viene attenuato dai risalti delle due zone estreme e dal diverso trattamento, a ricorsi orizzontali, dell’intonaco delle loro superfici”.
Infatti, mentre quello centrale è trattato a intonaco liscio, quelli laterali sono, invece, trattati a bugnato liscio per tutta l’altezza del fabbricato.
La facciata laterale nord e quella posteriore della fabbrica ripetono gli stessi risalti delle parti estreme della facciata principale.
La parte bassa delle pareti delle facciate è protetta da una zoccolatura formata da grosse lastre di piperno, che dal ciglio stradale raggiunge la prima fila di finestre. Quella della facciata, che dà sulla salita Sant’Antonio, seguendo il livello stradale, va progressivamente degradando.
Nel campo centrale della facciata principale si evidenzia notevolmente un bel portale d’ingresso. Anch’esso di chiaro gusto neo-classico con bugne è fiancheggiato da due lesene lisce, che fanno da cornice al grande massiccio portone in legno.
Sopra il portone si evidenzia un’artistica rosta di ferro, a forma di trapezio e con doghe disposte a losanga, la quale, al centro della parte bassa, presenta un altorilievo triangolare in gesso, di chiara ispirazione mitologica.
A difesa del portone dagli accidentali urti dovuti alle errate manovre d’entrata dei carri, ai lati dello stesso, vengono fissate due colonnine in pietra lavica.
L’intera facciata fronte strada nella sua interezza, eccetto l’unico balcone al centro del piano nobile, è caratterizzata dalla presenza di sole finestre.
Mentre soltanto le finestre del piano nobile sono sovrastate da un frontone, quelle del primo piano e del piano rialzato, invece, sono munite di artistiche grate in ferro battuto.
Il balcone, in asse con il portone, è costituito da un piano di calpestio in piperno sorretto da due mensole dello stesso materiale e presenta il vano sormontato da un timpano di forma semicircolare.
L’androne, con volta a botte a cassettoni tinteggiati in bianco, è suddiviso in tre spazi con pilastri su cui poggiano archi a tutto sesto: quello centrale è adibito al transito carrabile, mentre i due laterali sono riservati al passaggio pedonale.
Superato l’androne, nel centro della costruzione si nota uno spazioso cortile quadrangolare, delimitato da scuderie e rimesse.
I tre accessi, che portano ai piani superiori, sono tutti ubicati sulle ali laterali del “casamento”: uno nell’androne e due sui lati lunghi del cortile.
Un grande scalone a due rampe e una bella e ornata scala nell’ala a nord-ovest, un’elegante singolare scala a chiocciola, costruita senza perno centrale e con gradini in pietra di piperno, che si sostengono per sovrapposizione, al vertice delle ali a sud-est ed est, consentono quindi un’agevole salita agli alloggi del primo piano.
Adesso, delle caratteristiche prevalentemente settecentesche perdute a seguito delle continue diverse alterazioni subite dal palazzo nel corso degli anni unici elementi superstiti restano i due scaloni e la scala a chiocciola.
Stanislao Scognamiglio