Cos'è la storia, II parte

Cos'è la storiaComunismo = definizione di bene comune.
Gesù è stato il primo grande comunista della storia: ha donato se stesso per la causa. Questo sì è il vero comunismo, non quello professato da uomini di potere, che in suo nome fanno e disfano il destino d’intere Nazioni.
Politici, capaci di professare ideologie d’eguaglianza, si pongono a capo di partiti, supportati inconsapevolmente dalla massa sedotta con vaghe promesse di benessere.
In seguito poi guidano il popolo come una gregge di pecore e, come pecore – quando il pastore crede opportuno – vengono sacrificati all’altare della superbia, del potere.
Alla fine della seconda guerra mondiale, quando ormai tutto era perduto, battaglie, guerre, colonie, con gli alleati sbarcati sulle coste italiane è nata la Resistenza partigiana. Dalla fine della guerra ad oggi non si è parlato d’altro.
Gli eroismi più alti, più fulgidi fanno parte della  retorica degli storici moderni, rivolta solo a loro, i partigiani fautori della Resistenza. (vittoriosi con gli alleati).
Gli atti d’eroismo del nostro esercito, le battaglie e la conquista delle colonie d’Africa, la guerra di Russia, d’Albania, di Grecia non sono mai esistiti. Facevano parte delle imprese dei perdenti.
A tutti questi uomini, soldati morti per la Patria, è stato dedicato a malapena qualche ricordo di pragmatica.  La storia fatta scrivere dalla nuova classe politica li ha voluti dimenticare, facevano parte dell’esercito perdente. La storia è scritta solo dal vincitore e dai suoi alleati.
Quale film, quale documentario negli ultimi sessant’anni ha raccontato gli atti d’eroismo, le tribolazioni, le battaglie sostenute, vinte o perse con onore, con amor patrio dai nostri soldati italiani in tanti anni di guerra e in varie parti del mondo.
Poco, o niente si è narrato a riguardo di sofferenze ed umiliazioni subite dai nostri militari prigionieri degli alleati nei campi di concentramento in India.
L’inadeguatezza dei rifornimenti alle truppe in zona di guerra, il vestiario e le calzature d’infima qualità, le armi, tutto sabotato da affaristi nazionali, che pur di fare soldi boicottavano le forniture militari, facendo soffrire i soldati, i loro connazionali mandati al fronte.
Di queste cose non ne ha parlato nessuno; sono avvenute, ma la politica del vincitore ha imposto il silenzio a tutti gli storici, dando ampio spazio a chi tirava l’acqua per il mulino del partito degli opportunisti.
Come non si è detta per decenni la verità sulla tragica morte di Benito Mussolini e Clara Petacci a Dongo. Il partito, con la connivenza dei democratici, ha inscenato la farsa della fucilazione, bevuta come nettare da gran parte degli ignari Italiani. Dopo sessantanni e più si vorrebbe sapere uno straccio di verità, oramai non fa più notizia, tanto bene a suo tempo era stata inscenata la farsa, con la relativa esposizione dissacratoria, inumana di piazzale Loreto.
Da un programma televisivo trasmesso su Rai Storia, è uscita una verità diversa sulla morte di Benito Mussolini e Clara Petacci, la più plausibile di tante finora dateci in pasto nel dopoguerra, come polli dell’ultima ora.
Il reportage mostrava la casa in cui la coppia era stata tenuta prigioniera, una volta arrestata dal manipolo partigiano; raccontava il conduttore che i due partigiani di guardia presenti la sera dell’arresto, invaghiti dall’avvenenza di Clara Petacci, misero in atto l’intenzione di violentarla. Il duce allora si erse a difesa della sua amante, uno dei due gli sparò una fucilata ad una gamba e Clara, nello scompiglio, riuscì a fuggire.
Scese probabilmente di corsa le scale e fu raggiunta da una fucilata sparata dalla finestra del piano superiore dallo stesso partigiano che aveva sparato a Mussolini; lo stesso partigiano, rivolse poi l’arma verso il duce, freddandolo a bruciapelo: oramai la frittata era fatta non potevano più lasciarlo in vita.
Avvertito con una telefonata, il Comitato comunista nazionale presieduto da Luigi Longo prese la palla al balzo ed inscenò la farsa della fucilazione, perpetrata fino ai giorni nostri.
In seguito, tutti coloro che ebbero parte attiva al delitto ed alla copertura dello stesso, furono trovati morti in breve tempo.  Probabilmente uccisi per tappare loro la bocca: avrebbero potuto svelare la  verità scomoda e controproducente: un bicchiere in più bevuto da uno di loro e tutta la storia si sarebbe ritorta contro il Comitato.
Breve aneddoto.
Un sottufficiale alpino che ha vissuto e combattuto la guerra sul Don, in prima linea, quando la coscienza pubblica cominciava a ridestarsi dal torpore imposto, con l’umanità semplice e pura del montanaro, ha scritto e pubblicato la storia dei suoi giorni passati in trincea, sotto i bombardamenti, le immani tribolazioni, le umane sensazioni, i rapporti con il popolo occupato, il racconto delle battaglie e della ritirata di Russia.
Oggi è annoverato per le sue capacità narrative fra i più grandi scrittori italiani contemporanei: Mario Rigoni Stern, nostro compaesano, figlio dell’Altopiano dei Sette Comuni.
A lui è dovuto l’Onore di aver raccontato, in modo chiaro e toccante, i giorni infausti della guerra, un pezzo di storia vera.
A lui va tutto il nostro plauso, essendo stato fra i pochi a ricordare i suoi compagni caduti in battaglia e ad esaltarne doti ed eroismi.
Così la penso io.
Fine II parte

 Gilberto Frigo,  l’uomo del nord

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