Molti avevano dato la squadra per finita dopo gara 7 della scorsa stagione. Duncan 37 anni, Ginobili 35, Tony Parker 32, 4 titoli vinti e i Miami Heat a festeggiare il titolo per il secondo anno di fila.
Ma gli Spurs non hanno voluto arrendersi e, dopo un campionato lungo 105 partite (82 di stagione regolare più quattro serie di playoff), nella notte di lunedì 16 giugno, si sono presi la loro rivincita.
E lo hanno fatto giocando il miglior basket della Lega, fatto di movimento di palla, di difesa organizzata e di carattere. Proprio il carattere, assieme all’esperienza, non è mancato ai veterani degli Spurs, su tutti Duncan e Ginobili: l’argentino è stato l’uomo dei momenti decisivi ed ha gestito lui i possessi nelle fasi più delicate delle partite; Tim Duncan ha superato il record di minuti giocati e di doppie-doppie (punti e rimbalzi) realizzate nei playoffs (superato Magic Johnson); il trio Duncan- Ginobili- Parker si è consacrato come il più vincente della storia Nba, sempre nei playoffs, con 117 vittorie.
Grande contributo è stato dato da Kawhai Leonard – terzo giocatore più giovane a ricevere il premio di MVP delle Finals dopo Magic e lo stesso Duncan – con oltre 20 punti di media e marcando Lebron James; così come dal francese Diaw, che è stato una chiave della serie con assist, rimbalzi e giocate importanti nelle due metacampo.
Ma i texani non hanno vinto grazie alle individualità. Gli Spurs sono una squadra atipica, hanno 8 giocatori non americani nel loro roster e giocano una pallacanestro di respiro decisamente europeo: questo grazie all’abile regia di coach Popovic, il quale ha gestito al meglio ogni singola partita di una stagione perfetta che, conclusasi con il 5° titolo, potrebbe anche essere l’ultima dopo 18 anni alla guida degli Spurs. Così come potrebbe esserlo per Duncan, il caraibico dalle Isole Vergini, leader silenzioso di una delle franchigie più vincenti della storia Nba.
Se per San Antonio un ciclo può dirsi concluso in bellezza, scenari tutt’altro che sereni si aprono sui Miami Heat. I Big Three – James, Wade e Bosh – hanno la possibilità di uscire dal proprio contratto al termine della stagione e, dopo due Finali e due titoli in quattro anni, il fallimento del terzo anello consecutivo potrebbe concedere dei colpi di scena per Lebron e compagni.
Lui, il Re, ce l’ha messa tutta. «Follow my lead, seguite la mia guida», era stata la chiosa del suo discorso pre-partita rivolto alla squadra. Ma forse è stata la sua stessa onnipotenza sul parquet a togliere sicurezza e ritmo ai compagni che, quando non sono stati trascinati dalle giocate del loro leader, sono apparsi appannati e senza motivazioni.
Ci si aspettava di più nella serie da un Dwyane Wade da 15.2 punti di media nella serie, ma con scarsa presenza sul campo, soprattutto nei momenti di difficoltà. Ed è mancato completamente l’apporto del playmaker alaskano Chalmers (6 punti scarsi e 3.5 assist nella serie).
E dire che a inizio gara 5 la reazione Heat c’era stata: con 16 punti, 8 rimbalzi e 2 stoppate James, che carica a testa bassa prendendosi la squadra sulle spalle, e consente a Miami di chiudere il primo quarto 29-22.
Ma nel secondo quarto San Antonio alza il ritmo in difesa e con tre canestri consecutivi in area di Duncan ed una tripla di Leonard raggiunge il primo vantaggio. Grazie ad una sonora schiacciata e a una tripla, Ginobili (14 punti nel primo tempo, con 8 nel solo secondo quarto) rafforza il vantaggio per i texani che chiudono il primo tempo 47 a 40.
Miami, dopo i 29 del primo quarto, ne segna altrettanti nel secondo e terzo messi assieme. Terzo quarto dove gli Spurs danno lo strappo decisivo alla partita: 14 punti per l’australiano Mills (4 su 4 da tre punti) e una, pesantissima, per Ginobili portano gli Spurs a +19. Miami si è decisamente raffreddata e nell’ultimo quarto entra in partita anche Tony Parker che era 1 su 11 dal campo: ne mette 14 e San Antonio vince 104-87, chiudendo la serie 4-1. Inutili i 31 con 10 rimbalzi di Lebron.
Marco Belinelli conquista il primo titolo Nba per un italiano siglando 4 punti con 2 su 3 dal campo.
Gianlorenzo Attanasio