Nella bellissima Città di Salerno, nella mattina del primo giorno di luglio, tra il lungomare Cristoforo Colombo e la spiaggia di via dei Mercanti non lontana dal porto, dopo l’antica Trattoria della Neve, tra un allegro via vai di bagnanti, lavoratori e turisti, mi sono fermato in un grazioso bar dopo il Teatro Verdi con quattro ragazze studentesse di archeologia, Angela di Cava de’ Tirreni, Lucia di Pontecagnano, Emilia di Salerno, Tonia di Fratte, accompagnate dal professor Luigi Caracciolo. Parliamo di ricerche, di eventi misteriosi che ruotano intorno agli Etruschi di ieri e … di oggi.
Salerno venne fondata dai Tirreni o Etruschi nel 900 a.C., durante la loro pacifica espansione coloniale in Campania. Questo popolo annoverava contadini, pastori, allevatori, architetti, ingegneri, medici, poeti, scultori, pittori,sacerdoti e sacerdotesse, astronomi, soldati e navigatori; dal 1250 a.C. si hanno notizie della loro presenza in Toscana o Etruria, dove avevano dato vita a città come Populonia, Vetulonia, Volterra e Arezzo.
Nella vicina Emilia fondarono Felsinia e Bologna; in Umbria Perusia o Perugia. Dal 985 a.C. scesero verso il sud della penisola, e nacquero Tarquinia, Viterbo, Vulci, Veio, Cere, Orvieto, e nel 753 a. C. Rume o Roma.
La confederazione degli Etruschi era ripartita in 12 lucumonie o città-stato rette da re sacerdoti, i lucumoni, assistiti da un consiglio di nobili e magistrati che annualmente si riunivano in luglio nelle grotte sacrali ipogee del fanum di Voltummia , a pochi km da Perusia per eleggere, tra i 12 lucumoni, il larthe, ovvero il re supremo confederale.
La popolazione etrusca ebbe contatti con i Sardi, i Corsi, gli Umbri, i Frentani e i Marsi di Abruzzo e Molise, con i Latini e i Volsci del Lazio; non superarono mai i 2 milioni di abitanti su tutto il territorio della confederazione; in teoria in caso di guerra avevano la possibilità di mobilitare 454mila fanti e arcieri e 16mila cavalieri. Secondo lo storico greco Dionigi di Alicarnasso però un tale spostamento di truppe non fu mai realizzato.
Questa fu la simpatica e precisa panoramica sulla storia etrusca fatta dal professor Caracciolo, docente di Geopolitica ed Economia politica all’Università degli Studi di Salerno di Fisciano, seguita dalle argute osservazioni della bionda studentessa Angela di Cava de’ Tirreni.
Il popolo degli etruschi dal Lazio dilagò dunque in Campania nel 900 a.C. fondando ben 12 città, ordinate nella lucumonia di Opicia con capitale a Capua, l’odierna Santa Maria Capua Vetere.
Il porto fluviale della lucumonia opiciana era quello di Volturnum o Castel Volturno; comprendeva inoltre Nola, Acerra, Ercolano, Casilinum – l’odierna Capua – Nocera, Sarno e Marcina, ovvero Salerno.
A questo punto ci trasferiamo con due auto a Fratte, nei suggestivi scavi di Marcina, costituita un tempo dai villaggi di Fratte, Irna o Salerno etrusca, Vietri e Cava de’ Tirreni, ove riprende la parola il professor Luigi Caracciolo, coadiuvato dalla bruna studentessa Tonia di Fratte, che sembra una bellezza statuaria greca.
I Tirreni o Etruschi in Campania entrarono subito in buoni rapporti coi popoli confinanti italici, come gli Osci sedicini di Boscoreale, Boscotrecase, Cuma, Teano, battipaglia, Agropoli, Siano, Bracigliano, Scafati e Angri, ma anche con i bellicosi Osci aurunci di Sessa Aurunca e Marzano …
Praticavano una misteriosa religione dedicata a Janus o dio unico, che i romani chiamarono Giano, formato da due dee figlie e sorelle tra di loro, la bionda Velthe e la bruna Urcla, la prima dea dell’Universo e la seconda invece del Fuoco, che con Vera di Voltumna, che diede il nome al fiume sacro Volturno, costituivano la trinità.
Le divinità etrusche erano tabù: non erano raffigurate e venivano rappresentate dalle divinità simili greche per occultare la loro sacralità misteriosa.
La lingua etrusca fu ordinata nel IX secolo e l’alfabeto fu ordinato nell’VIII; si sviluppò in due versioni: una, la più antica, era simile al punico cartaginese.
Il massimo splendore degli Etruschi fu nel VI sec a.C.,periodo cui risalgono le bellissime necropoli e gli affreschi.
A questo punto la dotta dissertazione delle due studentesse Angela e Tonia, coordinate dal professor Caracciolo, viene interrotta dall’intervento della rossa studentessa Lucia, che, guardando l’ingresso della necropoli di Marcina, meravigliata e spaventata insieme, racconta con voce rotta a noi tutti: «Vedo 4 ombre di due giovani e due ragazze vestiti con tuniche bianche e calzari, che ci guardano sorridenti e mi dicono in una lingua appena comprensibile, proprio in questo momento, le cose che vi racconto.
Noi Tirreni eravamo pacifici coloni. Avevamo 24 giovani sacerdotesse urcliti e 12 velthali, votate alle dee Urcla e Velthe, cui i romani si ispirarono per le loro sacerdotesse vestali.
Avevamo 12 littori, acquedotti, ponti, canali, strade lastricate,necropoli; nelle città di tutta la confederazione tirrena v’erano ottimi medici specializzati soprattutto nelle protesi dentarie, nella cura dei tumori e dei bronchi, fegato, cuore, occhi e cervello.
La nostra religione era un culto segreto basato sulla magia teurgica e astronomia mista ad astrologia; fatalisti nelle nostre profezie, sapevamo che la nostra civiltà sarebbe durata solo 1000 anni, dal 1250 al 250 a.C. e che poi ci sarebbe succeduta quella grandissima della colonia laziale ribelle Rume, che sarebbe durata 12 secoli.
Questo è quanto hanno detto».
I quattro spiriti dissero poi che due erano etruschi di Marcina, Galie o Galeana con il suo compagno Varu e la bella etrusca di Vietri, Ursenna e il suo compagno Laris, tutti morti prematuramente tra il 524 e il 476 a.C., all’epoca in cui i Greci eubei, trasferitisi a Ischia per sfuggire all’invasione cretese. Avevano colonizzato la Campania, fondando Cuma, il villaggio già meta remota prima dei Cimmeri e poi degli Osci sedicini, istituendo il culto delle sacerdotesse sibille nel 1150 a.C.
Incrementarono dunque l’espansione verso Pozzuoli e Miseno nel 750 a. C. e fondarono Napoli o Parthenope nel 680 a. C.
Nel 524 a.C. finirono con lo scontrarsi con la potenza etrusca di Capua, quando un esercito confederato di 18mila fanti e 12 mila cavalieri tra Tirreni, Cimmeri, Osci Aurunci e Campani piombarono su Cuma, difesa da 4300 Greci e Osci sedicini; nel mese di maggio li sconfissero con un’imboscata clamorosa sotto le mura cumane uccidendone 6mila e catturandone 2mila, secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso.
Tra questi morì i giovane soldato etrusco Laris; suo figlio Varu morì nel 509 a.C. quando i romani l’anno precedente insorsero contro i re etruschi di Roma, al seguito dell’esercito del larthe Porsenna, suicidatosi poi per la sconfitta subita. La fidanzata Galeana morì con lui. Rimasta sola, la bella Ursenna visse nella sua piccola casa di Fratte fino al 524, lavorando come erborista, sacerotessa di Velthe, aruspice e indovina.
Dopo la vittoria navale alleata di Cuma, Agrigento e Siracusa sugli Etruschi confederati del 474 a.C. i Greci occuparono Paestum, Agropoli, Ercolano, Napoli, Acerra, Nola, Cava de’ Tirreni. Ursenna, ormai cinquantenne, fuggì con i suoi nipoti per mettersi in salvo a Capua; qui morì uccisa dagli invasori Sanniti nel 438 a.C., ricongiungendosi infine nell’aldilà con il marito Laris, il figlio Varu e la nuora Galeana, di nuovo insieme nella casetta di Marcina o Fratte di Salerno, dove vivono in iperspirito ancor oggi.
Le quattro entità ci hanno dato persino l’ubicazione della loro casa: vicino la salita per Pellezzano … Commossi, sorridenti lasciamo una rosa per i nostri amici …
Seppur turbati, ritorniamo sereni alle nostre famiglie, riflettendo sul ponte che dopo la morte unisce ancora alla vita, lega l’umano al divino di ogni Tempo …
Michele Di Iorio