In questo periodo di crisi economica, dove il commercio è completamente fermo non si vende ciò che prima facilmente si vendeva, e chiudono ogni giorno attività, il mio lavoro, l’antiquariato, mi ha portato a fare delle riflessioni di carattere sociale.
Riflessioni su una silenziosa e diffusa trasformazione antropologica che sta subendo la società da circa 15 anni a questa parte.
Mio padre mise su questa azienda partendo dall’artigianato, era un intagliatore di legno e diventò negli anni settanta specializzato nella realizzazione di testate da letto intagliate.
Quando io e mio fratello verso la fine degli anni ottanta e i primi anni degli anni novanta decidemmo di dedicarci a tempo pieno all’antiquariato, ci specializzammo nell’acquisto e nella vendita di tavoli apribili.
Eravamo gli unici a Napoli specializzati in due oggetti d’arredamento fondamentali e importanti per chi iniziava una famiglia, per i giovani sposi: il tavolo da pranzo e il letto.
I nostri clienti erano persone che costruivano la loro famiglia partendo dal centro della casa e davano a questo centro un carattere di stabilità e permanenza con un simbolo importante: il mobile antico, prezioso.
Le giovani coppie che si rivolgevano a noi diventavano poi clienti abituali, che acquistavano anche pensando di lasciare qualcosa un domani ai loro figli, anche se non erano ancora nati.
Insomma era ancora l’idea di famiglia che costituiva il nucleo solido elementare della società.
Da quindici anni a questa parte, lentamente questo nucleo elementare l’ho visto sgretolare lentamente, progressivamente davanti ai miei occhi. Fino a che oggi è quasi inesistente come modello di vita nelle ultime generazioni.
I giovani che mettono su casa, oggi, trasversalmente sia a livello culturale, sia a livello economico, non pensano più alla costruzione di un nucleo stabile. La famiglia non ha più gli stessi confini: oggi siamo insieme domani chissà.
Anche la precarietà del lavoro, e i continui trasferimenti da un posto all’altro per chi ce l’ha, non dà alcuna certezza per il futuro, e favorisce lo sfascio dell’idea di famiglia, cioè del nucleo elementare della società.
Di conseguienza la casa deve avere un carattere usa e getta, che può facilmente essere smontata e rimontata in un altro luogo con altre false caratteristiche. Modello Ikea, per intenderci.
Chiaramente i primi ad essere penalizzati siamo noi antiquari perchè l’oggetto d’arredo da noi proposto presuppone un modello di vita stabile, presuppone una certezza di futuro, la volontà di lasciare qualcosa a qualcuno.
Da qualche anno a questa parte, la nuova generazione di clienti che mi aspettavo entrare in galleria, doveva essere quella dei figli dei nostri vecchi clienti.
Puntualmente ad uno alla volta stanno venendo. Vengono con un elenco di foto, di mobili quadri oggetti e complementi di arredo, che i loro genitori con tantio sacrifici hanno messo insieme da lasciare loro, per venderli.
Mario Scippa