NAPOLI – A Villa Imperiale Pausilypon di Napoli sarà in scena, sabato 26 luglio 2014 alle 21.30, Mariangela D’Abbraccio in Elena da Ghiannis Ritos, considerato uno dei più grandi poeti greci del ventesimo secolo, e dedicato a una delle figure femminili più complesse e carismatiche della mitologia greca.
L’originale allestimento è ospitato nell’ambito della rassegna Teatri di Pietra in Campania 2014, rete culturale per la valorizzazione dei teatri antichi e dei siti monumentali attraverso lo spettacolo dal vivo, ideata da CapuAntica Festival con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, di PalaPartenope e Fontana Medina, sotto l’egida del Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Campania.
Presentato da Teatro dei Due Mari e diretto da Francesco Tavassi, l’attrice partenopea affronta i propri fantasmi nelle vesti della protagonista, la donna che scatenò la guerra di Troia.
Struggente e visionaria è la figura di Elena di Troia che Ritsos offre, immaginariamente pluricentenaria e assediata dal fantasma maledetto della propria antica bellezza. Sola nel palazzo, che fu teatro del suo rapimento da parte di Paride, affronta i propri ricordi e l’arrivo della fine, tra i pochi resti impolverati di gioielli e vestiti, trofei di un passato fiero, sottratti al saccheggio di giovani e sprezzanti ancelle. Intorno a lei i fantasmi di coloro che le dedicarono la vita, fino alle estreme conseguenze.
Bella e sensuale Elena, sedotta dal giovane Paride, ha scatenato l’ira del re di Sparta Menelao, suo marito. Così il popolo acheo arma le navi contro Troia, scatenando una guerra sanguinosa per lavare l’offesa. Ma Ghiannis Ritsos ci mostra un’altra Elena, che rappresenta un vero e proprio ribaltamento dell’immagine tradizionale. La bellezza di un tempo è ormai svanita.
Elena, una volta bella e ricca, rievoca gli antichi fasti, in contrasto con l’attuale degrado, la solitudine e il senso di vuoto della vecchiaia. Qui il personaggio diventa simbolo della caducità e vacuità della bellezza condannata all’inevitabilità del destino.
Con Mariangela D’Abbraccio, la bellezza di Elena rivive espressa come traccia di un’antica maschera, ancorata alla fine della vita, ultima e beffarda espressione di un’umanità trapassata, simbolo della resistenza alla devastazione e del tempo e alla morte.
L’Elena di Ritsos è la speranza, o meglio, la consapevolezza, che qualcosa si salva sempre dalla distruzione totale. Perché “chissà, là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell’uomo”.