Con la misteriosa morte di Raimondo de Sangro principe di Sansevero il 22 marzo 1771 e di suo figlio Vincenzo avvenuta nel 1790 nelle stesse circostanze misteriose, si aprì una leggenda che continuò anche con la morte del pronipote Michele, nato a Napoli nel 1824 dal matrimonio del principe Gerardo e della principessa Giovanna Capece Zurlo.
Il principe Michele dopo gli studi all’Accademia militare della Nunziatella, fece parte della Real guardia del corpo di Ferdinando II di Borbone nel 1844; partecipò al Congresso degli Scienziati di Napoli del 1845, dove venne notato e ammirato dal re per i suoi studi.
Decorato con la Croce di Cavaliere di Malta, dell’Ordine costantiniano, di San Giorgio, di San Ferdinando, di San Gennaro, nel 1849 Michele de Sangro raggiunse il grado di Brigadiere nello squadrone in cui militava, pari a capitano d’esercito.
Studiò nelle Biblioteche Reali di Napoli e di Caserta, delle chiese dei Gerolomini e di Santa Chiara, di palazzo Sansevero e dell’Università di Napoli e così in quella del Real esercito al Maschio. Visitò tutti gli scavi archeologici della Campania e fu in corrispondenza con studiosi e scienziati italiani e stranieri.
Michele de Sangro approfondì più di tutti gli studi di botanica, zoologia e agraria frequentando il Real Orto botanico di Napoli e della Reggia di Caserta.
Durante una licenza il nostro studioso si recò a Londra in visita all’esposizione scientifica e industriale del 1852. Qui studiò alchimia, gnosi, kabbala, saperi graalici, rosacruciani, filotemplari, astrologia a fini botanici e la reincarnazione: credeva di essere il ritorno fisico di Raimondo de Sangro. Alternava passeggia per boschi, foreste e giardini pubblici e privati con i suoi cavalli e cani prediletti.
Fu tra gli accompagnatori del re nel viaggio in puglia nel 1859 per accogliere la bella nuora tedesca Maria Sofia, in qualità di Esente delle Reali Guardie del Corpo; nel 1860 fu con Francesco II a Gaeta, come alfiere o tenente colonnello d’esercito, fedele fino alla fine come tutta la sua famiglia. A Roma con la corte in esilio nel 1861, si stabilì poi a Parigi in esilio volontario al seguito dei cugini materni principi Capece Zurlo.
A Parigi sul finire del 1861 conobbe la sedicenne Elisa, la bellissima figlia del suo fraterno nuovo amico Ugo Croghan di Londra, famoso agronomo e botanico residente nella capitale francese.
Nel 1863 Elisa e Michele s’innamorarono e lei lo seguì in Italia, dove prima visitarono Napoli e dintorni e poi si recarono al castello de Sangro a Torremaggiore in Puglia,
Qui Michele de Sangro fu sollecitato del sindaco e dal Real Commissario di guerra di Foggia a cedere un locale di sua proprietà per alloggiare le truppe italiane dell’VIII reggimento di fanteria di linea della brigata italiana Cuneo e Marche, che doveva combattere il brigantaggio al comando del sergente borbonico Pasquale Romano.
Rimasto però fedele alla casa dei Borbone Due Sicilie nel 1864 ripartì per l’estero; prima visitò a Palazzo Farnese Francesco e Maria Sofia in esilio a Roma, poi si diresse a Marsiglia per salutare i generali borbonici Clari e Bosco in esilio volontario; infine raggiunse Parigi.
Nel 1870 rientrò a Torremaggiore con la sua amata Elisa e iniziò a restaurare e ampliare l’ala sud del castello, con lavori di trasformazione e di ampliamento: ricavò un’intera ala di due piani, abbellita da un rigoglioso giardino retrostante, al di fuori del vecchio muro di cinta che delimita il fossato.
Aperto un vano di comunicazione tra il salone della terrazza e il nuovo fabbricato, vi fece allestire al piano superiore un salotto, la sala da pranzo e due camere da letto, mentre al secondo piano, creando un accesso con una scala a chiocciola, ricavò la cucina, camere da letto per gli ospiti ed una sala di disimpegno. Il salone della loggia divenne la nuova sala di rappresentanza, mentre la terrazza medesima, affacciata su piazza de Sangro, fu trasformata in serra.
Il principe Michele si dedicò anche all’attività economica e produttiva dei suoi possedimenti incrementando la semina di cereali, che estese su una superficie di 1500 ettari, mettendo così a frutto gli studi di agricoltura seguiti all’estero, importando nuove tecniche e attrezzature.
Nel fossato del lato sud del castello impiantò un moderno oleificio con un trappeto, ovvero un frantoio ipogeo, del diametro di 2,15 metri con macina; fu sistemato in tre vasti ambienti, dove trovavano posto quattro torchi muniti di fossa di raccolta e una pressa idraulica.
Diventò dunque fiorente la produzione del famoso olio di Sansevero, ma anche del non meno rinomato vino bianco; inoltre fu il primo in Puglia ad impiantare un mulino a fuoco.
Ormai noto come ingegnere, agronomo, perito agrario e botanico, nel 1879 Michele de Sangro fece restaurare anche le sepolture gentilizie ubicate nell’antica chiesa di San Nicola di Torremaggiore.
Restaurò le antiche scuderie, dispose di edificare un nuovo fabbricato adiacente al castello; nel 1881 fornì la sua tenuta di nuove e più grandi cisterne con comodi fabbricati rurali per i coloni e i contadini alle sue dipendenze.
Nel testamento del 30 giugno 1881, il principe Michele indicava tra l’altro la sua volontà di fondare un ospedale, due orfanatrofi, un asilo infantile, un ricovero di mendicità, un monte di beneficenza, un Istituto superiore agrario e pensò anche ad un aiuto per i parenti bisognosi.
Il principe fu uomo di larghe vedute; nel 1879,dopo essersi messo in sonno il 16 maggio 1860 dalla Loggia egizia del Miraim di Napoli, riprese la frequentazione massonica nella Loggia scozzese Daunia, diretta da Giovanni Gentile senior.
A Napoli, in data 8 agosto 1887 fece redarre un nuovo testamento dal notaio Raffaele De Pasquale. Il principe Michele de Sangro di Sansevero, avendo perso i figli di primo letto della moglie principessa Ruffo in un naufragio, non avendo avuto eredi dalla compagna Elisa – che non sposò mai in quanto non nobile di nascita – dispose donazioni alle Istituzioni pubbliche e scolastiche di Torremaggiore, a domestici e custodi; alla sua compagna lasciò 4 milioni di lire in contanti in banca, somme a vari parenti tra cui il nipote principe Alessandro d’Aquino, maggior erede dei beni dei Sansevero.
Nel 1889 a Napoli vi fu un rovinoso crollo causato da infiltrazioni dell’acquedotto del Serino che distrusse il famoso ponte dell’Oriolo che colle gava il Palazzo Sansevero alla capella, rovinando parte dell’edificio con la distruzione dell’appartamento del patriarca con gli affreschi di Belisario Corenzio e allagando la stessa cappella, rovinando l’antico pavimento con i disegni labirintici.
Nel 1890 il principe inviò da Torremaggiore l’ingegnere Francesco Bianculli per verificare i danni alle sue proprietà e per prima cosa fece aprire in cappella verso la cavea e una scala a chiocciola in metallo brunito e murare i nicchioni della cavea per maggior resistenza, occultando l’ingresso in cappella del labirinto di Raimondo verso le cantine del palazzo.
Il 5 febbraio 1891 morì nel suo castello di Torremaggiore all’età di 67 anni, a 120 anni dalla morte dell’avo Raimondo … come secondo la leggenda dei 120 anni di ritorno dei Rosacroce …
Dopo la scomparsa di Michele de Sangro, ultimo discendente del ramo principale dei principi di Sansevero, la sua compagna Elisa si ritirò a Parigi in attesa delle successioni testamentarie.
Michele Di Iorio