Gaeta e i suoi eroi – seconda parte

IL RE FRANCESCO II LASCIA GAETAIl 13 dicembre 1860 giunge al re un dispaccio dell’imperatore francese Napoleone nel quale lo invitava a ritirarsi da Gaeta o almeno a far partire per Roma la giovane mogie per metterla al sicuro. Francesco II, incoraggiato da Maria Sofia, risponde orgogliosamente che nessuno dei due è intenzionato a ripiegare davanti al nemico e che un raggio di gloria deve illuminare come ultimo atto un re assalito a tradimento da uno stato definitosi amico …
Intanto poeti e scrittori italiani e francesi dedicano poesie e romanzi all’eroica Maria Sofia, la regina adorata dai soldati di Gaeta, amata dal suo popolo, riverita dagli ufficiali piemontesi tra cui Cialdini e lo stesso ammiraglio Persano.
Tra feriti, morti e ammalati, soldati mandati a Roma, all’1 dicembre la guarnigione si è ridotta a 17mila difensori; i viveri sono incominciati a scarseggiare dal 22 novembre e mancano i soldi per dare la paga a tutti.
La regina invoglia Francesco a mangiare spartanamente e destinare il superfluo ai feriti, ammalati e soldati; ormai lei vive tra la truppa in armi e gli ospedali: dà loro conforto e li incoraggia, e al suo passaggio feriti e ammalati non gravi chiedono agli ufficiali medici di ritornare in batteria a combattere.
Lo stesso popolo di Gaeta seguendo il suo esempio non abbandona le case pur sotto il tiro piemontese, anzi rifiuta l’invito piemontese ad abbandonare Gaeta per salvarsi la vita.
Ogni giorno si sente gridare dappertutto «Viv‘o Rre», «Viva Maria Sofia», «Viva Napoli», «Viva le Due Sicilie»; gli ufficiali rinunziano alla paga a favore dei soldati, motivati da una sovrana bellissima di 19 anni che avanza fiera accanto a suo marito il re Francesco II.
La regina in un misto di italiano, napoletano e tedesco incoraggia i difensori di Gaeta, gridando per farsi udire anche dai nemici piemontesi ai reparti militari borbonici: «L’Europa vi guarda. Io e il re siamo giovani come voi, siamo con voi , all’assalto! … Viva il Re e viva Napoli!… »
300 feriti partono per Terracina pontificia il 12 dicembre, mentre le batterie d’artiglieria napoletane rovinano le postazioni d’avanguardia piemontesi nella notte ; il 19 dicembre per poco non salta in aria la batteria d’artiglieria borbonica San Giacomo sotto il fuoco nemico che divampa fino al 23 dicembre.
Il 24, vigilia di Natale 1860, a mezzogiorno una pioggia di fuoco piemontese mira di nuovo su Gaeta: 500 palle di cannone rigato in 4 ore. Muore una giovane abitante di Gaeta di 16 anni.
Anche in questo giorno Maria Sofia si reca dai soldati e dai feriti; non mangia nulla e fa mandare loro il suo pranzo di Natale. Ormai vive sempre vive all’aperto, pregando e soccorrendo tutti insieme a re Francesco.
Fino al 31 dicembre l’artiglieria piemontese tira in modo indiscriminato uccidendo altri due abitanti di Gaeta e tanti soldati e danneggia molte case del borgo.
Il re dispone che tutti i militari che vogliono andar via sono autorizzati a farlo, ma partono solo 4 ufficiali. Il resto, sani e feriti, un solo grido, una sola voce, esplodono dicendo  «Viv’o Rre e viva Napoli! Viva la regina Maria Sofia! Viva Dio Gesù e abbasso gli invasori e satana!»
Gli ufficiali rimasti firmano un atto giurato che afferma la loro volontà di rimanere a Gaeta accanto ai sovrani fino alla morte: non vogliono arrendersi all’invasore della loro Patria.
il 5 gennaio 1861 i duosiciliani protestano perché le cannonate dell’artiglierai navale piemontese colpiscono indiscriminatamente la batteria Regina e gli ospedali militari di San Francesco e di Santa Caterina nonostante la bandiera con la croce rossa; anche la sagrestia della cattedrale viene gravemente danneggiata.
Nel 6 al 7 gennaio 1861 raddoppia il bombardamento terrestre e navale piemontese su Gaeta borbonica: 136 cannoni, di cui 75 rigati e 12 mortai, i cui proiettili distruggono gli alloggi reali. I sovrani si rifugiano nelle casematte blindate.
Tra il 7 e l’8 gennaio il bombardamento dura circa 9 ore con 6130 colpi di artiglieria piemontese, cui hanno risposto i borbonici con 2500.
Il borgo storico di Gaeta viene gravemente danneggiato; si contano 15 morti e 15 feriti tra i civili e militari. Uccisi anche 50 animali dell’esercito tra cavalli e muli.
Su intervento dell’ammiraglio francese de Tinan in rada a Gaeta si sospende il fuoco d’ambo le parti per una tregua fino al 19 gennaio per soccorrere i feriti civili e militari e seppellire i morti.
La resistenza di Gaeta e il proclama borbonico reale dell’8 dicembre 1860, fa insorgere tutto il Molise e gli Abruzzi, la Puglia, la Calabria, l’alto casertano generando allarme nelle Guardie nazionali e i reggimenti piemontesi.
Comincia un periodo dove corte marziale, stati d’assedio, coprifuoco sono all’ordine del giorno nelle provincie del Regno delle Due Sicile.
Migliaia di soldati borbonici sbandati prendono le armi e si uniscono a popolani e montanari scesi in guerriglia.
Al 30 novembre 1860 erano 80mila i soldati prigionieri di guerra borbonici, una gestione davvero difficile per i piemontesi, di cui 20.500 rinchiusi in carceri militari della Liguria, Lombardia, Piemonte, 8mila mandati tra ottobre e gennaio a combattere nella guerra civile nordamericana che si schierarono con l’esercito degli stati secessionisti confederati; 30mila fuggiti in due riprese da novembre e gennaio nel Lazio ad alimetare la guerriglia borbonica.
Il 12 gennaio 1861 due navi della squadra militare navale francese che protegge dal mare Gaeta vanno via, preannunziando il graduale ritiro.
Fine seconda parte.

Michele Di Iorio

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