ERCOLANO (NAPOLI) – I ragazzi possiedono un’immensa capacità di ascoltare, di immergersi nelle profondità del proprio mondo interiore e di farne emergere l’incanto, la poesia, la suggestione, i sogni e le emozioni più nascoste, trasponendoli in immagini ed in parole. La mostra “A fil di lava: il visibile e l’invisibile”, presentata al Mav dal 17 al 21 settembre, ne è l’esempio.Curata da Susi De Majo, in collaborazione con Herculaneum Centre e Coop Giancarlo Siani, si è svolta nell’ambito del “Festival della memoria: il passato visto con gli occhi del futuro”.
Giovedì 18, Riccardo Dalisi il noto designer ed artista è intervenuto all’inaugurazione della mostra. I bambini hanno presentato le loro opere sul Vesuvio e sugli scavi archeologici – frutto della partecipazione ai laboratori di lettura, fotografia e pittura – in cui entrando nella dimensione dell’invisibile, sono risaliti al visibile, rendendo la storia di una città attraverso l’eruzione catastrofica del 79 d.C. ed il suo aspetto urbanistico odierno.
La kermesse è stata finanziata dalla Regione Campania nel circuito del programma del Forum Universale delle Culture Napoli e siti Unesco della Campania, e realizzata dalla Fondazione Cives e Museo Mav in collaborazione con il comune di Ercolano. I lavori dei piccoli ercolanesi hanno richiesto silenzioso rispetto dinanzi allo loro meraviglia. C’è tanto da imparare dai ragazzi per recuperare quelle rimembranze sottili di sensibilità e di amore che consentono all’adulto disincantato di connettersi con il loro mondo.
Le foto hanno offerto scorci di chiese, di vicoli cittadini, di invadenti e crudi cantieri, di pezzi di cielo tra i ponteggi di ferro e gli spazi urbani. Attraverso questi scatti è emersa viva la voce dei bambini che con coraggio e forza chiedono il diritto di una vita migliore, di una città che si svegli, che sappia valorizzarsi, che non cancelli la natura. I ragazzi sanno che la felicità è un diritto e sanno che Ercolano può e deve fiorire per imparare a guardare se stessa ed il mondo.
Notevole nel suo emblema da arte contemporanea è l’opera “La sedia”: «Inquieta e dolorosa la sedia aspetta», recitava la didascalia, così come la foto che riproduceva dei lavori urbanistici in corso, dal titolo “L’attesa”. L’attesa è “Aspettando una grazia”, è una preghiera volta a “Il Cristo”, a “La Madonna di Pugliano”: foto di essenze di una tradizione religiosa tenace e intrisa di speranza. L’attesa è già una speranza: nell’azzurro di un cielo che superi le lamiere e la città dissestata, che vada oltre la tradizione votiva, e che superi anche lo scorrere inerte del tempo. Lo hanno espresso bene “Il tempo”, “Il tempo del cielo”, “Io voglio fare il Vesuvio”, “Verso l’alto”, “E compare il cielo azzurro”, fotografie di un paesaggio soffocato dall’urbanizzazione «… che la volgarità polverosa dei cantieri si risolva, che il filtro metallico sparisca e ritorni agli occhi una visione intera – hanno scritto i ragazzi – e liberi dall’inestricabile intreccio l’azzurro del cielo e il blu di un mare che c’è ma non si vede».
I bambini non sono i passivi spettatori di una città abbandonata a se stessa, ma sono gli attori della propria vita. Altri lavori sono realizzati con acrilico su tela e con tecniche miste, come “La vita” e “La morte”. Immensi temi esistenziali da cui è emerso dirompente l’uso dei colori che sanno, nell’immediato, trasmettere allo spettatore l’emozione colorata e pulsante della vita e lo strapiombo nero della morte. Notevoli anche le tele “L’Alba” e “Il Tramonto”, così come “Il buio” e “La luce”, “Il Sopra” e “Il Sotto”. Immagini metaforiche, contrasti, che convivendo tra loro, hanno rivelato quanto i ragazzi abbiano saputo percepire con gli occhi interiori una città visibile che contiene l’invisibile, nesso tra presente e passato. I bambini hanno anche compreso che tra gli estremi esiste sempre “La via di mezzo” – lavoro realizzato su tela – un punto d’incontro: «Tra luce e ombra una traccia segna la strada, ne indica la direzione (…) restituisce un ordine e una precisione (…) sembra essere la strada maestra».
I ragazzi inoltre hanno arricchito “A fil di lava” con storie scritte e rielaborate, dal sapore mitologico, inventivo, storico: “Enzechietta e il pozzo”, “Mito di Demetra e Persefone” e una “Storia inventata dai bambini” da cui emerge tanta luce, quella della speranza.
Giovedì 18, Riccardo Dalisi il noto designer ed artista è intervenuto all’inaugurazione della mostra. I bambini hanno presentato le loro opere sul Vesuvio e sugli scavi archeologici – frutto della partecipazione ai laboratori di lettura, fotografia e pittura – in cui entrando nella dimensione dell’invisibile, sono risaliti al visibile, rendendo la storia di una città attraverso l’eruzione catastrofica del 79 d.C. ed il suo aspetto urbanistico odierno.
La kermesse è stata finanziata dalla Regione Campania nel circuito del programma del Forum Universale delle Culture Napoli e siti Unesco della Campania, e realizzata dalla Fondazione Cives e Museo Mav in collaborazione con il comune di Ercolano. I lavori dei piccoli ercolanesi hanno richiesto silenzioso rispetto dinanzi allo loro meraviglia. C’è tanto da imparare dai ragazzi per recuperare quelle rimembranze sottili di sensibilità e di amore che consentono all’adulto disincantato di connettersi con il loro mondo.
Le foto hanno offerto scorci di chiese, di vicoli cittadini, di invadenti e crudi cantieri, di pezzi di cielo tra i ponteggi di ferro e gli spazi urbani. Attraverso questi scatti è emersa viva la voce dei bambini che con coraggio e forza chiedono il diritto di una vita migliore, di una città che si svegli, che sappia valorizzarsi, che non cancelli la natura. I ragazzi sanno che la felicità è un diritto e sanno che Ercolano può e deve fiorire per imparare a guardare se stessa ed il mondo.
Notevole nel suo emblema da arte contemporanea è l’opera “La sedia”: «Inquieta e dolorosa la sedia aspetta», recitava la didascalia, così come la foto che riproduceva dei lavori urbanistici in corso, dal titolo “L’attesa”. L’attesa è “Aspettando una grazia”, è una preghiera volta a “Il Cristo”, a “La Madonna di Pugliano”: foto di essenze di una tradizione religiosa tenace e intrisa di speranza. L’attesa è già una speranza: nell’azzurro di un cielo che superi le lamiere e la città dissestata, che vada oltre la tradizione votiva, e che superi anche lo scorrere inerte del tempo. Lo hanno espresso bene “Il tempo”, “Il tempo del cielo”, “Io voglio fare il Vesuvio”, “Verso l’alto”, “E compare il cielo azzurro”, fotografie di un paesaggio soffocato dall’urbanizzazione «… che la volgarità polverosa dei cantieri si risolva, che il filtro metallico sparisca e ritorni agli occhi una visione intera – hanno scritto i ragazzi – e liberi dall’inestricabile intreccio l’azzurro del cielo e il blu di un mare che c’è ma non si vede».
I bambini non sono i passivi spettatori di una città abbandonata a se stessa, ma sono gli attori della propria vita. Altri lavori sono realizzati con acrilico su tela e con tecniche miste, come “La vita” e “La morte”. Immensi temi esistenziali da cui è emerso dirompente l’uso dei colori che sanno, nell’immediato, trasmettere allo spettatore l’emozione colorata e pulsante della vita e lo strapiombo nero della morte. Notevoli anche le tele “L’Alba” e “Il Tramonto”, così come “Il buio” e “La luce”, “Il Sopra” e “Il Sotto”. Immagini metaforiche, contrasti, che convivendo tra loro, hanno rivelato quanto i ragazzi abbiano saputo percepire con gli occhi interiori una città visibile che contiene l’invisibile, nesso tra presente e passato. I bambini hanno anche compreso che tra gli estremi esiste sempre “La via di mezzo” – lavoro realizzato su tela – un punto d’incontro: «Tra luce e ombra una traccia segna la strada, ne indica la direzione (…) restituisce un ordine e una precisione (…) sembra essere la strada maestra».
I ragazzi inoltre hanno arricchito “A fil di lava” con storie scritte e rielaborate, dal sapore mitologico, inventivo, storico: “Enzechietta e il pozzo”, “Mito di Demetra e Persefone” e una “Storia inventata dai bambini” da cui emerge tanta luce, quella della speranza.
Tiziana Muselli