Le biblioteche, patrimonio della Campania

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libriUn patrimonio spesso non tenuto nella giusta considerazione, le biblioteche campane pubbliche e private sono numerose ed estremamente ricche ed interessanti.
Su queste pagine cominciamo a narrare un po’ di storia e dei documenti e volumi contenuti in alcune di esse.
A Capua, annessa al famoso Museo Provinciale Campano, fondato il 31 maggio del 1874 da Gabriele Jannelli, vi è un’importante biblioteca.
Suddivisa in 5 sale con diversi settori librari e fu incrementata in breve con l’immissione di collezioni private di grande importanza, dando l’assetto che conserva ancor oggi di biblioteca di carattere umanistico, storico e artistico.
In particolare il Settore Topografico comprende una rarissima raccolta di materiale storico riguardo del riordinamento dei comuni di Terra di Lavoro risalente al 1806 sotto il regno di Giuseppe Bonaparte, che comprende vicende amministrative, memorie civili, militari ed ecclesiastiche.
Il Settore Generale raccoglie pergamene, incunaboli e le cinquecentine.
Il Settore Manoscritti ha a disposizione una ricca raccolta di carteggi ed epistolari di eccezionale importanza, tra cui quelli del poeta Giovan Battista Attendolo, del letterato Ludovico Antonio Muratori, dello scrittore Camillo Pellegrino, dello storico Theodor Mommsen.
Il Settore Emoroteca raccoglie i periodici di Terra di Lavoro dal 1848 ad oggi con notizie storiche, letterarie, economiche, politiche.
Un Archivio Fotografico allestito nel 1975, comprende le riproduzioni di tutti i reperti del Museo.
Il Settore Popolare Scolastico, istituito nel1974 raccoglie opere aggiornate sul mondo  della scuola sia nazionale che provinciale.
Infine dal 1973 si è arricchita di 5mila volumi prevalentemente di carattere medico con il lascito dell’illustre clinico capuano Ferdinando, tra i fondatori della Croce Rossa Italiana.
Ferdinando Palasciano fu un erudito: aveva 5 lauree, non solo in Medicina e Chirurgia, ma anche in Lettere, Veterinaria, Giurisprudenza e Filosofia, giurisprudenza. Morì suicida a Napoli gettandosi dalla famosa torre del suo palazzo della collina di Capodimonte. Ma questa è un’altra storia …
Quella di Capua fu la prima realizzazione in Campania di una biblioteca pubblica di medicina al di fuori degli atenei. In totale raccoglie 10 incunaboli, 187 cinquecentine, 800 pergamene, 1380 stampe antiche, 1446 raccolte di periodici, 3067 cartelle di manoscritti e 38mila volumi.
La biblioteca della città di Caserta ha sede al primo piano della stupenda reggia vanvitelliana. Le 6 sale predisposte conservano dipinti, affreschi del ‘700 e un ricco mobilio intarsiato che conserva circa 10mila libri personali dei Borbone, una raccolta arricchita dal 1782 in poi con volumi rari di diverse discipline dello scibile umano.
A Napoli la monumentale biblioteca del Convento dei Girolamini, che annovera circa 40mila volumi, tra cui la collezione giuridica completa di Nicola Valletta, rivaleggia con quelle della Chiesa di Santa Chiara e dell’Università degli Studi di Napoli. Quest’ultima venne fondata nel 1815. Nel 1860 contava circa centomila volumi … Di suo la Facoltà di Giurisprudenza nel 1974 contava inoltre 40mila testi giuridici vari e pregiati.
La più monumentale biblioteca di Napoli è certamente quella di Storia Patria che ha sede al Maschio Angioino: nel 1860 ereditò i 25mila volumi di quella del Real Esercito borbonico.
Segue immediatamente dopo la grandiosa mole della biblioteca Vittorio Emanuele III di Palazzo Reale, nata nel 1769 dalla raccolta privata della regina Maria Carolina. Nel 1850 sotto il Regno di Ferdinando II giunse ad avere i primi 10mila volumi.
Una menzione particolare riguardo il piccolo gioiello del Museo Civico Filangieri a Palazzo Cuomo di via Duomo, la biblioteca personale del grande giurista Gaetano. Vi si accede attraverso una porta fiancheggiata da due colonne corinzie, su un passaggio ligneo pensile, che riporta il motto dei Filangieri, «Fai que dois aviegne que peut» (Fai il tuo dovere sempre) e il motto personale di Gaetano Filangieri, «Vivere nel lavoro e morire nella preghiera».
La sala, arredata in finissimo legno di noce, invita alla meditazione, al raccoglimento, allo studio.
Notevoli i busti in marmo di personaggi della famiglia Filangieri, tra cui quello della duchessa Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri, sorella di Gaetano e fondatrice dell’ospedale per i bambini.
La Biblioteca Filangieri possiede inoltre una notevole collezione di medaglieri e di numismatica. Conta monete italiche, greche romane in bronzo e argento e innumerevoli altre che vanno dal periodo bizantino a quello borbonico.
Vi si trova anche un archivio con pergamene originali dal 1238 ad oggi, tra cui alcune di Federico II di Svevia, Lasdislao Durazzo d’Angiò, Giovanna I e Giovanna II, Carlo V, don Pietro di Toledo.
Fiore all’occhiello della biblioteca è il carteggio con personalità straniere, tra cui spicca quello intercorsa tra il filosofo Gaetano e Benjamin Frankilin.
Va anche ricordata la biblioteca privata del principe Raimondo de Sangro, da lui fondata a Palazzo Sansevero di piazza San Domenico Maggiore nel 1746.
Nel 1763, Raimondo, mentre bruciava alcuni documenti con elenchi di nomi massonici, rischiò di mandare a fuoco l’intera collezione: fortunatamente l’incendio fu spento in tempo grazie all’aiuto dei domestici e del popolo accorso alla richiesta di aiuto.
La biblioteca desangriana, situata fino al 1765 al piano nobile, venne e poi spostata al piano rialzato, sul lato destro dell’androne dalle volte affrescate dal Celebrano sul modello degli affreschi di Fedele Fischetti della Reggia di Caserta.
La biblioteca venne arricchita dal 1750 al 1769, tanto che nel 1771 nell’inventario dell’avvocato e notaro Domenico Cavalli si contavano 1600 volumi antichi e pregiati di storia, di filosofia, di teologia, di latino, di francese.
I libri successivamente furono trasferiti al piano nobile nell’appartamento del patriarca per volere di Vincenzo de Sangro.
Arricchita ulteriormente di altri testi dai discendenti della famiglia, la biblioteca secondo una stima del 1844 contava una collezione di 3mila volumi. Una parte di essi andò persa nel 1889 a causa dei danni provocati dell’Acquedotto di Napoli, mentre i rimanenti volumi dopo la morte di Michele de Sangro, considerato ultimo discendente della casata, passò in eredità ai principi d’Aquino di Caramanico.
Alcuni di questi libri furono acquistati nel 1898 dall’avvocato Giustiniano Lebano per la sua raccolta personale e portati nella sua villa di Trecase. Ma questa è un’altra storia …

Michele Di Iorio