Burka: ed è polemica

A-woman-in-a-burqaPARIGI – Polemica in Francia dopo che all’Opera di Parigi una donna è stata allontanata perché indossava un velo integrale. I coristi avrebbero minacciato lo sciopero se la donna fosse rimasta a viso coperto.
Tra il primo e il secondo atto della Traviata di Giuseppe Verdi, la spettatrice – seduta in prima fila – è stata notata da alcuni elementi del coro che hanno comunicato che non avrebbero continuato lo spettacolo se non fosse stata rispettata la legge francese, che dal 2010 vuole che « … nei luoghi pubblici nessuno possa portare abiti che nascondano il volto».
Un addetto alla sicurezza è quindi stato incaricato di comunicare l’ultimatum alla donna e al suo compagno, che si sono allontanati senza creare problemi e senza chiedere il rimborso dei 231 euro del biglietto.
La legge fu già oggetto di polemiche quattro anni fa, quando venne varata. Seguì il parere della Corte Europea dei diritti umani, che stabilì la legittimità del provvedimento.
Un certo numero di critiche fu mosso alle affermazioni del presidente in carica Sarkozy, che disse che il burqa « … non è benvenuto nel territorio della Repubblica» e dell’allora ministro Michele Alliot-Marie che sottolineò che bisogna « … vivere la Repubblica a volto scoperto» fosse «una questione di dignità e di eguaglianza».
Resta poi da capire come l’eguaglianza possa aver a che fare con la discriminazione religiosa voluta da questa legge, che nasce forse con l’intenzione di “liberare” le donne dall’obbligo di coprire il volto, magari per imposizione del marito. I legislatori hanno però sorvolato sul fatto che una tale visione della donna, in un Paese laico, rappresenti essa stessa una forma di discriminazione.
Attualmente in Francia la pena per chi copre il volto in un luogo pubblico è di 150 euro e l’obbligo di frequenza di un corso di educazione civica. La pena per chi obbliga una donna a indossare il burqa è un anno di carcere e una multa di 30mila euro, raddoppiata nel caso si tratti di una minorenne.
In Italia, le cose sono diverse. La legge afferma infatti che « … “è vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo». E il parere del Consiglio di Stato vuole che il credo religioso sia un giustificato motivo.

Maurizio Iengo