De Angelis e D'Amore al CinemateatroRoma

D'Amato e De AngelisPORTICI (NAPOLI) – Grande happening  e grande film al Cinema Teatro Roma: lo scorso mercoledì 19 novembre proiezione dell’ultimo film del regista porticese Edoardo De Angelis “Perez”, presente alla serata con l’attore casertano Marco D’Amore.
L’ evento è stato organizzato da patron Sergio Perasole e Adriano Morelli.
Il film drammatico “Perez” è la seconda opera cinematografica di De Angelis, che ha al suo attivo numerosi cortometraggi. Di questo film è stato co-sceneggiatore con Filippo Gravino e co-produttore con Luca Zingaretti, il protagonista Demetrio Perez.
Marco D’Amore, Francesco Corvino nel film “Perez”, è nipote d’arte. Ha studiato alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano. Ha al suo attivo la produzione e la direzione di quattro spettacoli teatrali che ha interpretato. La notorietà è arrivata nel 2012 con la serie TV Benvenuti a tavola – Nord vs Sud. Nel 2014 il grande successo grazie a Gomorra – La serie, dove ha interpretato Ciro Di Marzio,  performance  che nel 2014 gli è valso il Giffoni Award e il Gala Cinema e Fiction.
Lo Speaker ha incontrato nel foyer del “Roma” Edoardo De Angelis e Marco D’Amore.
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Edoardo, Demetrio Perez si muove in un ambiente diverso rispetto all’iconografia di Napoli cui siamo abituati.
Perez è un napoletano che sembra atipico e che si muove in un ambiente come il Centro direzionale. In effetti sia personaggio che ambiente sono una delle facce di Napoli. Sono le situazioni e le vicende che da un lato rendono Perez apolide e l’ambiente un qualsiasi posto del mondo.
Edoardo quali sono i tuoi prossimi progetti?
Non lo dirò. Ho più di un’idea e questo è un momento in cui mi sto prendendo un po’ di tempo per fare la scelta giusta. Ma me ne prenderò molto poco, questa volta …
E saranno sempre ambientati a Napoli?
No. Almeno, non necessariamente … Napoli è una calamita così potente che noi non smetteremo mai di raccontare le sue storie, ma è anche vero che il desiderio di racconto mi porterà altrove. Probabilmente mi ci riporterà. Ho voglia di andare in altri posti, di fare ricerche in altri luoghi … Perché ogni film è un immersione in un mondo che non conosco. “Mozzarella stories” è stato un viaggio nei miei ricordi, nei posti dove sono cresciuto. Il mondo di “Perez” era per me sconosciuto. Tribunale, magistrati … Molto esaltante, un’avventura di continua scoperta. Mi piacerebbe fosse così anche per il prossimo film. Questo mestiere è bello se si possono fare ricerche e non scrivere storie solo da dietro una scrivania. Una parte di lavoro dev’essere documentaristica, quasi giornalistica. Faccio interviste, vivo l’ambiente che pretendo di raccontare … Infatti il mese prossimo discuterò la mia tesi di laurea in Giurisprudenza! Naturalmente scherzo, ma ho studiato talmente tanto quest’aspetto della società che mi sono appassionato. Incontrando avvocati e magistrati mi sono reso conto che la loro professione ha un grosso impatto sulla società civile. Un impatto che viene sottovalutato: sia quando è presente sia quando assente.
E per quanto riguarda i progetti di workshop?
Si, ci sono delle possibilità, questa volta non a Napoli ma a Treviso.  Sto cercando di capire come piazzarle, in modo tale che mi possano essere utili per il lavoro di ricerca per i film che ho in progetto.
E tu Marco, sei proprio determinato ad interpretare personaggi al di fuori della legge?
Devo dire che nel periodo di costruzione del personaggio … magari per una mia volontà, intima ed emotiva … ho fatto assolutamente a meno di pensare che il mio personaggio fosse un criminale, figlio di un camorrista. O che fosse su quel crinale. Francesco Corvino è in quella zona grigia che sta tra il bene e il male, tra la giustizia e l’illegalità. Ho pensato a un Francesco giovane innamorato di una commedia teatrale, alla Goldoni. È però un giovane innamorato che a posteriori nel nostro film ha un background pesante con cui deve fare i conti per forza. Perché poi un certo tipo di scelte dei padri gravano sui figli: come nella tragedia greca le colpe si tramandano per diritto di sangue.
Al di là di quello che si porta dietro, ho visto Francesco come a un bivio della sua vita: tra la strada difficile della pistola ne sceglie un’altra molto più amara e complicata, che è quella dell’amore. Per me è stato molto più interessante pensarlo così.
Quindi non ti sei lasciato condizionare dall’iconografia del personaggio.
No, anche perché Francesco è uno che quando spara, spara a vuoto. Ho già avuto la possibilità di calarmi nei panni di un killer che ammazza. O quanto meno che non si fa prendere né si fa uccidere … Sarà che sono drammatico quando penso alle cose, ma per me l’ultimo frame di Francesco, dove abbassa la pistola e si gira verso la macchina, è una resa volontaria. È un modo per suicidarsi, un’abbandono voluto. Come se dicesse che è la strada migliore sia per lui stesso che per Tea e Perez. Mette un punto, e che continuino loro.
Perez come ne esce da questo plot?
Per me è assolutamente un eroe metropolitano. Non riesco a leggere questa storia solo attraverso la lente della realtà perché mi rimane bidimensionale. Per me questo film ha un valore altissimo, onirico ed epico. Perez (Luca Zingaretti, ndr) è un eroe e Francesco è il drago. La vergine chiusa nella torre è Tea (l’attrice Simona Tabasco, ndr). Un uomo che ha due mentori, uno impersonato da Massimiliano Gallo e l’altro da Giampaolo Fabrizio, che lo consigliano. Lo spingono a passare attraverso un quadro atroce, ma la vertigine è proprio quella. Non è semplicemente la storia di un avvocato che ammazza un criminale per salvare la figlia. È anche quello, ma è anche tanto altro. A me piace leggere così le storie, sennò mi annoiano.
E tu, Edoardo, come hai inteso la morale di questa vicenda?
La mia idea è lì ed è come la vedi. La molteplicità delle possibili interpretazioni era qualcosa su cui scommettevo. Mi piace che Marco D’Amore la legga così o che qualcun altro si possa fermare al dato della realtà. Ogni storia è a strati: se uno è immediatamente fruibile a tutti, gli altri stanno alla sensibilità alla cultura o allo stato d’animo di chi vede il film. La mia cifra cinematografica sta proprio nei miei personaggi tridimensionali, quintessenza dell’Umanità. E Perez e Corvino in un certo senso sono eroi positivi: hanno una propria filosofia, un’etica che altri personaggi del film non posseggono. E mettono in gioco il loro destino.

Tonia Ferraro