NAPOLI – Forcella ancora in rivolta per il Trianon. La casa di Totò e De Filippo, degli Scarpetta e di Viviani, dei Maggio, Di Maio e Taranto proprio non può morire.
Sono indignati gli abitanti di Forcella e nei giorni scorsi con un nuovo flashmob hanno celebrato il 103esimo anniversario dello storico Teatro, minacciato dal progetto di farne un supermercato. Un altro esempio di cultura avvelenata dall’interesse economico.
L’iniziativa, che va ad aggiungersi alla campagna Salviamo il Trianon, nata da una proposta di Legambiente, Evaluna e Corriere del Mezzogiorno, viene propagandata dalla trasmissione radiofonica la Radiazza, condotta da Gianni Simioli, e da Francesco Emilio Borrelli.
«Bisogna rilanciare la mobilitazione pubblica e mediatica per tentare di salvare il salvabile»: ecco l’intento principale dello speciale dedicato alla vicenda, pronto a comunicare a gran voce che «La gente di Forcella non è indifferente come alcuni vogliono far credere. Salvare questo teatro che si trova in una delle zone più popolari di Napoli è un dovere. Proporremo a Nino D’Angelo che l’ha diretto di essere testimonial di un progetto di azionariato popolare come è avvenuto con la libreria al Vomero “IoCiSto”».
Anche in quel caso a nutrire l’iniziativa c’erano sole poche speranze e una provocazione, quella di Ciro Sabatino, giornalista e dottore in lettere costretto a rinunciare a tre case editrici a causa della crisi, uomo di cultura che, incapace di stare a guardare l’inesorabile vittoria della mercificazione sul sapere, scrisse su Facebook: «Ma mica ce la vogliamo aprire noi una libreria meravigliosa?».
E se il progetto IoCiSto ha raccolto sin da subito tantissime adesioni, quella del Trianon è una causa che sembra stare a cuore davvero a tutti.
Bassolino incoraggia su Twitter:«La Regione cerchi di riaprire un teatro che è presidio di cultura per Forcella e per Napoli».
Mentre De Magistris e Nino Daniele scrivono in una lettera partita da Palazzo San Giacomo e diretta al sovrintendente per i Beni Architettonici di Napoli Giorgio Cozzolino: «Le vicende che di recente hanno condotto nuovamente alla chiusura del teatro pubblico napoletano Trianon Viviani, costituiscono motivi di grande preoccupazione. Ciò non solo per l’impoverimento dell’offerta culturale, ma anche e soprattutto per le drammatiche ricadute sui livelli occupazionali. Avvertiamo l’obbligo, altresì, di intervenire per evitare la definitiva scomparsa del teatro del popolo della città, ora che sono note concrete ambizioni di acquisto del bene da parte di soggetti che ne muterebbero la destinazione d’uso in un supermercato».
Una fine davvero poco dignitosa per un teatro con più di cent’anni di storia, battezzato da “Miseria e nobiltà” nel 1911.
Merita perciò quell’attenzione che non mancano di dedicargli nemmeno sindaco e assessore alla Cultura: «Il Trianon possiede, da sempre, una riconosciuta collocazione storica, culturale ed artistica. […] Sorto nel centro storico di Napoli, patrimonio Unesco, la sala – al cui interno insiste addirittura un reperto greco risalente al IV/ III sec. a.C. – ha svolto la funzione fondamentale di valorizzare e diffondere la tradizione musicale della canzone napoletana.
Nel corso degli anni, hanno calcato il palcoscenico le maggiori famiglie di teatranti della nostra città […] e cantanti dell’importanza di Elvira Dannarumma, Mario Pasquariello, Salvatore Papaccio».
La battaglia, che purtroppo solo a singhiozzi è riuscita ad ottenere qualche meritata soddisfazione, continuerà fino alla fine. Napoli non si arrende.
Fabiana Stornaiuolo