Quella di Pulcinella è di sicuro la maschera più famosa del Carnevale. Infatti la sua fama va ben oltre, essendo diventata nei secoli un importante simbolo della commedia tragicomica partenopea.
Pulcinella infatti è una tipica maschera acerrana della commedia dell’arte campana resa celebre nel Seicento dall’attore Silvio Fiorillo, originario di Capua, e deriverebbe dalla figura di Puccio d’Aniello, contadino di Acerra vissuto nel cinquecento che decise di seguire una compagnia errante di passaggio nel suo paese unendosi come buffone.
Pare che Silvio Fiorillo si sia ispirato proprio al comico cinquecentesco nella costruzione del personaggio di Pulcinella, avendolo visto in un celebre quadro del pittore Ludovico Carracci (1555-1619) che ritrae il comico Puccio d’Aniello con la faccia scurita dal sole della campagna e dal naso ricurvo e pronunciato. Lo stesso nome non sarebbe altro che una sua abbreviazione: Puccio d’Aniello-Pulcinella, in napoletano Pullicenella.
Silvio Fiorillo rappresentò il personaggio di Pulcinella raffigurandolo con una maschera nera dal naso lungo e curvo, panciuto con largo camiciotto bianco da facchino. Originariamente portava lunghi baffi, barba e un cappello bicorno, prima di mutare nelle successive rappresentazioni nel classico cappello a “pan di zucchero” e con il volto pulito senza barba.
Ma le origini della figura di Pulcinella potrebbero essere molto più antiche e risalire addirittura all’epoca arcaica precristiana. Secondo alcuni studiosi Pulcinella deriverebbe dalla figura di Maccus, personaggio ghiottone, panciuto e dal lungo naso, perennemente affamato, appartenente alle Atellane romane, forme teatrali dialettali, precisamente in antica lingua osca dei popoli dell’entroterra campano di cui faceva parte l’antica città di Acerra, molto in voga al tempo dell’impero romano.
All’epoca Fiorillo seppe infondere notorietà alla maschera di Pulcinella portandola in scena in numerosi teatri in quasi tutta la penisola, approdando fino in Nord Italia, ove divenne antagonista per eccellenza di Arlecchino, maschera bergamasca raffigurante lo stereotipo del servo sciocco e credulone, cui si contrapponeva il più astuto e irriverente Pulcinella.
Infatti Pulcinella incarna il tipico servo napoletano ironico e irriverente, il personaggio che, cosciente dei problemi in cui si dibatte, riesce sempre ad uscirne con un sorriso, prendendosi gioco dei potenti pubblicamente, svelando tutti i retroscena delle vicende. Difatti il tipico “segreto di Pulcinella” che si riferisce al “falso segreto”, all’ovvietà di un fatto, deriva proprio dalla sua capacità intrinseca di mettere in piazza la verità e i segreti più nascosti dei potenti che schernisce pubblicamente nelle sue satire.
Pigro, vorace, perennemente affamato, opportunista, sfrontato, chiacchierone, bastonatore spesso bastonato, Pulcinella è la personificazione comica dell’abbandono popolaresco a tutti gli istinti.
Ma col tempo la maschera subisce una significativa evoluzione trasformandosi nel simbolo universale della napoletanità, di cui incarna l’esuberanza, il virtuosismo mimico e canoro, lo spirito ironico, furbo, generoso coi poveri e sarcasticamente spietato coi potenti.
Al di fuori della commedia dell’arte la figura di Pulcinella ha avuto una sua evoluzione autonoma nel teatro dei burattini, ove le sue caratteristiche tipiche vengono ulteriormente estremizzate. Infatti il Pulcinella burattino non è più servo e servitore, ma un vero e proprio simbolo di libertà – soprattutto di libertà intellettuale – un antieroe ribelle e irriverente, alle prese con le avversità del quotidiano e i nemici più improbabili, raffigurati nei burattini più bizzarri. Il Pulcinella delle guarattelle è un protagonista assoluto, che affronta e sconfigge tutti i suoi avversari a manganellate.
La maschera di Pulcinella nei secoli successivi è stata poi rappresentata da numerosi attori, come Andrea Calcese (contemporaneo di Silvio Fiorillo), Michelangelo Fracanzani che nel 1685 portò la maschera di Pulcinella nei teatri parigini, Pasquale Altavilla nell’Ottocento, Antonio Petito (1822-1876) considerato il più famoso Pulcinella di tutti i tempi, mentre nel Novecento fu la volta di Salvatore De Muto (1876-1970), l’ultimo grande Pulcinella, che portò la maschera in scena fino all’inizio della Seconda Guerra mondiale, evento che lo spinse a smetterne i panni.
In seguito Eduardo De Filippo lo convinse a indossare di nuovo la maschera di Pulcinella, volendolo accanto a sé all’inaugurazione del teatro San Ferdinando del 1954, ove De Muto impersonò Pulcinella per l’ultima volta. Lo stesso Eduardo indossò più volte la maschera di Pulcinella in alcune sue rappresentazioni teatrali.
Da sempre il personaggio di Pulcinella incarna i tipici tratti della personalità popolare napoletana. Furbizia, irriverenza, ironia, sarcasmo, generosità. È il simbolo del riscatto del popolo che si fa beffe dei potenti con l’arma della satira, riuscendo a mantenere il sorriso anche nelle situazioni più difficili, come da secoli è abituato a fare il popolo napoletano.
Francesco Bartiromo