Sanremo è Sanremo? Boh!

SanremoSANREMO (IMPERIA) – Sono stato al Festival della Canzone Italiana 2015, massima kermesse musicale che mi ha trasmesso però una sensazione di una grande tristezza.
Sarò controcorrente: ma se si valuta tutta la manifestazione dal punto di vista sociologico, con i vari annessi e connessi sembrerebbe quasi il luogo e l’occasione per alimentare aspettative e necessità di chi non vuol cambiare e resiste – a tutti i costi – nei riti e nella sacralità di gesti e momenti consumati, ripetuti tante e tante volte nelle diverse edizioni.
Il tutto fatto salvo l’impegno e la professionalità profusi dai tecnici, maestranze e team di gestione della Rai e delle società, come Gruppo Eventi per Casa Sanremo Lancome ed altre che hanno partecipato ed organizzato in ottica, stile ed approccio professional-industriale, confezionando un grande spettacolo mediatico, perché coinvolti nella gestione oppure come sponsor, operatori della comunicazione, cioè giornalisti, anche se non tutti, delle radio, tv, giornali etc.
Perché dico grande tristezza? Ebbene, vedere sfilare tutta questa varia umanità composta da vip, con tanto di sostanziosa carriera presente e passata e costantemente disponibili, in qualche modo coerenti ed all’altezza del Festival, insieme ai vipponi, inavvicinabili, anch’essi adeguati e tanti, una sorta di gotha.
Ma anche tanti vippini, giunti alla notorietà per puro caso e/o scaltrezza relazionale, che cercano di darsi un tono rendendosi “inavvicinabili”, senza una qualche sostanza artistica se non quella di saper articolare “bacionerie”.
Altri, vecchie glorie oramai nell’oblio, alla ricerca di una conferma o di una spolverata e recupero della propria immagine, che ti fermano e ti raccontano del loro passato famoso che forse non potrà più tornare, improbabili sosia di questa o quella star, fortemente immedesimati nella parte.
Speranzosi futuri vip che cercano di farsi notare per il vestito o per il trucco o per la capigliatura.
E poi e poi e poi!… E poi la musica, vero succo della kermesse. Penso che il Festival, a questo punto, 65 primavere, sia diventato una sorta di autocelebrazione costante e continua nel tempo. Più meno sempre gli stessi cantanti, arrangiatori, direttori d’orchestra, una sorta di compagnia di giro, senza voler offendere o richiamare nessuno in particolare.
Comprendo anche che i produttori, visti gli alti costi che comporta la partecipazione a Sanremo ovviamente cerchino stili e motivi che abbassino, in qualche modo, il rischio di un negativo riscontro al botteghino, come si direbbe per la vendita mancata di dischi / cd e per i minori ingaggi, per numero e valore, delle successive serate che dovrebbero scaturire dal passaggio a Sanremo.
Una sorta di formula magica che produca “la canzone perfetta” tale da acchiappare il pubblico totalmente ed immediatamente. Per questo motivo tendono ad ispirarsi ed inserirsi nei filoni che hanno prodotto risultati nelle precedenti edizioni, cercando di migliorarli.
Così anche per le/i cantanti, quelli che hanno audience e riscontro informatico sui social. Meglio se provenienti dai vari contenitori televisivi, ad esempio quelli della signora Maria o della signora Antonella, che hanno già un seguito e consolidata visibilità, soprattutto tra i giovani, “smanettatori di internet” e potenziali votanti hi-tec. O dello stesso signor Carlo che ha messo tutti d’accordo ed è piaciuto alla platea nazional-popolare, tanto che sarà ricordato come uno dei recordman nella storia del Festival per gli altissimi ascolti prodotti. Secondo me già con in tasca la possibilità della riconferma per il 2016.
Così per gli arrangiatori che hanno a disposizione la possibilità di utilizzare una grande orchestra, cosa rara di questi tempi per gli alti costi che la sua organizzazione ed attivazione produce. Si sbizzarriscono mettendoci di tutto e di più, in quegli spartiti. Sezioni di archi, fiati, tappeti di chitarre distorte – immancabili – ma non troppo rock, solo un pelino. Cori a profusione negli incisi per aprire il pezzo, meglio se insieme ai violini.
In conclusione nelle diverse variabili non è raro sentire brani che ci riportano ai Battiato, Rossi, Todrani, tanto per citarne alcuni.
Questa è una sorta di soft rock italico su cui alla fine deve primeggiare il bel canto e quindi le voci “tenorili”.
Embè, siamo italiani e nel mondo siamo riconosciuti per questo stile da romanza, operistico e quindi avanti “Il Volo”, ma non quello di Vince Tempera, Alberto Radius, Lavezzi & Co, di antica memoria, quello nuovo dei tre “tenorini”, due siciliani e un abruzzese.
Nulla da dire, bravi ragazzi e belle voci, brano sanremese ottimamente confezionato, grande produzione, anche se sembra poco radiofonico e trasmesso, almeno inizialmente. Ora sono legittimati e consacrati anche nel loro Paese e possono meglio e più serenamente guardare e cantare nel resto del mondo.
D’altra parte se Sanremo in qualche forma e maniera è lo specchio della nostra Italia, è questo il nuovo che avanza? A voi la risposta.
La mia è Brancale e Platinette con un pizzico di Britti.

Snicky Lou