La morte rappresenta l’ignoto e per questo è da sempre molto temuta. Le religioni credono che l’anima abbandoni il corpo dopo la morte ma continui a vivere in eterno.
Tuttavia può la coscienza o anima sopravvivere alla morte? Tante sono le esperienze che sembrano testimoniarlo. Persone di diversa etnia, cultura, religione, persino atee hanno raccontato le loro esperienze di pre-morte, definite dagli scienziati Near Death Experiences (NDE) vissute prevalentemente durante un arresto cardiaco e quindi in stato di morte clinica. Poi il loro cuore ha ripreso a battere riportandole alla vita.
Le statistiche riscontrano aspetti comuni tra le sensazioni di persone che hanno vissuto le NDE: senso di pace e serenità, assenza di dolore fisico, mancanza di percezione del proprio corpo e il fluttuare al di sopra di esso. Questi soggetti hanno potuto vedere e quindi descrivere i tentativi di rianimazione dei medici.
Inoltre queste persone hanno avvertito la sensazione di attraversare un tunnel alla cui estremità c’era una luce fortissima che non feriva la vista e di essersi poi ritrovati in un luogo bellissimo. Spesso hanno riferito di aver incontrato altri esseri incorporei e luminosi – parenti defunti o un Essere Supremo – e di aver rivisto come in un film aspetti peculiari della propria esistenza. Non hanno sentito il desiderio di tornare alla vita, ma spesso sono state indotte a farlo da altri esseri di luce. Dopo quest’esperienza molti subiscono una forte trasformazione spirituale della propria personalità.
Alcuni scienziati ritengono queste esperienze reali, come Sam Parnia, medico specialista in anestesia e rianimazione, direttore del dipartimento di Ricerca sulla Rianimazione alla Scuola di Medicina della Stony Brook University, NY. È uno dei più grandi esperti sullo studio scientifico della morte, sulle esperienze di pre-morte e sul rapporto tra mente e cervello.
Parnia fa parte del progetto AWARE (AWAreness during REsuscitation, Consapevolezza durante la rianimazione), uno studio internazionale che ha verificato le NDE riportate da pazienti sopravvissuti all’arresto cardiaco. La ricerca proverebbe che nonostante l’arresto del flusso sanguigno determini la morte cerebrale la coscienza sembra rimanere attiva. L’ipotesi è che mente e cervello siano entità indipendenti e che quindi esista la possibilità che la coscienza continui oltre la vita.
Parnia puntualizza: «Il punto è che sappiamo molto poco da un punto di vista scientifico dell’esperienza soggettiva della morte, della natura della mente umana e del suo esito durante la fase di morte clinica. Queste scoperte devono essere investigate con studi ancora più approfonditi. Se i risultati verranno replicati sarà implicito che la mente può continuare ad esistere dopo la morte del corpo».
Altri neurologi e rianimatori sostengono invece che il cervello dei soggetti in esame sotto stress e privo di ossigeno produca endorfine il cui effetto genera le NDE. Le ritengono quindi solo esperienze sensoriali.
Lo psicologo Christopher French, docente del Goldsmiths College di Londra e studioso della psicologia del paranormale sostiene che: «Le esperienze di pre-morte sono solo false memorie che alcune persone hanno sviluppato sulla base della cosiddetta imagination inflation, con la quale un soggetto fa propri i dettagli di un’esperienza come se l’avesse davvero vissuta».
Il professore Leandro Provinciali, docente di Neurologia dell’Università Politecnica delle Marche, nonché Presidente Eletto della Società Italiana di Neurologia, afferma che nei casi di arresto cardiaco non si può parlare di morte cerebrale. Inoltre aggiunge: «Cosa succede al cervello durante un arresto cardiaco dipende molto da quali aree vengono compromesse. Inoltre, se la pressione del sangue non sparisce del tutto il cervello usa lo scarso flusso che ha per mantenere attive alcune aree fondamentali, e non è impensabile quindi che rimanga presente un qualche livello di coscienza che oggi non siamo in grado di individuare».
Tiziana Muselli