NAPOLI – Al Teatro Nuovo di via Montecalvario Ambra Angiolini, dopo i consensi di critica e pubblico ottenuti nella passata stagione, torna a vestire i panni della creatura immaginata per lei dalla scrittura fantastica e tagliente di Stefano Benni in La misteriosa scomparsa di W, in scena da mercoledì 18 marzo 2015 alle 21 (repliche fino a domenica 22).
Presentato dal Teatro dell’Archivolto, lo spettacolo, con la regia a cura di Giorgio Gallione, si avvale delle scene di Guido Fiorato, le luci di Aldo Mantovani e le musiche di Paolo Silvestri, che contribuiscono a creare l’atmosfera di un mondo sospeso tra realtà e fantasia.
“V” è il nome della problematica donna protagonista dello spettacolo: un nome criptico ma neppure tanto, perché “V” è alla ricerca di “W”, il suo completamento.
Una donna incompiuta, quindi, insoddisfatta e tormentata, che sul palco si racconta, mostrando una vita variopinta e accidentata, a tratti improbabile e immaginifica, in cui il suo cammino si è sempre fermato a un passo dalla felicità, deragliando costantemente verso la sofferenza.
C’è di tutto nel percorso di questa ragazza: il disincanto verso la realtà e gli uomini che la popolano, disincanto che compare già poche ore dopo esser stata messa al mondo, gli psicofarmaci come sostegno e come prigione, amicizie e amori che finiscono in maniera traumatica, ma anche il confronto, fra sarcasmo e paradosso, con i grandi temi sociali, dal razzismo alla guerra.
«Come regista – ha spiegato Giorgio Gallione – ho sempre desiderato parlare di contemporaneità in modo comico, ma preferendo un linguaggio alto, che esulasse dal semplice sketch. Stefano Benni con i suoi libri mi è apparso proprio come il prototipo di queste qualità. V è una donna giovane, una figura tragicomica che offre al pubblico una lunga confessione, e Ambra riesce ad interpretarla con grande naturalezza e profonda sincerità».
Per la prima volta sola in palcoscenico, Ambra Angiolini fa rivivere le lotte di una donna fragile ma combattiva, determinata a ritrovare il suo tutto, in un’atmosfera completamente bianca, quasi irreale.
Il testo di Stefano Benni riesce a trasformare l’angoscia di un dramma interiore in una risata liberatoria, in cui, però, la donna s’interroga, con dolore e paradossi, sul senso d’incompletezza che percepisce, e sulla sua vita che continua, nonostante tutto, a perdere pezzi.