Come di consueto anche quest’anno all’alba dell’ultima domenica di marzo le lancette degli orologi sono state spostate un’ora in avanti, precisamente alle 2 di notte.
È un processo che coinvolge la maggior parte dei Paesi occidentali altamente industrializzati, come Europa e Stati Uniti d’America, e ha lo scopo di approfittare dell’allungamento delle giornate per “risparmiare” un’ora di luce durante quelle lavorative.
In particolare la fascia oraria interessata dal risparmio energetico sarebbe quella compresa tra le 18 e le 19: con l’introduzione dell’ora cosiddetta legale in alcuni periodi si vedrà tramontare il sole ben oltre le ore 20.
Secondo le fonti ufficiali addette al controllo dei flussi di energia elettrica in Italia l’adozione dell’ora legale nel periodo compreso tra il 2004 ed il 2012 ha permesso un risparmio di oltre 6 miliardi a kilowattora, pari a 900 milioni di euro.
Ma altri esperti dell’ambiente medico di contro denunciano gli effetti negativi dell’introduzione dell’ora legale sulla salute delle persone, in particolare riguardo i disturbi psicofisici del bioritmo nella vita quotidiana. Infatti soprattutto il primo giorno dell’introduzione dell’ora legale viene vissuto in maniera abbastanza traumatica, proprio a causa dell’ora di sonno persa, con considerevoli ripercussioni sull’umore e sulla salute dei cittadini per l’alterazione forzata del naturale ciclo del sonno-veglia.
Gli effetti collaterali possono perdurare anche per settimane o addirittura mesi, perché l’organismo fa fatica ad abituarsi a questo “sconvolgimento” del naturale ciclo giornaliero. Uno dei disturbi più diffusi è il senso di spossatezza accusato nei giorni immediatamente seguenti all’introduzione dell’ora legale, un senso di stanchezza dovuto al “mal riposo” causato dall’ora di sonno sottratta che si ripercuote durante le ore lavorative dei giorni successivi.
Gli stessi disturbi si ripresentano nuovamente anche in occasione del ripristino dell’ora solare, dopo che alcune persone magari ci avevano messo mesi ad abituarsi al cambio d’orario. Il tal caso il brusco accorciamento delle giornate genererebbe nell’individuo un certo senso di malinconia nel vedere il sole che tramonta già poco dopo le 16.
Secondo molti detrattori dell’ora legale il presunto risparmio energetico tanto decantato dalle fonti ufficiali sarebbe inesatto, perché si basa soltanto sul consumo della luce elettrica e non tiene conto del fatto che in piena estate i climatizzatori istallati nelle sedi di lavoro rimangono accesi per un ora in più ogni giorno con un notevole consumo di energia elettrica, forse maggiore del risparmio che si avrebbe dal minore uso di luce elettrica. Inoltre gli stessi fanno osservare che in realtà, almeno negli uffici pubblici e nelle sedi di lavoro, in estate le luci interne restano accese anche in pieno giorno, evidenziando ancor di più l’inutilità dell’ora legale.
Nel nostro Paese l’introduzione dell’ora legale ha origini nel 1916: durante la Prima Guerra Mondiale aveva lo scopo di approfittare dell’ora di luce in più per aumentare la produzione giornaliere delle armi. Successivamente, dopo essere stata abolita nel 1920, venne nuovamente reintrodotta in occasione della Seconda Guerra Mondiale, precisamente nel 1940.
L’ora legale stabilita per legge venne definitivamente introdotta nel 1966. Inizialmente durava soltanto 4 mesi, ovvero nel periodo compreso tra l’ultima domenica di maggio all’ultima domenica di settembre. Successivamente, nei primi anni Ottanta, il periodo dell’ora legale venne prolungato anticipandone l’introduzione all’ultima domenica di marzo.
L’ultima modifica è avvenuta nel 1996 quando con un ulteriore decreto legge si è deciso, conformandosi col resto dell’Europa occidentale, di posticipare il ripristino dell’ora solare all’ultima domenica di ottobre, riducendo così il tempo dell’ora “normale” a soli 5 mesi su 12, e rendendo ancora più brusco il processo dell’accorciamento delle giornate nella percezione delle persone.
L’ora “legale” è un fattore che si inserisce nel naturale processo di industrializzazione della società moderna, secondo il quale anche la cosiddetta ora “solare” è in realtà una convenzione sociale, una costruzione avvenuta con l’invenzione degli orologi, dal momento che anche all’interno della stesso stato la posizione del sole non è uguale in tutte le città.
Infatti la “vera” ora solare, basata cioè sul naturale movimento del sole, varia da regione a regione, pur lungo la meridiana del medesimo fuso orario. In pratica, facendo un esempio, nella stessa ora la posizione del sole che si può riscontrare a Napoli è decisamente diversa da quella osservabile a Milano.
Nelle società arcaiche il tempo di lavoro degli uomini era infatti basato unicamente sul movimento del sole: indipendentemente dalle stagioni i contadini si svegliavano sempre all’alba e terminavano le loro attività lavorative poco prima del tramonto.
Nei secoli successivi, con l’invenzione degli orologi meccanici, l’esigenza di uniformare le ore lavorative sul tutto il territorio nazionale ha fatto sì che i diversi Paesi del mondo centralizzassero l’ora statale sull’orario della propria rispettiva capitale, ovviamente sempre lungo la stessa meridiana terrestre (infatti le grandi nazioni come gli U.S.A., la Russia e la Cina, estendendosi su un immenso territorio che comprende più meridiane terrestri, presentano diversi fusi orari).
L’ora statale è l’ennesimo esempio di come l’uomo moderno abbia ulteriormente perso il rapporto con la natura, al punto da dover disporre di uno strumento artificiale per sapere a che ora della giornata dovrà alzarsi, pranzare e dormire.
Francesco Bartiromo