Il 16 di luglio in piazza del Mercato a Napoli si festeggia la Bruna Vergine del Carmelo, la Madonna del Carmine.
In questo luogo che vide i trionfi dei vicerè spagnoli e dei Borbone, teatro delle esecuzioni di Corradino di Svevia e di Masaniello, dei martiri del 1799, sorge l’antica chiesa sovrastata dal famoso campanile maiolicato.
All’interno della chiesa del Carmine Maggiore si trova il quadro della Vergine che la tradizione attribuisce nientedimeno che a san Luca Evangelista. Il dipinto venne restaurato nel 1699 da Francesco Solimena.
La chiesa fu ingrandita da Carlo d’Angiò nel 1269 e poi dall’imperatrice Elisabetta, che vi diede sepoltura al figlio Corradino di Svevia. Sin dal 1265 opere pittoriche arricchiscono la chiesa. Il pavimento venne realizzato nel 1619 da Nicola Carletti mentre il soffitto fu affrescato nel 1637. Distrutto da un violento incendio, fu fatto rifare dal cardinale Filomarino nel 1657.
La facciata fu rifatta dal Del Gaizo nel 1766 mentre la navata centrale nel 1767 dall’architetto Nicolò Tagliacozzo Canale.
Un’approfondimento particolare va fatto sul campanile. La fabbrica fu realizzata dal Conforto e la cuspide maiolicata da Frà Giuseppe Nuvolo, al secolo Vincenzo de’ Nuvolo nel 1217 sotto Onorio III, figlio di Corrado IV.
Il campanile ha un’altezza di 75 metri e fu reastautaro nel 1459 dal Palmidena. Nel 1512 venne dotato delle nuove campane chiamate del Carmelo, dono dei popolani dei borghi Loreto, Lavinaio, Mercato e Marina. Il restauro fu portato a termine nel 1631 da Giacomo Conforto.
La tradizionale festa della Madonna Bruna inizia ogni anno il 15 luglio: la sera alle 22 si spegne l’illuminazione e dal campanile si sviluppa il famoso “incendio” che l’intercessione della Vergine “spegne” miracolosamente tra gli entusiastici battimani dei devoti.
Pare che la festa avesse origine dalla devozione alla Madonna Bruna dei pescivendoli dei rioni napoletani. Si sa che già ai tempi di Masaniello c’era l’usanza di fingere un attacco ad un fortino in legno allestito appositamente in piazza Mercato. Popolani vestiti da turchi custodivano il castelletto che veniva attaccato da pescivendoli in ricordo della battaglia di Goletta contro i saraceni. La rappresentazione si chiudeva con l’incendio della struttura lignea.
Masaniello fu uno dei lazzaroni che andavano all’assalto del fortino: la sua rivolta iniziò proprio durante i preparativi della festa del Carmine.
La celebrazione in seguito fu anche onorata dai Borbone, specialmente da Ferdinando IV in poi: rendevano omaggio alla Vergine donando due barili di polvere pirica per la spettacolare simulazione dell’incendio. La corte assistette ai festeggiamenti fino al 1859.
Anche i Savoia in visita a Napoli nel 1946 ossequiarono la manifestazione religiosa: Maria José e Umberto vi parteciparono con piacere.
La tradizionale festa del Carmine continua ancora oggi richiamando fedeli e tanti turisti. Un mare di bancarelle disposte intorno il largo antistante la chiesa vendono ogni ben di Dio, tra le quali non manca mai quella del mellonaro che offre fresche e dissetanti fette di anguria, ma anche quella dei taralli ‘nzogna e pepe. Naturalmente la festa è accompagnata da canzoni napoletane diffuse da altoparlanti posizionati nella piazza.
Un grande successo annuale che affonda le radici nella religiosità partenopea: e, si sa, a Napoli basta poco per festeggiare … E quando poi si tratta di onorare la Madre di Gesù, ancora meno!
Michele Di Iorio