SANT’ANNA DI STAZZEMA (LUCCA) – È la mattina del 12 agosto 1944. L’aria è stranamente tesa per questa cittadina tranquilla e felice. Gli uomini che lavorano nella campagna hanno visto delle luci, razzi rossi che solcano il cielo. Qualcuno comprende che i nazisti stanno marciando verso il paese. Infatti i soldati della sedicesima divisione corazzata Reichsfuhrer-SS con alcuni fascisti collaborazionisti in funzione di guide circondano la cittadina. Gli uomini si rifugiano nei boschi, mentre il resto della popolazione cerca protezione nelle proprie case. Non sanno che sta per scoppiare l’inferno.
La furia delle SS è atroce: massacrano ed uccidono con mitra, bombe a mano e fuoco circa 560 civili di cui circa 130 bambini. La più piccola, Anna Pardini, ha solo 20 giorni.
La piazzetta davanti alla chiesa del paese diviene l’epicentro della strage. I nazisti irrompono nel luogo sacro e minacciano di morte il sacerdote ed i fedeli presenti se entro 15 minuti non riferiscono loro dove sono nascosti i partigiani. Nessuno può dare questa risposta: i partigiani non hanno mai raggiunto Sant’Anna.
Trascorso il tempo le SS li uccidono, raccolgono sui loro corpi le panche della chiesa. E poi vi danno fuoco. Altre persone presenti vengono spinte vive nel rogo. I soldati entrano anche nelle abitazioni e rastrellano le persone chiudendole nelle stalle e nelle cucine, dove le ammazzano. Poi cospargono di paglia le case e le incendiano. Anche chi cerca di fuggire verso il bosco è raggiunto dai colpi di mitra ed ucciso.
Il delirio omicida dei nazisti non si arresta: lanciano in aria i bambini piccoli e li uccidono sparandoli alla testa. Alcune donne vengono sventrate, altre impalate. Tutta la città è ormai in fiamme, sterminata in sole tre ore e l’aria è satura dell’odore acre della carne umana bruciata. Rimangono solo alcuni superstiti, spesso bambini, riusciti a nascondersi sfuggendo alla furia delle SS o risparmiati da qualche soldato impietosito.
Pochi mesi dopo la magistratura militare americana ed italiana inizia le indagini sull’eccidio, senza però portarle a termine.
Per lungo tempo le procure militari sembrarono dimenticarsi del grave accaduto. Nel 1994 il magistrato Antonino Intelisano si occupò di Erich Priebke, comandante delle SS, colpevole di aver partecipato alla pianificazione ed organizzazione dell’eccidio delle fosse Ardeatine.
Intelisano chiese alla procura militare tutta la documentazione relativa al caso. Durante le ricerche nella sede della Procura Militare di Roma fu rinvenuto un armadio con le ante rivolte verso il muro. L’armadio della vergogna – come fu definito – conteneva 695 fascicoli sulle stragi naziste, tra cui quella di Sant’Anna, con i nomi e cognomi dei responsabili. Infatti i nazisti compirono molti massacri in altre cittadine italiane mietendo un numero altissimo di vittime. I fascicoli riportavano la scritta “provvisoriamente archiviati”: una denominazione inesistente per il codice militare.
Si ritiene tuttora quindi che la documentazione tedesca fosse volutamente nascosta. Il silenzio sulle stragi naziste dipese probabilmente da interessi politici circa la nascente NATO e l’Europa e dai rapporti tra Italia e Germania: equilibri troppo delicati per essere compromessi.
Tuttavia nel 2002 il magistrato Marco De Paolis del tribunale militare di La Spezia decise di indagare sull’eccidio del 12 agosto 1944. De Paolis dedusse che la strage di Sant’Anna fu una «… pianificata, organizzata e deliberata azione di sterminio» per punire i cittadini ritenuti di supporto alle forze partigiane.
Inoltre con la legge n.107 del 15 maggio 2003 venne istituita una commissione parlamentare di inchiesta per indagare sulle anomale archiviazioni “provvisorie” e sull’occultamento dei suddetti fascicoli « … contenenti denunzie di crimini nazifascisti».
Infine nel 2007 venne confermata in cassazione la sentenza del tribunale di La Spezia di condanna all’ergastolo per le SS responsabili del massacro. Gli imputati, ultraottantenni, non varcarono mai le porte del carcere, ma moralmente fu resa giustizia a Sant’Anna di Stazzema ed ai suoi abitanti, vittime di una strage ancora oggi dimenticata.
Per giungere a comprendere la dinamica dei fatti la procura militare fece un grande lavoro di ricerca, anche grazie all’ausilio di periti storici, alle testimonianze dei civili sopravvissuti al massacro e a quella delle SS.
Nel 1970 al comune di Stazzema venne conferita la medaglia d’oro al valor militare, mentre negli anni successivi è stata elargita la medaglia al valor civile ai cittadini che si distinsero per il loro eroismo.
Nel 2000 invece nella cittadina fu istituito il Parco nazionale della Pace per tenere viva la memoria dell’eccidio ed educare i giovani alla giustizia, alla pace ed al rispetto, divenendo luogo di eventi espressione di tali valori. Il parco si erge nei luoghi della strage e abbraccia il Museo Storico della Resistenza e il Monumento Ossario dove riposano i resti di tutte le vittime.
Tiziana Muselli