L’ultima domenica di agosto nel quartiere napoletano del Pallonetto si festeggia ‘a ‘nzegna, un’antica festa pagana che precede quella di Piedigrotta dedicata alla Vergine Maria.
Gli abitanti di quel quartiere sono di tradizione antica pescatori e marinai, rematori di lance reali sotto gli spagnoli e marinai militari e civili della flotta borbonica … oltre che contrabbandieri famosi.
Il nome del quartiere deriverebbe dall’usanza di giocarvi nelle belle giornate a pilotta o pelota, il gioco di origine basca. Un tempo le donne vendevano acqua solfurea o ferrata e ‘e purpe cuotte int’a ll’acqua e mare. I vecchi intrecciavano nasse, riparavano reti e vendevano frutti di mare. I ragazzi invece erano tra gli scugnizzi che spadroneggiavano nel porto della capitale del Regno delle Due Sicilie.
La festa della ‘ nzegna deriva dall’usanza di gettare nel fuoco abiti vecchi e incignare o mostrare i nuovi. Gli abitanti del Pallonetto sono detti luciani dalla chiesa della Madonna della Catena costruita nel 1576 in via Santa Lucia, dove sono conservate le ceneri dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, fatto impiccare dai Borbone nel 1799.
L’immagine della Madonna della Catena secondo la leggenda popolare sarebbe stata tirata a riva dalle reti di pescatori. La Vergine fece subito un primo miracolo spezzando le catene di tre luciani condannati a morte.
Una curiosità: il 24 luglio del 1771 la festa fu preceduta dall’inaugurazione dell’invenzione scientifica della carrozza anfibia nelle acque di Santa Lucia da parte del colonnello e principe Raimondo de Sangro di Sansevero, che pochi giorni dopo nei primi di agosto di quell’anno si arenò con quel mezzo avveniristico e fu salvato e portato a riva a nuoto dai pescatori e marinai del Pallonetto.
I luciani sono sempre stati filoborbonici e fedelissimi al re. Ferdinando IV amava stare tra di loro e travestirsi da pescatore per onorare la Madonna nell’ultima domenica di agosto. Con loro si divertiva a fare pernacchie ai nobili e alla regina Maria Carolina. Vendeva il pesce che aveva appena pescato e mangiava pizze e maccheroni con le mani tra le risate del popolo.
Il re assisteva alla festa dei luciani da un palco galleggiante nel porticciolo di Santa Lucia, lungo la strada fatta costruire dal viceré cardinale Borgia nel 1620. A mezzogiorno in punto il capoluciano bardato a festa con bastone dal pomo d’oro insieme al popolo con tamburi e tamburelli, tra sische e pernacchie seguiva un lazzaro travestito da donna secutato da un lazzaro che gli lanciava fichi Troiani, mentre altri danzavano bruciando una vecchia barca e si tuffavano vestiti in mare alla ricerca simbolica dell’immagine della Madonna per poi nuotare fino al ponte e fare fuoco con un cannoncino per salutare il re.
Dopo la fine del Regno delle Due Sicilie, la festa scomparve, ma venne ripresa per volere del sindaco e armatore Lauro nel 1962. Ebbe maggior impulso dal 1864, anche se ancora in tono minore. Da allora i popolani vestiti con vecchie uniformi borboniche, di cui due con i costumi del re e della regina, rinverdiscono gli sfarzi del periodo borbonico. Nella festa rivive ‘O luciano d’o Rre immortalato dal poeta Ferdinando Russo con i popolani e i neoborbonici dei comitati culturali.
In quell’ultima domenica di agosto il pranzo in casa dei luciani è ancora lo stesso di una volta: minestra maritata, cosciotto di agnello, melanzane con cioccolata, scorzette dolci e canditi. Tra le strade del quartiere ‘o pazzariello vestito da maresciallo di campo o generale di divisione borbonico seguito dai luciani in festa si reca davanti la Reggia per rendere omaggio al re, proprio come tanti anni fa. Una memoria sempre viva.
Michele Di Iorio