Spesso ci troviamo in una condizione esistenziale che ci fa apparire i pensieri e i problemi affollarsi sempre di più dentro di noi in un modo complicato e complesso
Tutto sembra ingigantirsi fino al punto di sentirci quasi impotenti a gestire e risolvere le problematiche che ci coinvolgono.
Un po’ ciò che accade ad uno scrittore quando si trova davanti al foglio bianco e in quel preciso momento sa che potrebbe scrivere e raccontare l’intero universo e non fa altro che guardare quel foglio bianco senza scrivere una prima parola. La prima parola, quella che poi condizionerà il contenuto di tutta la pagina.
Quando mi succede questo mi ricordo sempre di un episodio di quando ero ragazzino.
Era d’estate. Era Ferragosto. Festeggiavamo tutta la famiglia nel cortile del palazzo. Si mangiava tutta la grande famiglia sotto il pergolato. Nel centro del centro di Napoli.
Mio nonno comprava sempre una grande anguria. Mi colpiva sempre il fatto che ogni anno, chiunque tentava di tagliarla a fette viveva sempre una grande difficoltà: le fette, alla fine del taglio, erano sempre tutte deformi, irregolari, l’anguria si spappolava al centro e qualche volta qualcuno si feriva anche le dita con il coltello mentre tentava maldestramente di tagliarla.
In via Arena Sanità, allo slargo della fontanella, appena fuori il vico Lammatari, ogni estate si piazzava ‘o Nirone, un venditore di angurie.
Sistemava tutte quelle grosse angurie intorno la fontanina e davanti ad essa un tavolo con sopra due blocchi di ghiaccio. Sopra i blocchi di ghiaccio, ordinatamente in fila, disponeva le fette rosse di anguria che vendeva ai passanti accaldati.
Erano tutte sorprendentemente uguali quelle fette, tutte dello stesso spessore, tutte della stessa dimensione. Non riuscivo a spiegarmi come faceva a tagliarle così perfette e precise.
Una mattina, di prima mattina, decisi di andare in quel luogo per osservare ‘o Nirone mentre tagliava le angurie per carpirne il segreto.
Apriti cielo! Si aprì un mondo davanti ai miei occhi. Scoprii che era tutta una questione di conoscenza della forma e di approccio razionale e geometrico alla realtà, con l’obiettivo di semplificare una forma complessa in tante piccole forme più semplici e gestirle poi autonomamente indipendentemente dalla forma complessa che le conteneva.
In buona sostanza ed in estrema sintesi, ‘o Nirone operava il primo taglio longitudinalmente all’anguria, seguendo il diametro maggiore e separando l’anguria in due parte uguali e allungate.
Il primo taglio era quello più complicato, perché la superficie curva del frutto lo faceva oscillare e lì ci voleva un grande coltello che con un sol taglio, preciso, netto dividesse il frutto in due parti uguali.
Poi disponeva la metà del frutto con la parte piana sul piano del tavolo; operava ancora un taglio longitudinale, in modo tale che aveva due metà ancora più gestibili. Il taglio questa volta era più semplice da eseguire, perché la metà del frutto era appoggiato con il lato piano e non aveva possibilità di muoversi. In questo modo otteneva l’anguria divisa in quattro parti uguali, tagliate sul lato lungo.
Ognuna delle quali, sempre appoggiata con il lato piano sul tavolo, veniva divisa con un taglio trasversale in due metà: otteneva, così, otto parti piccole della grande anguria, ognuna delle quali, facilmente gestibile.
Sempre con il rosso, quindi il lato piano appoggiato sul tavolo, iniziava l’operazione del taglio della fetta. Un colpo preciso, netto unico: il coltello, affilatissimo, entrava nella dura buccia verde dell’anguria e sprofondava come il burro, senza sforzo, con un sol colpo senza muovere il coltello. ‘O Nirone tagliava una fetta precisa netta, pulita, e così via, tutte uguali, senza neanche guardare, parlando con gli amici che aveva intorno.
In neanche due minuti, quella grande anguria, che era sempre un problema tagliarla a fette nella mia famiglia, diventò una esposizione di fette tutte uguali, rosso fuoco sul bianco dei blocchi ghiaccio, aspettando il passante accaldato che l’acquistasse.
Da quella mattina mi sono sempre proposto io di tagliare l’anguria, con la grande gioa e felicità di tutti.
Quel metodo mi è servito tanto per affrontare in seguito problemi complicati e complessi,
In buona sostanza tutto, anche il più complicato e complesso dei problemi, dei problemi, può essere ridotto ad una sommatoria di piccoli problemi, semplici e facilmente gestibili.
Mario Scippa