La storia dell’antica città di Avella, in provincia di Napoli, risale al 2000 a.C. Il territorio, abitato da una popolazione agricola osco sedicina, sedentaria e non bellicosa, era un’importante roccaforte osco italica. Dal 700 a.C. si fuse con gli Etruschi che si diffusero in Campania provenienti da centro della penisola dilaganti insediandosi tra Capua, Castelvolturno, Acerra, Nola, Ercolano, Marcina o Salerno.
La cittadina etrusca di Clavis fu il primo nucleo dell’attuale Avella. Dopo la prima sconfitta subita a Cuma ad opera dei greci nel 516 a.C. gli etruschi ripiegarono su Capua e su Clavis, protetti dagli osci nelle loro grotte. Fondarono un’importante necropoli,
Clavis venne occupata dai romani nel 399 a.C. arricchendola con il foro, l’acropoli, una nuova necropoli, strade, acquedotto, un grandioso anfiteatro simile a quello di Pompei, monumenti, mura di cinta, pozzi. Fu municipio romano dal 90 a.C. e potette godere di leggi proprie.
Nell’87 a.C. dopo la ritirata di Silla fu occupata dai sanniti che la distrussero per vendetta, ma fu riconquistata dai romani pochi anni dopo e ricostruita.
Clavi con il tempo diventò Abella. Tra le sue vestigia più di rilievo c’è il Cippus abellanus, il più importante documento osco dopo le Tabulæ iguvinæ inciso su una pietra calcarea di 1,83 m L’iscrizione si sviluppa da destra a sinistra e riporta 32 linee sulla parte anteriore e 26 su quella posteriore.
Il Cippo avellano era di proprietà di un ecclesiastico, il primicerio Borzetti di Avella, che l’aveva utilizzata come soglia della sua abitazione. Acquistata nel 1754 dal padre somasco Stefano Remondini di Nola venne trasferita nella biblioteca del seminario vescovile nolano.
Il testo fu tradotto dallo studioso tedesco Momsen che lo datò all’incirca ai tempi della seconda guerra punica. Tratta della convenzione tra Avella e Nola per l’acquisto del terreno su cui sorgeva il tempio romano di Ercole.
Avella fu conquistata e distrutta da Alarico re dei visigoti nel 410 d.C. e poi da Genserico nel 455 d.C.
Nel 700 d.C. il duca longobardo Zottone di Benevento signore di Avella fece costruire il castello di San Michele sulle rovine del tempio di Giove, dove una volta c’era il culto anche di Ercole, Apollo e Diana. In seguito era stato oppidum romano e poi castrum longodbardo.
Accanto venne eretta la bellissima chiesa di San Michele officiata dai benedettini e poi nel Settecento dai padri somaschi. Custodita dai Cavalieri Templari della Commenda di San Michele e della valle del Fusaro, lungo il vallone dove scorre il fiume Clavio, nel 1312 passò ai Cavalieri di Malta.
Il paese venne attaccato nel 884 d.C. dai saraceni che imperversavano su tutta la costa da Cuma a Formia. Il castello, distrutto, fu ricostruito l’anno seguente per ordine dell’abate Pacichelli castellano di Sant’Elmo. Sembrava inespugnabile ma fu preso a tradimento nel 888 d.C. dagli ungari.
Quindi passò ai normanni nel 1237 con il conte Arnoldo. L’ultimo conte di Avella fu Rinaldo II nel 1315, grande ammiraglio del Regno di Napoli e ambasciatore presso la Santa Sede.
Il maniero appartenne dal 1460 ad Aspreno Colonna Doria del Carretto, poi restaurato nel 1599 dal conte Pietro Spinelli, la cui famiglia lo detenne a lungo come castellania e feudo. Danneggiato dai terremoti del 1796 e 799 del 1805 riportò gravi danni al mastio e alle torri cilindriche.
Avella fu municipio giacobino nel 1799. La cacciata dei rivoluzionari avvenne ad opera dall’ex sindaco avvocato Giuseppe Barba che nel marzo a capo di 300 uomini tra contadini, fittavoli, campieri, montanari sconfisse sulle gole di Monteforte il reggimento di Guardie repubblicane di Florestano Pepe. Un mese dopo piegò anche la legione di Ettore Carafa.
L’avvocato Barba, rientrato in forze ad Avella il 25 maggio con l’aiuto della banda borbonica del Colonnello regio de Filippis di Montorio Inferiore, il 5 giugno fu raggiunto a Nola liberata dai francesi e giacobini dal cardine Fabrizio Ruffo. Non solo: il 13 giugno sconfisse a Marigliano la legione repubblicana di Napoli comandata dal generale Federici. Ferdinando IV come riconoscimento gli assegnò patenti di nobiltà e commende. Giuseppe Barba ricoprì nuovamente la carica di sindaco fino al 1806.
Una curiosità: Avella non ha solo una grande e antica storia ma è famosa anche per l’eccellente coltivazione delle nocciole, decantate da Publio Virgilio Marone.
Michele Di Iorio