La reseda è una pianta erbacea della famiglia delle resedacee (Reseda lutea), con infiorescenze a grappolo di colore giallo-verdognolo, molto profumate; è originaria dal Nord Africa e dall’Europa meridionale.
I fiori che crescono sono poco appariscenti, di colore variabile a seconda delle specie dal bianco al giallo, dall’arancio al verde, ed è coltivata per il suo intenso profumo; viene largamente utilizzata per la cosmesi e la preparazione di profumi.
Le foglie sono alterne, disposte a formare una rosetta alla base del fusto.
Il nome deriva dal latino resedare = calmare, in riferimento alle proprietà medicinali attribuitele.
Nominando Reseda si pensa alla calma, alla bellezza, al Nord Africa, all’ Europa meridionale al Mediterraneo.
Sono gli stessi elementi semantici intorno cui ruota tutta la poetica di Angelo Casteltrione.
Il suo entusiasmo, la sua generosità, il suo essere “mediterraneo”, traspaiono prima dal suo sorriso e poi dalla sua fotografia. Immagini sempre semplici, mai artefatte, mai gratuitamente spettacolari. Il suo è sempre un linguaggio diretto e mai che ricalca immagini e linguaggi visti.
Una bellezza che è volutamente poco appariscente, un po’ nascosta e quindi tutta da scoprire.
Come nel linguaggi dei fiori ci dice la Reseda.
Cum Finis, insieme sul limite, in un territorio di Margine, dicemmo all’inaugurazione della rassegna dei 13 fotografi che ho invitato.
Con Angelo Casteltrione siamo sempre sul limite, sul confine del sensibile, di ciò che ci appare scontato.
Il fotografo, l’artista, ci accompagna con le sue immagini in un territorio dove la bellezza traspare nelle cose più semplici, quasi scontate ai nostri occhi.
È ricercata con sensibilità sempre nelle cose poco appariscente, in punta dei piedi, in silezio, nelle atmosfere più semplici.
Fare poesia, disse qualcuno, è far apparire straordinario ciò che è normale e scontato.
Casteltrione scrive poesia con la luce.
È poesia lo squarcio di muro che racconta, con la stratificazione dei colori naturali e crudi della pietra bruciata dal fuoco, la storia di Napoli e la bellezza della natura selvaggia che lo divora.
Un’immagine di ruskiniana memoria.
La denuncia del degrado, spesso presente nelle sue immagini, si allontana dai canoni linguistici del fotogiornalismo entrando a pieno titolo nella ricerca pura della bellezza della forma nella dimensione della poesia.
Come nel riflesso di una pozzanghera che si crea in una strada dissestata, la fotografia che ha proposto alla presentazione della rassegna durante la collettiva Cum Finis.
In quel riflesso si legge l’armonia di una architettura settecentesca. La cruda realtà vista e proposta attraverso il suo riflesso, come ci ha insegnato Calvino quando parlava della leggerezza.
Quella serie di ombrelli su un prato che diventa chiara citazione alla pittura degli artisti napoletani della scuola di Resina, dove forse l’autore vuole ricordarci delle sue radici culturali che affondano nella poetica dei vari autori che partendo dalla pittura dal vero hanno avuto contatto con gli impressionisti francesi a Parigi: Ragione, De Nittis o i Dalbono, la scuola di Resina.
Ma l’apoteosi che lega la fotografia di Casteltrione al linguaggio complesso e stratificato dell’arte e in particolare della pittura napoletana è la natura morta con pesci.
In questa foto Angelo fa un omaggio al periodo più forte della pittura napoletana, il periodo barocco del seicento. È una chiara citazione di un grande artista napoletano protagonista assoluto di quel periodo storico-artistico, Giuseppe Recco.
È incredibile come la gamma cromatica nell’immagine fotografica sia analoga quella di un quadro in particolare del maestro barocco.
La composizione: nel quadro dell’artista barocco il gruppo di pesci è leggermente inclinato dall’alto a sinistra fino all’anguilla in basso a desta; nella foto l’anguilla diventa una corda bagnata. Nelle due immagini, l’anguilla in Recco, la corda in Casteltrione, sono le linee generatrici e ordinatrici della composizione armonica ed equilibrata nella forma e nel colore che racconta un momento di normale quotidianetà che è sempre esistito a Napoli, l’arrivo della paranza. Che bellezza.
La bellezza tante volte è proprio là, sotto i nostri occhi. Là, dove ci sembra tutto scontato.
Ce lo dice quel fiore: La Reseda
Inaugurazione della mostra il 15 Novembre ore 18.30 al Salotto Letterario Antichità Scippaa Napoli, in via Vannella Gaetani 21, info 0817642922
Mario Scippa