Dracula: il suo creatore è morto 100 anni fa …

«Eh sì, glielo dovevo proprio…», mi sta dicendo, questo strano personaggio con cui converso, riferendosi a Bram Stoker, il creatore  di “Dracula”, nel suo romanzo del 1897.
Ma è come se stesse parlando a se stesso, interrompendosi e restando in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto. Ha un’età indefinibile; la pelle liscia; l’impressione è che sia innaturalmente liscia : ma oggi con i miracoli della chirurgia chiunque può averla, maschio o femmina.
Ma è una liscezza che pare tesa su ossa antiche, se così posso dire: di un’età molto, molto anziana.
E gli occhi poi …
Sono di un’oscurità che non si limita a essere cromatica: ma sembra che faccia convergere dentro di sé tutta la tenebra che circonda ogni singola parte dove c’è una sia pur tenue luce.
È un effetto indefinibile: ma decisamente impressionante. Tuttavia non emana da lui una sensazione che inocula la paura: al contrario, è come se dal suo sguardo, uscisse una controllata calma: un’atmosfera che spinga all’accettazione della sua figura.
A ripensarci, ora e da lontano, non è una persona che, ad osservarla da vicino, comunicasse un senso di totale sicurezza.
Comunque, come si suol dire, avevo preso le mie precauzioni: il nostro rendez-vous era fissato in un bar frequentato della periferia, anche se seduti in una specie di séparé, che ci proteggeva dai flussi di pubblico.
Stavo facendo una ricerca sul film “Nosferatu” del 1922, cioè 80 anni fa (di Friedrich Murnau, uno dei capolavori dell’Espressionismo tedesco), basato sul mito del vampiro.
Ma il mistero del film è il suo attore protagonista Max Schreck, il cui stesso nome significa “massimo orrore”. Chi era? Da dove veniva? Ha fatto qualche altro film? Si è pensato ad un attore di teatro che non volendo “sporcarsi” la carriera di attore colto, avesse assunto uno pseudonimo, in linea con il tema del film: ma ugualmente il mistero permane.
Mi aveva contattato telefonicamente, promettendomi notizie importanti. Dopo i convenevoli, a un mio sguardo, forse non molto educato, ma esplicito nel domandare perché mi aveva portato colà, aveva cominciato  a parlare dell’autore del libro cui è ispirato il film del ‘22.
Poi, come dicevo, si era interrotto.
Quindi, come se si fosse riscosso da quel silenzio, mi fa, quasi leggendomi nel pensiero: «Come ho fatto a raggiungerla, si domanderà? E perché ho introdotto l’irlandese (Bram Stoker è nato nei pressi di Dublino)? Che c’entra con la sua ricerca?».
Mi guarda con un sorriso divertito: un sorriso che rischiara un volto fermo, dall’espressione remota, indecifrabile.  Ma è un sorriso che mi suggerisce uno stato d’animo d’inquietudine.
Comunque, continua, dopo una breve interruzione a effetto: stava saggiando se la sua sicurezza nell’intuire le mie intenzioni mi avesse meravigliato? E dice: «Abraham (dopo un attimo d’incertezza, riconosco il nome completo di Bram Stoker), aveva conosciuto un tipo fuori del normale che si aggirava per  le campagne del suo paesotto e che poi si presentò col nome del prof. Arminius Vambéry, dall’accento strano, simil-slavo e che poi si spacciò per ungherese. Lo incontrò a più riprese, dal 1890 in poi.
Le indicazioni sull’età di questo sedicente docente di diverse Università dell’Est europeo, furono sempre vaghe; e tali, se non contraddittorie quelle sul suo insegnamento, che oscillavano dall’astrologia alla pura e semplice negromanzia, che lui arditamente spacciava per antropologia.
Col passare del tempo, però, lo stesso Bram, ne era sempre meno affascinato per poi mutare dal timore alla repulsione più completa. Perché? In un appunto lasciato al suo amico e datore di lavoro, il famoso attore Henry Irving, si parla di “gente che col tempo non invecchia, ma è sempre giovane” che “fa discorsi strani, pieni di paure e antiche superstizioni, ben oltre la sua stessa immaginazione”, gente molto vicina  a lui … ».
«Ma quindi parla dei suoi racconti e romanzi sui Vampiri e latre creature malefiche?», io interrompo senza rendermi conto …
E il mio interlocutore riprende, divertito dell’interesse che aveva suscitato: «Si. Però, nel mentre  ne approfondiva la conoscenza, in chiave per così dire letteraria, e non si sottraeva, anzi si lasciava prendere completamente da quel fascino perverso che il Male suscita, in realtà più tempo passava e più si rendeva conto di essere preda della fascinazione, non solo letteraria, ma personale di questo professore.
La sua stretta frequentazione gli diede materiali sul Conte Dracula, il forse storico Vlad Tepeç Dracùl.
Però scattò la paura. Lasciò la sua Irlanda e andò a Londra con Irving, dirigendo il suo teatro», qui fece una pausa, il suo volto vide un altro sorriso, e continuò: «Ma anche con l’attore ebbe una sorta di malìa personale … si vede che doveva essere succubo di qualcuno, in ogni caso … »
«Ma, scusi – domando – come fa ad essere sicuro di tutte queste affermazioni: in realtà lei sta dando interpretazioni strane e gratuite di dati storici riportati sulla vita dello scrittore …».
Al che mi guarda fisso, portando i gomiti  sul tavolino e appoggiando il mento sulle mani. Questa fissità dura un tempo indefinito. Quanto? Ora non saprei dirlo. Però ricordo che mi parve naturale questa lunga pausa: il mondo si era fermato attorno a noi. Il tempo non scorreva più nella mia mente. Ora ricordo distintamente che notai, ma me ne resi conto solo dopo, molto dopo, riflettendoci con attenzione, che la gente era cambiata attorno a noi; e che lui aveva provveduto più e più volte chiamare i camerieri e ordinare al tavolino.
Poi continuò, come se l’interruzione non ci fosse mai stata: «Il professor  Vambéry tentò di mettersi in contatto con lui, dopo l’uscita  e il successo del libro, per dirgli alcune cose su Dracula che aveva interpretato male: ma Bram non ne volle sapere e una volta chiamò pure … un  prete esorcista per allontanarlo: e l’ungherese si ritirò, per sempre.
La cosa più importante era che tutta la pericolosità di Dracula era stata inventata da lui: quel tizio non può fare proseliti, in nessun modo, né mordendo e succhiando sangue ai malcapitati né facendo “assaggiare” il suo: ma è solo condannato ad un’ininterrotta, immutabile, disperata solitudine.
E fu proprio quel  Murnau a capirlo benissimo …».
Ed è proprio in quel preciso istante che io “sentii”, con tutte le fibre del mio essere, e senza che lui emettesse un solo suono ascoltabile all’orecchio, che di fronte a me c’era il misterioso e inafferrabile Max Schrek …
Fui assalito da un’evidenza fisica, totale; che mi prese e mi bloccò completamente. Poi mi riscossi. E mi resi conto che ero solo a quel tavolino in quel bar. Che era successo?
A distanza di tempo mi ricordo poco e vagamente della persona che era con me, non riesco a capacitarmi di come sia letteralmente svanita davanti a me; e nessuno sembrava averci fatto caso.
Decisi di non insistere, sennò mi prendevano per folle.
Ma allora? Era stato solo un mio sogno? Ma le impressioni generali dell’ospite misterioso e le parole che ho sentito me le ricordo perfettamente …
(Fonte foto: web)

Francesco “Ciccio” Capozzi