
L’allestimento si avvale della presenza in scena, oltre allo stesso Caspanello, di Cinzia Muscolino e Tino Calabrò; l’elaborazione suono è a cura di Giovanni Renzo, le scene di Tino Caspanello.
Malastrada è un luogo in Sicilia, il capo estremo a nord est,dove si dovrebbe realizzare il progetto del ponte sullo stretto di Messina.
Con l’avvicendarsi di governi, economie e sistemi politici, l’idea del ponte sullo Stretto di Messina ritorna puntuale a impegnare dibattiti, oppure rimane sopita, nascosta, proprio come i mitici mostri Scilla e Cariddi.
L’incipit drammaturgico da cui prende vita il lavoro teatrale è:«Svelare la verità che si nasconde dietro alle cose, senza mai nominarle, dimenticando quasi la loro ragione di esistere e la loro origine ».
Malastrada è una riflessione a priori, attraverso il viaggio di una famiglia, madre, padre e figlio, in luoghi ormai cancellati, bui, dove scoppia la violenza ed emerge con forza l’incapacità di comunicare con i luoghi e le persone.
Il tema del lavoro di Tino Caspanello non è la necessità né l’importanza socio-economica del ponte sullo stretto ma di quello che diventerebbe l’intero paesaggio: sarebbero distrutte case e strade, rasi al suolo cimiteri e nuclei boschivi.
Sparirebbero mestieri e microeconomie e dunque verrebbe intaccato pericolosamente il tessuto sociale, così delicato nei suoi equilibri già precari per annose, secolari questioni che ancora oggi fanno del meridione il “meridione”.
I tre personaggi, padre, madre e figlio, affrontano il percorso come un pellegrinaggio, attraversando luoghi senza memoria e senza identità.
Anime vaganti e incattivite, vittime sacrificali del ricatto che violenta i territori, barattando l’Appartenenza con mostri di acciaio e cemento.
L’attraversamento di quel territorio rappresenta il crollo definitivo della comunicazione, e trascina i tre protagonisti verso una violenza, che, sempre in agguato nel loro non dire, mette a nudo le miserie del ricatto.
(Foto: Ufficio stampa)