Passeggiando con l'anima

Pontile a Bagnoli by Francesco Saverio Fienga

Quand’ero ragazzo, pensando al 2000, vedevo nella mia immaginazione macchine volanti,  facevo con la fantasia  incredibili viaggi nello spazio e nel tempo, ero affascinato dall’idea che il progresso tecnologico potesse far vivere immagini e sensazioni impensabili.
In parte, tante vertiginose conquiste sono state fatte dalla tecnologia, tante, in particolare nel campo delle immagini.                                                                 Ma, la fotografia, la fotografia fatta di luce, riflessa e incidente, e di ombre, scrivere con la luce, il bianco e nero, sembra essere il linguaggio intramontabile ed insostituibile per poter trasmettere una emozione attraverso un’immagine.
L’essenzialità e la padronanza della luce come segno è ciò che contraddistingue chi la fotografia: la scatta prima con la sua mente e poi con un attrezzo tecnico, ed è ciò che contraddistingue le immagini di questo lavoro, di questa passeggiata con l’anima.                                                                        La luce, l’ombra, il tempo.                                                                                                          Solo il bianco e nero può  far sentire tutta la valenza semantica e poetica di questi elementi, tipici fonemi del linguaggio fotografico per una costruzione di una immagine operando attraverso una sottrazione di materia.
La prima cosa che il bianco e nero di Fienga trasmette è la dimensione temporale della lentezza.
Sì, la lentezza! Quella sensazione di avvertire tutto lo spessore del tempo, che scorre inesorabile con tutta la sua velocità attraversando la nostra esistenza.                                                                                                                                                La lentezza e il silenzio: dimensioni che fanno sentire e vedere cose che altrimenti sfuggirebbero confuse nel caos del divenire.
Oggi si è abituati ad immagini che devono sorprendere, devono essere spettacolari, devono scioccare, scandalizzare  gli osservatori-fotografi-guardoni della realtà che, per soddisfare questa esigenza, diventano loro stessi spettacolari, esuberanti, prodotti del loro stesso prodotto.                                                                                                              Prodotti che poche volte, però, esprimono bellezza.
Quando ci si trova davanti ad immagini come quelle di Fienga, invece, ci si accorge che quelle immagini, che possono anche apparire scontate ad un’osservazione superficiale, senza urlare sussurrano bellezza e  trasportano oltre ciò che appare scontato.
Adesso, più che mai, si ha bisogno di momenti silenziosi, di percepire lo spessore del tempo, di dare valore allo spazio in cui le nostre esistenze si muovono, in cui le nostre radici affondano.
Oggi, questo è il linguaggio che amo, un linguaggio riflessivo, poetico, silenzioso, che porta a meditare, a pensare, senza alcun artificio in più, che non sia la scrittura di luce.
Amo il linguaggio, come quello di Fienga, che è un delicato filtro tra noi e la magica dimensione spazio-temporale espressa dalla fotografia e che proietta il nostro sguardo in una dimensione   a-temporale e a-spaziale.

                                                                                                           Mario Scippa