Intervista a Vittorio Silvestrini


NAPOLI – In occasione della dodicesima edizione del premio “Cosimo Fanzago”, Lo Speaker ha incontrato Vittorio Silvestrini, presidente del polo culturale e scientifico di Città della Scienza.
Una vita dedicata alla comunità scientifica quella del prof. Silvestrini; laureato giovanissimo in Fisica, con centinaia di contributi scientifici alle spalle, e numerose pubblicazioni a carattere divulgativo; nel 2006 ha anche ricevuto il Premio “Descartes” per la comunicazione scientifica.
Quest’anno il presidente è stato insignito del riconoscimento “Cosimo Fanzago” con la motivazione di aver profuso i suoi sforzi ed indirizzato la sua lunga attività alla costruzione di progetti di alto prestigio scientifico che hanno conferito onore e decoro alla città di Napoli, e in particolare al territorio bagnolese.
Visibilmente commosso dalla circostanza, Silvestrini ha rivolto la sua attenzione a Città della Scienza, alla tenacia nel portare avanti un progetto di ricostruzione totale destinato al recupero di un centro culturale purtroppo danneggiato gravemente, e alla speranza nel futuro e alla grande fiducia nella società civile e soprattutto nei bambini.
Cosa significa per lei il Premio “Cosimo Fanzago”?
Credo che questo Premio venga conferito a me, ma non è assegnato a me dal momento che è un Premio che viene dato a Città della Scienza.
È stata una sorpresa per me constatare la mobilitazione stra ordinaria ed il supporto che c’è stato da parte della societànapoletana, europea e mondiale. Abbiamo avuto manifestazioni di solidarietà da tutto il mondo.
Questo è stato per me motivo di grande soddisfazione e di grande stimolo per andare avanti a ricostruire molto bene e rapidamente.
Non abbiamo avuto neanche tempo di accusare il colpo che deriva dalla rilevante perdita, che già siamo stati spinti a realizzare un domani.
Questo premio s’inquadra dunque in un grande panorama di mobilitazione sociale.
Cos’è Città della Scienza da un punto di vista culturale e scientifico per Napoli?
Un polo culturale come Città della Scienza non è solo una struttura concreta e localizzata.
Creare una struttura come questa vuol dire soprattutto definire un’idea e trasformarla in progetto.
Città della Scienza è stata ed è, prima di tutto,una grande impresa immateriale.
Constatare questo e la forza dell’idea è diventato per noi uno stimolo tanto più grande, considerando che la cultura è un bene immateriale, collettivo che appartiene all’intera società.
La cultura diventa una diga formidabile contro la degenerazione sociale di qualunque tipo.
Cosa ha significato assistere al disfacimento e alla rovina di un luogo che ha contribuito a creare?
Nel momento in cui l’ho vista bruciare, mi ha ricordato quel che succedeva in Germania non appena Hitler fu salito al potere.
Il suo primo obiettivo è stato quello di impadronirsi del potere permanente tramite la distruzione e l’incendio di tutti i libri: la cultura può essere  veramente pericolosa dal punto di vista del potere dominante.
L’importanza di Città della Scienza è stata ed è quella di essere un forte stimolo culturale.
Si aspettava tanta mobilitazione sociale e solidarietà nel progetto di ricostruzione e di rivalutazione del polo?
La mobilitazione è stata intensissima. Io sapevo che in generale c’era partecipazione, ma non mi aspettavo tanta mobilitazione soprattutto da parte dei bambini che hanno dimostrato una grande  maturità
Ieri, ad esempio, mi sono recato in una scuola elementare di Somma Vesuviana per riscuotere un contributo di ottomila euro che i bambini avevano guadagnato con una serie di attività, come ad esempio lavoretti pasquali, mercatini di beneficenza ed aste in cui vendevano i loro piccoli lavoretti.  È stato molto commovente.

Francesca Mancini