L'Italia non è un Paese per vecchi

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Il lavoro giovanile! Il lavoro giovanile! Il lavoro giovanile! Ecco il nuovo mantra del momento. In effetti di lavoro ormai ce n’è poco lungo tutto lo Stivale, anche se, più che di lavoro e della sua età, qui da noi ci sarebbe il bisogno di un lavoro più degno di questo nome, vista anche la tendenza al ribasso che purtroppo esiste, quella di accontentarsi, da Roma in giù, a condizioni contrattuali e lavorative di infimo livello.
Le 1.180 vittime ufficiali sul lavoro del 2012 parlano chiaro, anche più dei suicidi sbattuti in prima pagina.
Il reiterare una notizia all’infinito, non rende certo questa più veritiera di un’altra che invece nessuno conosce ma, purtroppo, le cose così funzionano e per scardinare il luogo comune ci vuole una capa tosta non indifferente. È chiaro che quando a prevalere in una discussione non c’è solo l’opportunismo di un imprenditore, ma anche quell’atavico familismo che da millenni frena il Paese, allora si fa letteralmente capa e muro!
Come poter competere con papà e mammà che ormai pensionati o stufi di reggere il destino dei rampolli si preoccupano delle loro sorti lavorative e talvolta più dei loro stessi pargoli?
Ora non mi fraintendete, so che significa la precarietà, così come conosco inoccupazione e disoccupazione e certo, ora che c’ho il posto fisso, non dimentico da dove vengo.
Da poco ho infatti lasciato la precarietà e allora come oggi, ora che di primo pelo più non sono, mi trovo ad essere sempre più giovane di qualcun altro che mi farà la morale, e spesso e volentieri pure le scarpe.
A questo punto però bisognerà stabilire chi è giovane e soprattutto cos’è un giovane.
Il rottamatore per eccellenza, Renzi viene definito tale, ma è pur sempre un quarantenne!
Ma allora chi è giovane? Ma soprattutto, in un contesto lavorativo, chi merita cotanta considerazione da parte dei media? I quindicenni? I ventenni? I trentenni? I quarantenni? E i cinquantenni di oggi, li vogliamo buttare via? E dunque, cosa fa di una persona abile al lavoro, un giovane? L’età anagrafica? Le competenze? Le abilità? L’esperienza? La sfruttabilità?
Nel frattempo che dal proverbiale ‘o fra’! si passi all’altrettanto proverbiale ‘o zi!, e prima del decadente ‘o no’ vorremmo analizzare alcune cose che non ci tornano.
Le fonti ISTAT relative alla disoccupazione 2012, le ultime disponibili al momento, parlano di dati pesanti ma non del tutto lineari con l’andante mediatico di ogni quotidiano telegiornale.
Va infatti ricordato che i “giovani disoccupati” sono calcolati in un bacino d’età compresa tra i 15 e i 24 anni e sono 641 mila, cioè il 37,1% (in base alle stime mensili e trimestrali potremmo arrotondare il tutto introno al 40%) della forza lavoro di quell’età e il 10,6% della popolazione complessiva della stessa età, nella quale rientrano studenti e altre persone considerate inattive secondo gli standard internazionali.
Quindi, secondo tale fonte, sarebbe corretto riportare che “più di 1 giovane su 10 è disoccupato” oppure che “più di uno su tre dei giovani attivi è disoccupato”.
È comunque risaputo che almeno fino ai 18 anni, se non di più, buona parte di quei giovano va ancora a scuola, come del resto sottolinea l’Istituto di statistica e volendo portare la gioventù ai 30 anni e dimenticando la stasi universitaria che in media dovrebbe raggiungere proprio il 25° anno, con le cifre dovremmo stare più o meno lì.
Un quadro drammatico, indubbiamente, soprattutto se visto in prospettiva futura ma che dire a questo punto di quel 60% circa di meno giovani, in questo caso, altrettanto disoccupati? E dire che quando ci vogliono far mandare giù l’amara pillola dell’età pensionabile, là sì che ci dicono che la vita s’allunga, per mandarci a lavoro fin oltre i settant’anni.
È quindi è palese che il nostro, col tasso di natalità più basso dell’occidente, è per forza di cose un paese di vecchi, ma non solo! Un paese di vecchi che lavora e che è costretto a lavorare ancora.
Schiere di cinquantenni che competono con i loro figli e lo fanno ad armi impari, sì perché oltre alla gioventù e il tempo davanti, i giovani o considerati tali, hanno dalla loro un “potere contrattuale” che li privilegia rispetto ai senior, che avranno certo più esperienza ma avranno anche più diritti da vantare nelle loro contrattazioni e questo di certo non piace ai datori di lavoro che prediligono i più malleabili e sfruttabili giovincelli che, pur di lavorare, accettano di tutto, anche a gratis!
Forse è per questo che ultimamente, il mantra del lavoro giovanile risuona in ogni dove: alla radio, alla tv, su internet, nei programmi sportivi, e non parliamo di quelli di cucina, quelli tanto amati dalle mamme! E non c’è politico che non ne parli, non c’è conduttore che non lo rimarchi.
E poi c’è lei, Confindustria! Che parallelamente chiede, a Capri come a Santa Margherita Ligure, facilitazioni nella stipula dei contratti con i neoassunti, quelli che molto probabilmente saranno giovani e sprovveduti ma felicissimi di essere sfruttati.
Ovviamente, di questi tempi, lamentarsi è diventato quasi un reato, soprattutto per chi un lavoro ce l’ha o ce l’ha precario ma la cosa, a noi che il cervello ce l’abbiamo ancora funzionante e non connesso all’Arena di Giletti, incomincia a puzzare.
Vuoi vedere che tutta ‘sta campagna spropositata è dovuta a un favore che prima o poi faranno agli imprenditori e gli si sta semplicemente spianando la strada?
(Foto:web)

Ciro Teodonno