Ogni qualvolta si parla di crisi internazionale, di quella dove c’è bisogno dell’uso delle armi per risolverla, s’incomincia a dispiegare il coro delle bertucce, quello che argomenta, urla, sbraita e decanta le lodi del più forte, creando una vera e propria barriera tra la realtà e chi osa conoscerla.
È ovvio che per realtà intendiamo un qualcosa che non appartenga alla vulgata imposta dai mezzi di comunicazione di massa, non una verità assoluta, di per sé, purtroppo, umanamente soggettiva per raggiungerla e afferrarla, ma un qualcosa che si avvicini ad essa e che abbia la capacità di avvicinare chi vuole alla conoscenza di ciò che lo circonda.
Dal dopoguerra ad oggi e soprattutto dopo la caduta della cortina di ferro, esiste una visione unica della politica internazionale, soprattutto quando questa è retta dagli umori degli States, e questo a prescindere l’esistenza delle Nazioni Unite, che spesso sembra avallino lo stato di fatto venutosi a creare e contengano a stento le velleità delle attuali superpotenze.
Quello che sosteniamo è che, dall’undici settembre in poi, tutto è lecito in virtù della logica del più forte che, in questo caso, ha ancora l’avallo morale per l’attacco alle torri gemelle.
È indimenticabile la faccia dell’allora segretario di stato Colin Powell, quando nel 2003, alla vigilia dell’attacco all’Iraq, dopo aver usato l’asso nella manica dell’11/9 per giustificare l’altro assurdo attacco all’Afghanistan, dichiarava, con l’atteggiamento di chi non crede in quel che dice, che gli USA avevano scoperto i depositi di armi chimiche di Saddam Hussein, aveva la pistola fumante! Come i nostri giornali di allora la definirono, in una febbre filo-bellica ben intinta in salsa hollywoodiana; e furono vani i rapporti di Hans Blix e Muḥammad al-Barādeʿī , ispettori dell’ONU, che scagionavano indiscutibilmente il regime iracheno, almeno per le armi chimiche.
Di lì in poi sappiamo com’è andata, la lunga trafila di orrori che ha visto partecipi non solo i soldati di ambo le parti ma anche le inermi vittime civili, quelle che oggi si vorrebbero ipocritamente scongiurare.
L’America “puritana” insiste con l’uso delle armi e con la logica degli eserciti.
Ma mentre l’agire americano avrebbe una se pur cinica ragion d’essere, quella nostrana è delle più bieche e meschine, perché atta solo a raccogliere le briciole di quello che il nostro alleato vorrà lasciarci e spesso con un tributo umano terribilmente alto.
Ecco quindi ritornare all’accenno dei primati di cui sopra, quelli che giustificheranno acriticamente l’intervento militare, sostenendo che ci tocca farlo perché non li si potrà certo lasciar ammazzare tra di loro e che la carneficina di civili deve finire e che le immagini mostrano un inequivocabile uso di gas venefici.
Ora mi chiedo, e vi chiedo, che differenza c’è tra un morto ammazzato e un altro? Che differenza c’è tra un civile che viene ucciso dal gas nervino e uno che viene dilaniato da una bomba dei liberatori?
Sembra quasi, che i presunti massacri del regime di Al Assad fossero giustificabili finché li si facessero con armi convenzionali, ora, adesso che si presume l’uso dei gas, tutto cambia, cambia perché l’ONU li proibisce e tale infrazione permetterebbe quindi la tanto anelata ingerenza militare straniera.
Ma sopra ogni cosa che differenza ci sarà poi tra le vittime prodotte da una guerra civile e quelle che causeranno i probabili interventi degli stati uniti e dei loro alleati? Esiste un’arma buona e un’arma cattiva? Chi sanerà l’atroce incoerenza degli “effetti collaterali” delle nostre guerre, i marziani?
Sappiamo bene che l’interesse in tutto questo è strategico, altro che petrolio! Le ultime guerre degli americani sono tutte legate a questioni di geopolitica, tese a contenere, accerchiare le nuove potenze economiche e militari di Cina e India.
Ma quel che più ci colpisce è con quale faccia, un paese che ufficialmente per primo e che per fortuna è ancora l’unico ad aver usato due bombe atomiche sui civili giapponesi si permette di ergersi a paladino della giustizia mondiale.
Lo stesso paese che ha usato il napalm e il diserbante sui civili vietnamiti, lo stesso ad aver usato l’uranio impoverito su soldati e civili iracheni e afgani. E quanto più, noi, supinamente li seguiamo in questa farsa dai contorni grotteschi, perché questa è la real politik! Sosterranno le scimmie antropomorfe dell’informazione ufficiale. Mai più reale degli ossi che si gettano all’italico cane! Mai più reale delle bare avvolte dal tricolore che torneranno a casa!
Forse, come diceva il titolo di un vecchio film interpretato dal grande Alberto Sordi, finché c’è guerra, c’è speranza, quella di guadagnarci, di lucrarci sopra, la speranza che mentre gli altri s’ammazzano, la nostra economia si rimetta in moto, sulla scia di quella statunitense, che vedrà ancora una volta l’industria bellica marcare l’attivo nel mercato a stelle e strisce e trainare tutto il resto.
Eppure nel mondo si continua a morire, e non solo per gli altri conflitti volutamente dimenticati ma sopratutto per fame e malattia; perché allora non impegnarsi nel combattere questi immani flagelli, spesso causati e perpetrati dalle nostre guerre o quelle che fomentiamo noi, affamati e incontentabili occidentali?
(Foto Tg Sky24)
Ciro Teodonno