In Portogallo, a Oporto, al museo Serralves è stata inaugurata una mostra dal titolo, El ojo del culo, di un artista finora sconosciuto.
La notizia gira su internet dal 2009; nei fatti questa mostra non ha mai avuto luogo, ma ne hanno parlato tantissimi magazine iberici e sud americani.
La diffusione della notizia è stata tale che il museo Serralves ha dovuto lanciare un comunicato stampa in cui negava l’esistenza di El ojo del culo nella loro programmazione passata, presente e futura.
Ed era il 2009. Ieri la bufala è tornata in auge.La faccia … dell’artista sta facendo il giro del Web.
La mostra consisterebbe in una sequenza di gigantografie di ani. Sì! Di ani, buchi di c..o, avete capito bene.
È avvilente cosa si inventano per far parlare di sé, è avvilente che siano finanziate operazioni di questo tipo e farle passare per operazioni culturali ed estetiche da prestigiose istituzioni.
Forse in un periodo di contestazione alla fine degli anni sessanta erano operazioni che potevano anche avere anche un loro senso, quello di provocare una società veramente moralista, bigotta e sovvertire le regole che mantenevano il mercato e il linguaggio stesso dell’arte.
Ma oggi, nel 2013, che senso hanno operazioni del genere? Chi si scandalizza davanti ad immagini del genere, quando per televisione e in internet, al cinema e nei giornali, passa di più e di tutto a qualsiasi ora e in qualsiasi momento, tale da far diventare la pornografia un linguaggio comune anche tra gli adolescenti?
Senza senso, una operazione senza senso.
Purtroppo il mondo dell’arte è diventato qualcosa di inafferrabile, tutto è legittimo e tutto viene passato per un grande momento culturale ed estetico.
Oggi se dici che una operazione di questo tipo la trovi squallida, senza senso, volgare, inutile, che tende a svilire il valore dell’arte e della poesia, sei emarginato dalla cerchia degli artisti, sei classificato come un moralista che si scandalizza, che trova volgare un’operazione estetica.
In questa operazione io non ci trovo altro che una volgarizzazione esasperata, la trovo come un sottoprodotto di quella cultura malata che da decenni ha invaso il linguaggio dell’arte. La trovo una squallida messa in scena di qualcosa che niente dice se non la natura e lo spirito provocatorio di chi vuol far parlare di sé senza dire niente.
Il signore, autore di queste foto, è uno di quelli. Uno che non ha niente da dire, che con una provocazione riesce a far parlare di sé; ne sto parlando anche io, pentendomi di farlo, ma non ne potevo fare a meno.
Non ne potevo fare a meno perché questa operazione la trovo emblematica di qualcosa che sta distruggendo il valore vero dell’arte, che non è creare qualcosa per far parlare di ciò che si è creato e di chi l’ha creato, ma uno strumento che ci deve permettere di andare oltre i confini di ciò che appare scontato, poesia.
Con operazioni di questo tipo si impantana il gusto estetico in una melma di luoghi comuni, presentati con effetti speciali per stupire e far parlare.
Povera arte.
All’artista non posso che augurare, sinceramente e dal profondo del mio cuore, un gran VAFFANCULO! E perdonatemi il francesismo.
Mario Scippa