NAPOLI – La bella e talentuosa Piera Scognamiglio, artista napoletana ormai molto nota nel panorama artistico contemporaneo europeo, è in scena, insieme ad altri artisti internazionali, all’Accademia di Roma con la mostra d’arte “In Simbiosi”, una rassegna nella quale sono protagoniste opere di vario genere che spaziano dalla fotografia, alla pittura, alla scultura. Giovanissima, Piera ha già una carriera invidiabile alle spalle ed è riuscita a farsi strada in un mondo difficile come quello dell’arte.
Sei stata finalista e vincitrice di varie manifestazioni artistiche, hai esposto in varie gallerie private e musei tra i più importanti in Italia. Che vuol dire essere artisti oggi?
C’è una frase di una canzone che dice: «Vita d’artista, vita in catene di libertà». Credo che riassuma un po’ il senso della figura dell’artista, nel suo essere sempre “al confine”. L’attività creativa, tuttavia, oggi rischia di essere fortemente schiacciata dal business.
La tua produzione più recente mette in evidenza una predilezione per la pittura. Da dove prende il via il processo creativo che porta alla realizzazione dei tuoi dipinti? Da cosa ti lasci ispirare?
Mi lascio ispirare da quello che accade e “dal possibile”, con un intento di trasfigurazione della realtà stessa, che sia dello spirito, piuttosto che cronaca quotidiana: una realtà da denunciare e da sviscerare mediante il ritmo ed il gioco ambiguo delle linee e delle forme.
Riguardo alla tecnica, quali materiali prediligi per la pittura?
Sperimento molto, ma non ho un “culto della materia” . Si potrebbe dire che io sia più “concettuale”, volendo usare impropriamente questo termine, pur essendo molto legata al disegno: do la priorità all’idea, al messaggio che intendo comunicare, i supporti e gli strumenti sono secondari nella mia attuale ricerca.
Hai un artista, del passato o contemporaneo, che ami o senti tuo in maniera particolare?
Mi piace molto Egon Schiele , la sua sintesi, il suo tratto e la sua espressività. Il fatto che spesso venga paragonata alla sua arte mi fa onore, ma ovviamente l’avvicinamento avviene in maniera inconsapevole. In generale prediligo la cosiddetta “arte impegnata”, nei termini in cui avverto anche per me stessa l’esigenza di rappresentare tematiche più sociali, nel mio caso legate alle esperienze in ambito giornalistico e documentario.
Al giorno d’oggi come ci si fa strada nell’affascinante e così apparentemente impenetrabile mondo dell’arte? Il sistema della committenza è radicalmente cambiato e ovviamente oggi l’artista non è più una figura indispensabile per accrescere il prestigio sociale, né il canale privilegiato per fare comunicazione.
Pur liberatosi dalle catene delle censure, l’artista deve fare i conti con una società da cui è spesso tenuto in disparte, per cui oggi brancola un po’ nel buio, percorre varie strade per raggiungere la sua visibilità, affiancandosi il più delle volte alla figura di qualche critico /curatore /mecenate che riesce ad inserirlo in un business. Se questo non accade l’artista, purtroppo, oggi finisce per essere un semplice sognatore, che non può neanche più contare, come accadeva fino al secolo scorso, sulla solidarietà del gruppo.
Dal 23 novembre hai esposto all’Accademia di Romania in Roma con la mostra ” In Simbiosi”. Cosa puoi raccontarci riguardo al tuo dipinto in mostra lì?
In quest’occasione ho presentato un olio su tela combinata con un supporto di plexiglass, dal titolo “Post baroque still life”, dove ho reinterpretato una vanitas barocca: l’ammonimento all’effimera condizione dell’esistenza, che è stato strettamente correlato al senso di precarietà del Seicento, viene riproposto in un’epoca di crisi e ad un occhio digitalizzato.
Melissa De Pasquale