SALERNO – Si è svolta questa mattina nella sede dell’Aniem (Associazione Nazionale Imprese Edili Manufatturiere) un incontro con la stampa per illustrare la progettualità che l’associazione ha messo in campo nel 2013 e conta di portare avanti nel 2014.
Il presidente Pietro Andreozzi ha voluto anzitutto esprimere la piena solidarietà alla famiglia dell’imprenditore edile toltosi la vita a causa di gravi problemi economici; infatti ha detto: «Non si possono più sopportare certe cose: occorre far sì che il settore possa riprendersi e i mezzi ci sono. Ma occorre anche che ci si ricordi che le associazioni servono proprio a questo, a stare vicino a chi ne ha bisogno, a dare consigli e cercare soluzioni».
Una soluzione per il comparto salernitano potrebbe arrivare proprio dal progetto Salerno Sviluppo Centro, opera presentata all’EIRE di Milano che ha alle spalle anche una intesa con la Fondazione Carisa: un parco urbano nel centro di Salerno che al momento già vede la partecipazione di circa 30 imprenditori locali.
«Devo dire che ci sentiamo molto delusi di essere considerati sempre speculatori, avvoltoi – ha spiegato il presidente – Da sempre si chiede agli imprenditori salernitani di scendere in campo per aiutare l’economia locale e poi, quando c’è qualcuno che ha il coraggio di farlo, viene additato come speculatore. È ora di finirla. Noi continuiamo a credere nel territorio e nella possibilità di operare qui, per questo presentiamo questo progetto il cui valore è di circa 350 milioni di euro».
«È tutto pronto – ha precisato il vicepresidente Giampiero Coraggio – È uno di quei progetti approvati che potrebbero usufruire dei Fondi Europei, altro capitolo questo, molto triste. Non si può più tollerare che milioni e milioni di euro che la Comunità Europea ci chiede di impiegare vengano restituiti perché manca la capacità a monte di gestirli, di attribuirli. Notizia di oggi è che a momenti dovrebbe arrivare circa un miliardo di euro: speriamo solo di non doverli restituire».
Il motivo che scoraggia gli investitori a venire nel mezzogiorno è sicuramente l’eccessiva burocrazia, ma anche, cosa che da qualche mese sta accadendo con incidenza sempre maggiore, è il blocco dei cantieri che avviene su sollecitazione di comitati, associazioni assolutamente non rappresentative dei cittadini ma che fanno ricorso alla Magistratura e ottengono di vedere almeno temporaneamente soddisfatte le loro richieste.
«Noi crediamo nella Magistratura – sottolinea Andreozzi – e sappiamo che purtroppo è un’utopia, ma vogliamo tempi. Sappiamo che il lavoro giudiziario è lungo, ma nel frattempo ci sono imprese che vanno in sofferenza, ditte costrette a licenziare e famiglie che finiscono sul baratro della disperazione. Così facendo si demotivano gli investitori che vorrebbero essere presenti sul territorio ma che vengono scoraggiati dal fatto che tutte le iniziative che si mettono sul territorio vengono bloccate, vuoi per la burocrazia, vuoi per altri versi.
Noi però vogliamo che ognuno si assuma le proprie responsabilità nel proprio settore, sia tra le Istituzioni, sia tra gli Enti che sono chiamati ad esprimere pareri.
Si chiede che venga fatta chiarezza nell’iter procedurale ed amministrativo che precede l’avvio di un’opera la quale, una volta aggiudicata dopo una competizione pubblica le cui carte sono state vagliate ed esaminate da una commissione e dalle varie conferenze dei servizi preliminari; non può essere fermata dopo, quando l’investimento è stato avviato e l’impegno economico sostenuto.
Così si mette in seria difficoltà l’investitore, l’imprenditore edile e le famiglie dell’indotto che opera per l’intera opera. Ricordiamo a tutti che quando fallisce un imprenditore edile sono decine e decine le famiglie che restano senza lavoro. Nessuno pretende niente, vogliamo trattamenti giusti, conformi alla legge, ma con certezza, poi, di poter lavorare».
Infine, l’Aniem di Salerno attraverso le parole del vicepresidente Cardito, ha voluto evidenziare che molte ditte si trovano in gravi difficoltà proprio perché, anticipati i soldi per il completamento di opere pubbliche attivando ovviamente fidi bancari onerosi, non hanno ancora ricevuto emolumenti dallo Stato e si ritrovano con le banche che chiedono il rientro delle somme erogate.
«Questa è un’altra grave piaga: lo Stato deve pagare e dare tempi certi. Per questo, per tutelare questi imprenditori, si è deciso di avviare una class action a loro tutela».